Nel suo album c’è il brano Il tempo, le febbri, la sete. Immagino nasca da un dolore legato all’amore. Come ha trasformato la sofferenza in canzone?
«L’ho scritta nella casa in cui stavo fino a qualche mese fa, che è sempre nello stesso condominio dove vivo adesso. Ho cambiato solo la scala: sono una persona pragmatica. Ricordo perfettamente quando ho composto Il tempo, le febbri, la sete: stavo in camicia da notte, in salotto, struccata, con la faccia gonfia di lacrime, e con la chitarra buttavo giù il ritornello. Ho perfettamente chiara l’invasione di campo della sofferenza dentro me».

E com’era questo dolore?
«Un qualcosa che copriva totalmente il mio corpo, l’immagine della sofferenza che non si stacca di dosso».

Scrivere le è servito?
«Le canzoni non salvano, non sono mai guarita grazie ai pezzi che ho scritto».

E allora in cosa è stato utile il processo compositivo?
«Mi ha fatto immortalare quello che stavo vivendo. Ricordo come si soffre, come si sta quando si frantuma qualcosa di enorme. La cosa importante non era necessariamente superare».

Qual era il suo obiettivo, allora?
«L’accettazione. Quella canzone mi ha permesso di convivere con la sofferenza, la forte emozione che mi ha accompagnata per parecchio tempo».

Che cos’era successo? Che cosa le provocava tutto questo dolore?
«Be’ ho chiuso una relazione dopo dieci anni. Capire che quella storia avesse un inizio e una fine così chiara, ha fatto parte dell’accettazione delle cose. Un tema cardine per il mio miglioramento a livello personale: nel tempo ho imparato ad accogliere gli accadimenti, a conviverci, ad annunciarli. Un aspetto da cui cerco di imparare ogni singolo giorno, altrimenti non se ne esce».

Mi perdoni, ma quindi lei vede il suo ex praticamente sempre, perché abitate nello stesso condominio?
«Hai voglia! Sì, sì».

Non le fa male?
«Fa sempre parte dell’accettazione. Anche perché io con questa persona ci lavoro».

Pure?
«Lui ha fatto il mix del disco, è un musicista».

Non ci sta male, quando lo rivede?
«Mi sono resa conto delle cose che finiscono, non ci si può incaponire».

Ho capito, ma ci sta male o no?
«No, perché ci vogliamo un bene dell’anima, stiamo tutti e due in salute, ci stimiamo tantissimo. Abbiamo finito il disco insieme. Sembra strano, ma non lo è».