Il sistema dei laboratori di analisi convenzionati con il Servizio sanitario nazionale in Sicilia è da anni una giungla. Una giungla fatta di tariffe non aggiornate, ticket applicati a macchia di leopardo, tetti di spesa che bloccano le prestazioni a metà anno. E se i cittadini si trovano a dover pagare due volte – con le tasse e con le tasche – la responsabilità ha nomi e cognomi: il governo regionale di Renato Schifani e quello nazionale di Giorgia Meloni.

Un sistema nato per colmare i vuoti, oggi è stato lasciato al degrado. I laboratori privati convenzionati hanno rappresentato per decenni un pilastro della diagnostica di base in Sicilia, supplendo alle carenze della rete ospedaliera pubblica. Dal 2010, però, la Regione ha imposto tetti di spesa per contenere il disavanzo, trasformando quello che doveva essere uno strumento di controllo in un cappio per i cittadini.

Il nomenclatore tariffario nazionale, fermo da decenni, è stato rivisto nel 2017 e poi nuovamente con il decreto ministeriale del 25 novembre 2024, che ha introdotto circa 1.100 nuove tariffe e riduzioni consistenti sui rimborsi di molte prestazioni, imponendo alle Regioni di adeguarsi entro fine anno. A settembre 2025, solo sei Regioni hanno aggiornato i propri tariffari. La Sicilia no. Un ritardo che genera disparità e iniquità quotidiane. Schifani finge di provarci e scarica sulla Meloni, che a sua volta blocca con la motivazione che la Regione è in piano di rientro. Non trovano da tre anni il tempo di sedersi e decidere insieme, pur essendo governi dello stesso colore politico. Uno stallo che penalizza solo i cittadini.

Il paradosso si vede chiaramente anche sui ticket: nei laboratori privati convenzionati vengono applicati sempre e comunque secondo le regole regionali, mentre negli ospedali pubblici capita che vengano azzerati o applicati in modo non uniforme. Così, due cittadini che fanno la stessa analisi pagano importi diversi a seconda di dove si rivolgono. Un’anomalia che Schifani non affronta e che Meloni ignora, lasciando che la Sicilia resti fanalino di coda nei diritti sanitari.

I tetti di spesa sono un’altra lama che si abbatte sui cittadini. Nel 2024 la Regione ha stanziato circa 310 milioni di euro per le prestazioni ambulatoriali convenzionate, appena 12 milioni in più rispetto all’anno precedente, di cui 8 destinati alle liste d’attesa. Una cifra insufficiente. Una volta esaurito il plafond, i laboratori sospendono le prestazioni in convenzione e i pazienti devono pagare l’intera tariffa privata. Il meccanismo è diventato una vera arma di ricatto politico ed economico: i laboratori denunciano pubblicamente di non poter più erogare prestazioni in SSN e i cittadini si trovano davanti a un bivio crudele – pagare di tasca propria o riversarsi negli ospedali pubblici già saturi.

Il problema è aggravato da rimborsi che, con i nuovi tariffari, sono spesso inferiori ai costi reali dei reagenti, con uno scarto medio del 20-30%. Emblematico il caso del PSA, fondamentale per la prevenzione oncologica maschile: il rimborso SSN è di pochi euro, mentre il costo effettivo è molto più alto. Risultato: molti laboratori lo erogano solo a pagamento, mentre gli ospedali continuano a offrirlo in SSN, scaricando tutto il peso sulle strutture pubbliche.

Intanto, il confronto con altre Regioni umilia la Sicilia. Emilia-Romagna, Veneto, Toscana hanno già recepito il decreto del 2024: tariffe aggiornate, uniformità tra pubblico e privato, niente guerre tra laboratori e Regioni. In Sicilia, invece, tutto resta fermo. Schifani e il suo governo non hanno mosso un dito, e da Roma Meloni non ha mai affrontato il problema, lasciando che l’Isola resti impantanata in regole obsolete e conflitti permanenti.

E non è un caso isolato: basta guardare la rete ospedaliera costruita a misura di Paternò o l’Asp di Palermo abbandonata da sette mesi senza un manager per capire che la sanità siciliana è ostaggio di interessi politici e di un immobilismo senza fine.

Le soluzioni esistono e sono note: adeguare subito i tariffari regionali al decreto del 2024, uniformare i ticket tra pubblico e privato, superare i tetti rigidi con un monitoraggio dinamico della spesa, obbligare i laboratori alla trasparenza e istituire un tavolo tecnico permanente con Regione e associazioni di categoria. Soluzioni possibili, ma che richiedono una volontà politica che oggi non c’è.

Il sistema dei laboratori convenzionati in Sicilia è lo specchio di una sanità regionale allo sbando e di un governo nazionale distratto. Schifani usa i tetti di spesa come arma di potere, Meloni resta in silenzio mentre i siciliani pagano due volte.

Ma c’è di più: l’obiettivo non dichiarato è chiaro. Far saltare per aria i laboratori siciliani, strangolandoli con tariffe impossibili e tetti insostenibili, per lasciare spazio ai grandi gruppi del Nord pronti a occupare un mercato redditizio. Un disegno che si maschera dietro tavoli tecnici e finti confronti, che servono solo a prendere tempo, a sfinire e rallentare la protesta.

Per questo è necessario agire con urgenza. Le associazioni di categoria della sanità siciliana e i cittadini devono unirsi e alzare la voce contro un governo regionale e nazionale che li ha abbandonati. Bisogna protestare, con forza e compattezza, prima che sia troppo tardi. In gioco non c’è solo la sopravvivenza dei laboratori, ma il diritto stesso dei siciliani ad avere un sistema sanitario equo ed efficiente.