Dall’apparizione del 2021 a Italia’s Got Talent a oggi, il comico comasco Max Angioni, 34 anni, ha fatto di tutto: Lui è peggio di me, Zelig, Lol, Le Iene – stasera su Italia 1 la seconda puntata della nuova edizione – ha condotto altri due-tre programmi come Love Mi, La partita del cuore e Max Working e adesso debutta come attore nel film Esprimi un desiderio di Volfgango De Biasi, con Diego Abatantuono, Giorgio Colangeli, Herbert Ballerina e Maria Grazia Cucinotta, nelle sale dal 25 settembre. Mancano le previsioni del tempo e l’oroscopo, poi ha fatto tombola.
Angioni è lanciatissimo. Nel film è Simone, un giovane condannato a sei mesi di lavori socialmente utili in una residenza per anziani, dove viene preso di mira da un gruppo di arzilli vecchietti capeggiati da Ettore (Abatantuono). Lo scontro iniziale diventerà presto un’occasione per costruire insieme qualcosa di importante.
La sorpresa maggiore di questo debutto qual è stata?
«Il set. Sembrava il villaggio della Contea degli Hobbit, un microcosmo pieno di gente che dal nulla è riuscita a creare in maniera quasi magica una storia di centodieci pagine. Mi avevano detto che facendo un film avrei potuto ripetere la stessa scena anche trenta volte, e mi sarei annoiato tantissimo, invece ho scoperto che così facendo si va più in profondità. È stato bello».
Quante volte ha rifatto la stessa scena?
«Ventotto. Alla diciannovesima non capivo più niente, dalla venticinquesima ho finalmente realizzato come dovevo girarla. Come attore sono scarso, sono un comico, quindi ho imparato tante cose».
In quattro anni ha avuto un successo sempre più crescente: adesso sapere di avere un pubblico un po’ la condiziona?
«Non so dirlo. Di sicuro mi chiedo sempre se le persone realmente capiscono quello che faccio o è una loro interpretazione?».
Addirittura?
«Sì. La mia piccola carriera è partita con uno sketch sulla religione, il primo miracolo di Gesù, che molti hanno trovato un po’ irrispettoso, altri quasi da apostolato. Io volevo solo far ridere senza offendere nessuno».
Viene da una famiglia religiosa?
«Sono cresciuto in oratorio. Mia mamma era catechista e mi diceva sempre di andare a messa la domenica. Non mi obbligava, ma se non lo facevo urlava così forte che era meglio mettersi a correre per prendere i posti migliori».
Quando è iniziata la svolta per lei?
«Nel momento in cui ho trovato il coraggio di provare sul serio a fare questo lavoro. Per paura di fallire ho perso otto anni. Mi sono sbloccato con l’analisi, quando ho accettato l’eventualità di farmi dire che non faceva per me. Da quel momento, invece, si è mosso tutto. Certo, ho passato tantissime seratacce».
Tipo?
«Andare in un locale con tre persone e fare un intervento con due che non ridono mai e il terzo che ti guarda male. Iscriversi a un concorso dove la giuria ha una media di 85 anni, tutti ti fissano come una bestia rara e vieni subito eliminato. Fare un provino e sentirsi dire che non ci sono le battute… Tutto molto formativo, ma quando ci sei dentro pensi sempre: “Ma cosa sto facendo?”».
Cosa?
«L’ho capito dopo un po’: stavo imparando. In queste serate spesso ho incontrato comici molto bravi dai quali ho rubato qualcosa».
Da chi ha preso di più?
«Io ho avuto la fortuna di fare il laboratorio Zelig Ok e vedere Federico Basso e Davide Paniate in azione. Per esempio, come cambiano il repertorio a seconda del pubblico che c’è in sala, è straordinario. E poi da un gigante come Grillo. E poi Pintus, Lundini, Ferrario… Da tanti».
E da Diego Abatantuono?
«La generosità. Sul set era poco interessato alle sue cose e molto a quelle degli altri. Io pensavo che, a parte il lavoro da fare insieme, a stento mi avrebbe parlato, invece a fine sera mi mandava vocali con qualche consiglio o addirittura un complimento. E la sera si andava sempre insieme a cena».
Un film tutto suo, modello Checco Zalone, lo farebbe?
«Ho visto Volfango De Biasi fare il regista e ho capito che bisogna prendere una quantità di decisioni che un insicuro come me avrebbe una crisi di nervi al giorno».
