Mentre si discute della possibilità che l’IA possa minacciare il futuro dei videogiochi, Satya Nadella, CEO di Microsoft, ha rilasciato delle dichiarazioni relative ai grandi cambiamenti che la tecnologia potrebbe comportare nei prossimi anni.
L’intero settore tech sta vivendo momenti di profonda mutazione e di difficile adattamento, anche emotivo, tanto che si parla addirittura di una “cultura della paura” che si starebbe diffondendo tra i dipendenti Microsoft. La preoccupazione è quella di perdere il treno dell’intelligenza artificiale, in un periodo in cui, anche per le grandi aziende, le certezze sembrano sgretolarsi sotto il vento dell’innovazione.
Quali aziende sopravviveranno all’intelligenza artificiale?
Per comprendere le radici di questo “tormento” degli addetti ai lavori bisogna fare un passo indietro, tornando alla fine degli anni ’90. L’avvento di Internet portò con sé un grande entusiasmo in termini di capitalizzazione dei mercati, tanto che anche solo un “.com” alla fine del nome di un’azienda poteva portare a benefici non indifferenti: è la cosiddetta bolla delle dot-com, che ebbe un collasso completo nel 2000 portando con sé una sfiducia generale verso il Web. Fu in quel momento che il mondo tech capì che non basta una tecnologia rivoluzionaria, ma bisogna usarla con cognizione di causa.
O, perlomeno, fino a poco tempo fa si pensava che la lezione fosse stata abbastanza chiara.
Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito al boom dell’intelligenza artificiale generativa e abbiamo visto tali modelli migliorare di giorno in giorno, a una velocità mai vista prima.
Questo ha generato enorme entusiasmo per le grandi possibilità accessibili a tutti e impensabili fino a poco tempo fa.
Che l’IA sia qui per restare sembra ormai chiaro, ma nell’ultimo periodo stiamo assistendo a delle battute d’arresto che fanno riflettere, tanto che persino il CEO di OpenAI, Sam Altman, ha parlato di investitori sovraeccitati.
Il problema riguarda l’enorme complessità del settore IA, che fa continui passi in avanti ma che ha bisogno di una valanga di dati di qualità. Dati che iniziano a scarseggiare.
Una strada che si sta percorrendo è quella dei dati sintetici: in mancanza di dati validi provenienti dalla produzione umana, necessari ad addestrare i modelli IA, si fanno generare direttamente alle reti neurali dei dati artificiali che cercano per certi versi di imitare i dati reali.
La sfida nell’IA che alimenta l’IA consiste però anche nel valutare l’effettiva solidità degli output, cosa complicata sotto più punti di vista quando si guarda alle allucinazioni dell’intelligenza artificiale.
Di recente, OpenAI ha spiegato che in campo LLM “l’accuratezza non raggiungerà mai il 100% perché […] alcune domande del mondo reale sono intrinsecamente senza risposta”. Fatto sta che l’intelligenza artificiale sembra avere dei nodi complicati da risolvere, nonostante gli utenti siano ormai circondati da applicazioni pratiche come il pannello AI Overview di Google (che, per sua stessa natura e per il suo funzionamento, a volte “inventa” dettagli).
Vista l’incertezza generale relativa anche solamente al funzionamento di base della tecnologia, diventa lecito porsi domande sulla sostenibilità di un settore che richiede costi di mantenimento particolarmente elevati e investimenti miliardari.
Pur convinti che l’IA sopravviverà a questa “bolla”, a molti appare chiaro che in un futuro non troppo lontano potrebbe esserci una scrematura delle aziende che se ne occupano.
A chi segue il settore, dunque, non sorprende più di tanto che anche nella mente del CEO di un colosso come Microsoft ci sia il pensiero di cosa accadrebbe se le cose non andassero come previsto: di recente, Satya Nadella si è detto ansioso per il futuro e per l’importante trasformazione che il settore tech sta vivendo proprio a causa della rivoluzione dell’intelligenza artificiale.
