Boss storici, di quelli che hanno scritto di proprio pugno la storia delle mafie e delle stragi, che tornano a comandare senza che decenni di detenzione ne abbiano minimamente intaccato potere, prestigio, patrimonio, capacità di intervento. E nuove e vecchie leve, che al vecchio capoclan si allineano per riprendere il controllo di tutto e soprattutto farlo vedere e sapere, dentro e fuori dalla galassia criminale. Eccola la fotografia scattata dall’ultima operazione del Ros dei carabinieri e del comando provinciale di Reggio Calabria, coordinata dall’aggiunto Stefano Musolino e dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, che ha portato all’arresto di ventisei persone nella Piana di Gioia Tauro, incluso il superboss Pino Piromalli “Facciazza”.
L’hanno denominata “Res Tauro”, gioco di parole che sta a significare che Gioia Tauro, il suo porto – il più grande d’Italia per il transhipment – i suoi affari, le infrastrutture presenti e future ad esso collegate sono “res”, cosa di ‘ndrangheta, cosa dei Piromalli. E se qualcuno, tra arresti e processi che una decina d’anni fa hanno colpito duramente il clan, l’avesse dimenticato, allora val bene un’operazione di “restauro” con tanto di ritorno a vecchi metodi e regole. Se ne trovavano tracce nell’inchiesta Hybris che qualche anno fa ha ricostruito la storica riappacificazione con i Molé, per decenni storici alleati, diventati avversari da schiacciare quando hanno tentato di allargarsi troppo e per questo braccati fino a costringerli a sloggiare dalla Piana. Adesso quel processo di ripristino, anche visibile, dello strapotere dei Piromalli, viene interamente ricostruito.
Lo ha deciso, pianificato e messo a terra Pino Piromalli in persona, anche lui fra gli arrestati. È quel “Facciazza” che da mezzo secolo comanda non solo sul suo clan e le sue infinite proiezioni lontane dalla Calabria, ma ha voce in capitolo sulle grandi strategie della ‘ndrangheta tutta. “Pino e compagnia bella li hanno messi all’epoca nella commissione per le stragi di Stato insieme … insieme a ‘Testuni”, si diceva in un’intercettazione registrata anni fa dai carabinieri, che raccontava come Facciazza avesse messo su una commissione per dare il via libera alla partecipazione dei calabresi alla stagione delle stragi e degli attentati continentali del ’93-94.
Classe 1945, il nome di Pino Piromalli sta sui libri di storia della criminalità organizzata, perché è protagonista indiscusso di interi capitoli: dalle stragi di mafia degli anni Novanta al narcotraffico internazionale, dall’appropriazione delle grandi infrastrutture – il porto, l’autostrada, fra le altre – al condizionamento regolare della vita politica, sociale ed economica dell’intera Piana di Gioia Tauro. Per complicità, contiguità o appartenenza, sono finiti in carcere politici, avvocati, commercialisti, amministratori giudiziari, medici, persino un paio di sacerdoti.
Gioia Tauro è ed è sempre stato il feudo dei Piromalli. E Facciazza non aveva alcuna intenzione di perderne neanche una zolla. E allora ecco che si torna a estorsioni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione illegale di armi e munizioni, turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale, trasferimento fraudolento di valori. Adesso sono tutti reati di cui lui e altre ventisei persone a vario titolo dovranno rispondere.