Nel 2017 ha iniziato ad andare in analisi: perché?
«Ero bloccato. Non capivo come andare avanti. La frase più importante che mi disse la psicologa fu: “Tu funzioni, devi solo iniziare a fare”».
È vero che la rottura di una spalla l’ha aiutata?
«Me la sono fratturata giocando a calcio e questo mi ha costretto a stare due giorni in ospedale e due mesi a casa con il gesso. Ho avuto l’occasione per pensare al tempo perso e ai miei sogni, e mi sono svegliato».
La cosa che le venuta meglio dal 2021 a oggi qual è?
«Il mio spettacolo Anche meno. Non ho limiti né paletti di altri autori. Faccio quello che voglio».
I suoi genitori l’hanno osteggiata nelle scelte o favorita?
«Mia mamma mi ha sempre dato un supporto incondizionato, forse addirittura eccessivo. Anche se avessi fatto il narcotrafficante, lei mi avrebbe sostenuto… Comunque, se sono qui è merito dei miei. Un ringraziamento lo devo anche alla mia regista, Ester Montalto, che mi ha sempre incoraggiato».
La sua ex fidanzata con la quale ha convissuto quasi dieci anni fino alla fine del lockdown, giusto?
«Sì. Lei mi ha sempre detto che questo mestiere potevo farlo. Quando non avevo niente, era tantissimo».
La sua carta in più qual è?
«Essere variegato. So adattarmi. Ho sempre la sindrome dell’impostore. Quella aiuta a non tirarsela».
Il film si intitola “Esprimi un desiderio”: adesso quale vorrebbe vedere esaudito?
«Non pagare più le tasse».
Ho capito: le stanno entrando parecchi soldi.
«Per carità, vivo ancora in affitto. Però se potessi pagare il 15 per cento sarei più contento».
Sempre parlando di desideri, con la visibilità sono aumentate le possibilità di incontrare? È diventato più bello, diciamo così?
«Ahahaha… (ride, ndr). Non scherziamo, sono fidanzato con Laura. Quella mi butta fuori di casa. Comunque, sì. Dal parrucchiere adesso arrivo a spendere 50 euro e visto che il mio fegato non funziona benissimo, mangio meno carboidrati la sera, sono dimagrito e sono più bello… Qualcuna sui social mi scrive: “Sei così simpatico che forse ci starei anche con te…”».
E Veronica Gentile, con la quale conduce “Le Iene”, da uno a dieci come si piazza?
«Nella mia scala dei desideri? Zero. È una collega, per carità. Io e lei siamo come Batman e Robin. E io sono Robin, ovviamente».
Dove vuole arrivare?
«Non lo so. La stella polare della mia generazione per come è riuscito a creare film, serie e spettacoli dal vivo è Ricky Gervais. Fare un po’ come lui sarebbe un sogno».
Prima dei quarant’anni cosa vorrebbe assolutamente fare? Film, casa, figli…
«Sono la persona più lontana dalla pianificazione di qualsiasi cosa. Forse solo nei momenti di panico riesco a organizzarmi un po’. Non so rispondere».
Il rimpianto?
«Aver buttato otto anni di vita e mollare l’università dopo sei mesi».
Su Google cerca il suo nome per capire quello che si dice di lei?
«Sì, ogni tanto lo faccio perché mi sono reso conto che si dice tutto e il suo contrario. Chissà che succederà adesso con il mio primo film ».
Un attore comico come Enzo Iacchetti pochi giorni fa in tv si è scontrato con il presidente della Federazione Amici di Israele, Eyal Mizrahi, sulla tragedia di Gaza: lei non parla di queste cose, come tanti suoi colleghi, o prende posizione?
«Io ho visto una persona che ha dato del fascista a Iacchetti, e lui si è arrabbiato parlando del massacro che stanno facendo gli israeliani a Gaza. Sono dalla parte di Enzo».
L’ultimo imbarazzo che ha provato quando è stato?
«A una convention: mi hanno fatto salire sul palco mentre servivano la cena. Quindi la gente non solo non mi ascoltava, ma si è giustamente messa a mangiare. Se anche uno avesse voluto ridere non avrebbe potuto farlo per non strozzarsi. Avrei scambiato un quarto d’ora così, con settecento persone che ti guardano male, con due mesi di servizi sociali. Non ho dubbi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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