Nel corso di un incontro con i dipendenti, in seguito a una domanda sulla cultura aziendale, Nadella ha spiegato che “alcuni dei business più grandi che abbiamo mai creato potrebbero non essere più così rilevanti in futuro”, dunque nei prossimi anni si potrebbe assistere a profondi cambiamenti nell’architettura della compagnia, considerando che le iniziative più redditizie di Microsoft potrebbero non avere più lo stesso peso di prima a causa dell’IA.
Per spiegare meglio la situazione, il CEO ha pescato un esempio addirittura precedente alle dot-com. Negli anni ‘70, infatti, andava forte un’azienda americana chiamata Digital Equipment Corporation (DEC), una forza dominante nel settore dell’informatica. Tuttavia, nonostante la sua posizione sul mercato, la DEC non riuscì a mantenere la sua rilevanza perdendo terreno nel campo delle tecnologie emergenti. Il treno perso in quel caso è stato quello dell’architettura Reduced Instruction Set Computing (RISC) ed erano altri tempi, ma si tratta di una case history che spesso viene tirata in ballo in questo contesto.
Nadella ha spiegato che il suo primo computer fu proprio un DEC VAX e che sognava di lavorare per quell’azienda, ma poi le cose sono andate in modo diverso.
Interessante notare che, in un certo senso, il licenziamento dei dipendenti di DEC favorì proprio Microsoft, visto che alcune delle persone che contribuirono al progetto Windows NT erano state licenziate da un laboratorio DEC: gli sconvolgimenti, insomma, in questo settore ci sono sempre stati, ma Microsoft non ha intenzione di stare a guardare nell’era dell’intelligenza artificiale.
Quando, durante l’incontro, un dipendente del Regno Unito si è fatto avanti per sottolineare che dal suo punto di vista Microsoft è diventata nel corso degli anni “notevolmente diversa, più fredda, più rigida e priva di quell’empatia con cui si è fatta apprezzare”, Nadella si è detto d’accordo con quelle parole, promettendo di ragionare su come si possa migliorare la situazione in termini di leadership: “in fin dei conti, penso che possiamo fare di meglio e lo faremo”, ha promesso il CEO, pur riconoscendo il periodo delicato.
Bisogna affrontare di petto le incertezze del settore dell’intelligenza artificiale, coltivando al contempo un ambiente stimolante in cui i dipendenti si sentano valorizzati, ascoltati e supportati. D’altro canto, è proprio con questo spirito che si sta svolgendo la battaglia per le menti più brillanti in campo IA, che vede il suo attuale culmine nell’investimento da 250 milioni di dollari da parte di Mark Zuckerberg per il ricercatore 24enne Matt Deitke (che aveva rifiutato una prima offerta da 125 milioni di dollari da parte di Meta).
Anche nel campo dell’avanguardia tecnologica, insomma, i talenti umani sono quelli che contano veramente: saper mantenere i dipendenti al proprio fianco, offrendo anche cifre che a prima vista sembrano folli, diventa una questione di fondamentale importanza per continuare a essere competitivi.
Le parole di Satya Nadella non suonano solo come un monito, ma anche e soprattutto come un grido di battaglia.
D’altro canto, anche Jeff Bezos pensa che Amazon non potrà andare bene in eterno, dato che “nessuna azienda è troppo grande per fallire”: si sente dunque la necessità, in un’epoca così frenetica, di un costante adattamento, visto che anche i grandi colossi del settore possono diventare irrilevanti in pochi istanti.
Bisogna dunque rimanere vigili in un panorama tecnologico in continua evoluzione, sapendosi reinventare e imparando a gestire anche il peso emotivo che si genera in queste situazioni.
Nessuno ha la sfera di cristallo, ma Nadella ha dimostrato di essere consapevole che nulla, oggi, è davvero intoccabile.