Se l’Italia conta in negativo le nascite, come ha rivelato l’Istat che, nei primi tre mesi del 2025, ha registrato un calo della natalità pari al -7,8% rispetto agli stessi mesi del 2024, anche negli Usa il bilancio demografico continua a diminuire.
Qui infatti il tasso di fertilità, nel 2024, è sceso a un nuovo minimo storico: 1,6 figli per donna in età fertile, pari a 53,8 nascite ogni 1.000 donne, secondo i dati dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) e resi noti da La voce di New York.
Il tasso complessivo delle nascite, secondo il giornale, è calato dell’1% rispetto al 2023 e del 22% rispetto al picco del 2007. Tra i fattori che contribuiscono al calo figurano il maggiore accesso alla contraccezione, l’aumento dell’età media alla maternità e le crescenti preoccupazioni economiche legate al costo di crescere un figlio.
Inoltre, stando a quanto pubblica il giornale americano, il calo della fertilità potrebbe avere, come del resto vene ripetuto anche da noi, gravi conseguenze economiche, tra cui una forza lavoro in contrazione, pressioni sul sistema pensionistico e un possibile rallentamento dell’innovazione.
Tuttavia, pare che il presidente Donald Trump abbia firmato un decreto per ampliare la copertura dei trattamenti per l’infertilità, tra cui la fecondazione in vitro (FIV), che consiste nel prelievo chirurgico degli ovociti, nella loro fecondazione in laboratorio e nel successivo impianto nell’utero.
A soffrire in ogni caso, e a stare sempre un passo indietro rispetto alla popolazione di medio livello economico, le donne a basso reddito le quali in Usa avrebbero minore accesso all’assistenza sanitaria finanziata con fondi pubblici, con potenziali ripercussioni negative sulla salute riproduttiva.
E se nel 2024 la media mondiale è stata di 2,2 nascite per donna, con una proiezione di 2,1 entro il 2050 (che è il livello di sostituzione necessario per mantenere stabile la popolazione), i rapporti delle Nazioni Unite stimano un ulteriore calo a 1,8 di nascite per donna entro il 2100.