Emmanuel Macron ha annunciato che la Francia riconoscerà lo Stato di Palestina all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Altri paesi europei come la Svezia, la Spagna, l’Irlanda e la Slovenia lo hanno già fatto. L’Italia è invece schierata con 8 paesi del G20 che ancora non l’hanno fatto (Australia, Canada, Germania, Italia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito e Stati Uniti). La posizione del governo italiano – questa la linea espressa da Giorgia Meloni – non è contraria al riconoscimento, a patto che avvenga contemporaneamente al riconoscimento da parte della Palestina dello Stato d’Israele.
Nel centrodestra la posizione sul riconoscimento della Palestina è mutata negli anni. Una mozione di FdI del 2015 – governo Renzi, ministro degli esteri Paolo Gentiloni – impegnava il governo “a sostenere la causa del dialogo diretto tra le parti coinvolte per giungere in tempi rapidi all’obiettivo del riconoscimento dello Stato palestinese nella condizione di reciprocità con Israele, quindi in accordo bilaterale”. Firmavano quella mozione la presidente del consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che era il primo firmatario, e poi l’attuale viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli, oltre a Massimo Corsaro, Achille Totaro, Pasquale Maietta, Gaetano Nastri, Marcello Taglialatela.
Ma adesso la strage del 7 ottobre, la forza di Hamas e i suoi legami con il terrorismo internazionale spingono la destra italiana a enorme cautela nei confronti del riconoscimento dello Stato palestinese.
Sì a uno Stato di Palestina ma non ora diventa così la strategia di Palazzo Chigi. Meloni osserva: “L’ho detto varie volte, anche in Parlamento. L’ho detto alla stessa autorità palestinese e l’ho detto anche a Macron: io credo che il riconoscimento dello Stato di Palestina, senza che ci sia uno Stato della Palestina, possa addirittura essere controproducente per l’obiettivo”.
Per la presidente del Consiglio, il riconoscimento diplomatico rischierebbe di essere un gesto puramente simbolico, capace però di generare effetti distorti: “Se qualcosa che non esiste viene riconosciuto sulla carta, il problema rischia di sembrare risolto, quando non lo è”. Per questo motivo, pur condividendo l’obiettivo finale, la premier boccia la tempistica scelta da Parigi: “Non sono favorevole al suo riconoscimento a monte di un processo per la sua costituzione“.
Le dichiarazioni della leader di Fratelli d’Italia provocano naturalmente gli attacchi dell’opposizione. “Su Gaza, come ormai su tutto il resto, Meloni pende dalle labbra di Donald Trump“, dice Roberto Speranza, deputato del Pd. È il leader dei Verdi, Bonelli: “Le dichiarazioni di Giorgia Meloni sul riconoscimento dello Stato di Palestina sono gravi e inaccettabili. Dire che non è il momento e che sarebbe addirittura controproducente, mentre a Gaza si continua a morire di fame e sotto le bombe, è il segno di una totale subalternità politica e morale al carnefice Netanyahu e alla destra israeliana”.
La linea della premier è quella della sua stessa maggioranza. Il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani pone l’accento sulla reciprocità: “L’Italia è per la soluzione due popoli e due Stati, ma il riconoscimento del nuovo Stato palestinese deve avvenire in contemporanea con il riconoscimento da parte loro dello Stato di Israele”. Tajani ha poi aggiunto che “è giunto il momento di arrivare ad un immediato cessate il fuoco”. Al leader di Forza Italia ha replicato l’opposizione, con la deputata Pd Laura Boldrini che ha ricordato come “l’Autorità nazionale palestinese riconosca già Israele, da tempo”. Più possibilista è apparso il presidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana: “La cosa non mi vede contrario, però non so se si risolve il conflitto”. Una timida apertura subito “corretta” da una nota del Carroccio, che ha posto condizioni nette: “Prima serve il rilascio degli ostaggi e lo scioglimento di Hamas”
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