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Una volta erano I Righeira, c’erano Michael e Johnson. Oggi c’è solo Johnson Righeira. «Non è stato semplice far metabolizzare la nostra separazione, la gente non voleva un Righeira solo – racconta al Corriere della Sera – ma da tempo le cose sono cambiate: oggi le mie 40- 50 serate l’anno le faccio sempre».
APPROFONDIMENTI
Il nuovo disco di Johnson Righeira. E dopo tre singoli che hanno fatto la storia (Da Vamos a la playa a L’estate sta finendo ma anche No tengo dinero), ora ci riprova con Chi troppo lavora (non fa l’amore). «È un inno all’ozio ma anche a lavorare il giusto, pagati il giusto…».
Un titolo che riporta alla canzone di Adriano Celentano: «Altra piccola cialtronata inserita nel pezzo per evocare immediatamente una canzone che all’epoca suscitò polemiche. Era un periodo di lotte operaie e il senso era: se scioperi, non te la do. Il mio è un ribaltamento di prospettiva, è il concetto opposto: l’orario di lavoro deve essere equo, così uno ha anche il tempo di far l’amore».
Escluso dalle radio? Oggi il suo pezzo non viene passato alle radio («Mi tengono fuori dai giochi, chissà come mai»), per fortuna ci sono i diritti d’autore dei suoi successi passati. «Vamos a la Playa è il pezzo che rende di più, vale come una buona pensione. Al secondo posto c’è L’estate sta finendo».
Vamos a la Playa. Durante il successo di Vamos a la Playa, Johnson (vero nome Stefano Righi) era a militare. Per viverlo simulò una crisi depressiva. «Non del tutto inventata – conferma al Corsera – Ho cominciato davvero a sclerare: mi stava cambiando la vita e io ero lì, mi sentivo in carcere, era una situazione molto stressante fatta di sbotti e crisi quasi isteriche». Allora «raccontai balle che risultarono assolutamente inefficaci. A quel punto tirai fuori l’istinto di sopravvivenza. Supplicai lo psicologo, gli dissi che ero uno dei due di Vamos a la playa, che avevo bisogno di 20 giorni di permesso. Mi fecero tutto un gran dis cor so su quanto fos s e importante fare il militare, ma alla fine mi concessero 20 giorni. E poi altri ancora. Ne sono uscito così».
Johnson e le donne. Tanto successo, tante donne? Chiede Renato Franco a Johnson Righeira: «Ero molto timido e lo sono ancora. Non sono mai stato un donnaiolo. Sicuramente ho avuto molte meno donne di quelle che avrei potuto. Ma anche in situazioni sporadiche, quelle da una notte e via, ho bei ricordi delle ragazze con cui sono stato e non ho mai più visto. In fondo sono un sentimentale, da un testo come L’estate sta finendo dovrebbe essere abbastanza evidente».
La separazione. Johnson e Michael si sono separati solo quando «abbiamo attraversato quel periodo di difficoltà a fine Anni 80 l’insuccesso ha generato reazioni diverse. Io l’ho vissuto in modo più superficiale, Michael forse in modo più profondo. Tra di noi è venuto a mancare l’aspetto del gioco che era quello che aveva generato l’empatia, la sintonia degli inizi. Abbiamo cominciato a prendere strade diverse, avevamo visioni di vita differenti e questo ci ha progressivamente allontanati fino a non avere più niente in comune».
Le critiche. Le critiche facevamo male anche a lui, sia chiaro. «Male perché ero convinto che le nostre canzoni avevano contenuti paralleli, piani di lettura e citazioni che la critica ha snobbato, fermandosi solo a un’analisi superficiale. Io ci soffrivo: magari eravamo primi in classifica, leggevo una recensione negativa e mi incazzavo come una bestia». I rivali dei Righiera? «Con Gazebo c’era una certa rivalità perché ci contendevamo i primati in classifica, lui spaccava in Germania, noi in Italia più di lui».
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