Il fronte del no alla vendita di San Siro a Inter e Milan acquista ufficialmente un nuovo membro in consiglio comunale. Angelo Turco, esponente del Pd, da tempo ascritto tra gli indecisi, venerdì mattina ha dichiarato che il suo voto (giovedì 25 o lunedì 29 settembre, non è ancora chiaro quando) non potrà che essere contrario per una serie di ragioni politiche e di merito. “La delibera spacca il Pd, spacca profondamente la maggioranza di centrosinistra in Comune e divide il campo largo nazionale”, afferma Turco, contestando la scelta della giunta di “andare avanti ugualmente” pur consapevole che la delibera sulla vendita del Meazza “è una ferita all’unità della maggioranza” e che, per essere approvata, “sarà necessario un sostegno della destra”.
Scudo legale e vendita a scatola chiusa
Turco spende parole anche nel merito, affermando che “non segna alcuna discontinuità” rispetto al sistema dell’urbanistica “a favore dei privati” e che “si vende a scatola chiusa, non c’è nessun progetto su come verrà realizzato lo stadio nuovo e l’area circostante”. Nel corso del 2026, infatti, il Comune e i club saranno impegnati con il relativo accordo di programma. Il consigliere del Pd contesta anche lo “scudo penale” che permetterà alle squadre di defilarsi in caso di indagini su San Siro e il fatto che “il verde sarà l’ultima cosa che verrà realizzata, tra 10 o 12 anni”. Tutte criticità “non emendabili”, che portano Turco a dichiarare fin da ora il voto contrario.
La conta dei favorevoli e contrari
Il fronte del no alla vendita dello stadio (e delle aree) sale quindi a 7 consiglieri di maggioranza: tre del Pd (Angelo Turco, Alessandro Giungi e Rosario Pantaleo), tre dei Verdi (Tommaso Gorini, Francesca Cucchiara e Carlo Monguzzi), uno del gruppo misto (Enrico Fedrighini). La maggioranza può contare su 32 voti (sindaco compreso) su 49. Il numero legale in prima convocazione è di 25 consiglieri. Ai 7 contrari si aggiungono però anche Monica Romano (Pd), Angelica Vasile (Pd) e Marco Fumagalli (Lista Sala) che stanno pensando al da farsi.
Nel centrodestra, sembra prevalere l’intenzione di non fornire stampelle alla maggioranza sullo stadio. Così si evince dalle dichiarazioni (non esplicite) degli esponenti leghisti e di Fratelli d’Italia, mentre Alessandro De Chirico (Forza Italia) ha chiarito che il suo voto sarà contrario. Potrebbe invece votare a favore della vendita il capogruppo di Forza Italia Luca Bernardo.
Il problema del numero legale non sussiste in caso di “seconda convocazione”, un escamotage che la maggioranza potrebbe utilizzare facendo mancare il numero legale a un’altra votazione minore per poi ricostituirlo per lo stadio alla seduta successiva (in questo caso però sarebbe necessario che il consiglio comunale si riunisca sia il 25 sia il 29 settembre, perché il 30 settembre scade la proposta d’acquisto di Inter e Milan).
La polemica sulla mancata votazione in giunta
Venerdì pomeriggio è in calendario una seduta “fiume” di commissione (tre ore) per analizzare, punto per punto, la delibera di vendita. Intanto, giovedì, durante il consiglio comunale, si è aperta una polemica sul fatto che, in giunta, la delibera non sia stata votata dagli assessori, ma solo “licenziata” per il passaggio in consiglio, sebbene sia noto che Elena Grandi, assessora al Verde e all’Ambiente, si sia espressa contro. Il vice segretario generale del Comune, Andrea Zuccotti, ha chiarito che la posizione di Grandi è stata “correttamente verbalizzata” come dissenso, ma non come voto contrario, e che per “prassi milanese” le delibere di consiglio “vengono esaminate dalla giunta prima di approdare in consiglio, ma non si sono mai votate (in giunta, n.d.r.) perché le devono votare i consiglieri”.
La posizione di Elena Grandi e dei Verdi in maggioranza
L’altro fronte polemico ha riguardato la tenuta della maggioranza e la posizione in giunta di Elena Grandi. Dal centrodestra ci si è chiesti perché non si fosse anche dimessa di fronte alla contrarietà “alla delibera più importante della consiliatura” (così Samuele Piscina della Lega). Il capogruppo di Europa Verde Tommaso Gorini (stesso partito di Elena Grandi) ha difeso la permanenza della “sua” assessora nella compagine di governo della città ricordando che “la democrazia prevede anche il dissenso” e che i Verdi si erano sempre dichiarati contrari a un nuovo stadio, preferendo la soluzione della ristrutturazione del Meazza, la cui vendita peraltro “non faceva parte del programma di maggioranza”.