Kassandra Galindo Rodriguez è stata una delle protagoniste della tredicesima edizione di Masterchef Italia. Nata a Madrid nel 1997, ha debuttato nel programma 25enne mentre lavorava come barista. Dopo la trasmissione le cose sono cambiate e tra diverse cucine e tante esperienze ha potuto inseguire la sua passione. Oggi è executive chef al Tre Gazzelle Bistrot di Milano, ma una cosa non è mai cambiata: «Verso i 16-17 anni ho iniziato a lavorare ma sono anche stata alle prese con i tipici problemi dell’adolescenza, dove non ti vedi mai bene. Tuttavia, sono dovuta crescere in fretta, sono uscita di casa a 18 anni e ho avuto una serie di problemi fisici. La cucina mi ha salvata», ha rivelato in un’intervista al Corriere della Sera.





La cucina

Lavorare nella cucina è stato per lei quasi un percorso prestabilito: «Mia nonna aveva un albergo a Ponciach, in val di Cembra (Trento), e io sono cresciuta nella ristorazione. Anche i miei fratelli lavorano nel settore», ma la passione per questo mestiere è stato determinante: «Si lavora fino a 12 ore al giorno, spesso e volentieri si devono fare gli straordinari. Insomma, mentirei se dicessi che questo è un lavoro facile, al tempo stesso può dare grandi soddisfazioni».


Dopo l’esperienza nel programma e il sostegno dello chef Giorgio Locatelli – «Mi diceva che gli ricordavo sua figlia e mi parlava come un padre.

Anche quando sono diventata chef al Tre Gazzelle mi ha scritto» – ha maturato nuove consapevolezze a livello professionale e anche umano: «(Il talent ndr) mi ha fatto crescere come persona, dandomi la spinta per fare quel salto che prima non avevo avuto il coraggio di fare». Ma non ha dimenticato le sue origini: «Ciò che porto con me è l’amore che mia nonna metteva nel fare le cose. Io ricordo che quello che cucinava era buono anche perché fatto con amore nei confronti della famiglia. Ecco, quell’amore verso il cibo me lo ha trasmesso bene».

Cosa fa oggi

Kassandra, oggi, è ufficialmente executive chef del Tre Gazzelle Bistrot a Milano. La gavetta, dopo il talent, è stata lunga: «Ho iniziato a lavorare come chef de rang (cameriere esperto responsabile di una specifica area o sala, ndr) da Valerio Braschi. Qui ho avuto il vero e proprio approccio al gourmet. Ho imparato a descrivere un piatto, a raccontare il pensiero che ci sta dietro. Grazie a quello che ho appreso, ho messo da parte gli esperimenti fini a loro stessi per creare dei piatti che avessero dietro un pensiero ragionato, valorizzando le materie prime». E seppur abbia cambiato tante cucine e continuato a studiare, non ha potuto non notare che la cucina è ancor molto maschilista: «In quanto donna tendono a non prenderti troppo sul serio. Talvolta se sei carina fatichi ad avere la credibilità che vorresti. Quando hai il “bel faccino” per la gente non puoi essere pure brava. Sui social, per esempio, le tue capacità non sempre sono riconosciute e questo valeva anche in alcune cucine: c’è sempre chi è pronto a fare insinuazioni».




Ultimo aggiornamento: domenica 27 luglio 2025, 13:53



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