Dalle analisi sul campione di sangue prelevato è emerso un alto tasso alcolemico nel sangue, ma Simona Cinà, trovata morta a 20 anni nella piscina di una villa a Bagheria, durante una festa di laurea, non aveva assunto droghe. È una delle risposte arrivata dopo l’autopsia effettuata all’Istituto di medicina legale del Policlinico sul cadavere della pallavolista. I primi accertamenti avevano già escluso la presenza di ferite o lesioni che avrebbero potuto rivelare una morte violenta, evidenziando inoltre la presenza di acqua nei polmoni.
Dopo il ritrovamento del cadavere la Procura di Termini Imerese aveva aperto un’inchiesta per omicidio colposo privilegiando però sin dall’inizio le ipotesi del malore e dell’incidente. Come ricostruito dai carabinieri, sotto il coordinamento sostituto procuratore Raffaele Cammarano, Simona Cinà è stata trovata in fondo alla piscina – circostanza che rafforza la tesi dell’annegamento – e sarebbe stata soccorsa, intorno alle 4, da due ragazzi che si sarebbero tuffati quando ormai era troppo tardi.
Tra l’ascolto dei testimoni e ulteriori indagini, anche sui vestiti e sul cellulare della ragazza, non è emerso nulla che potesse spiegare il decesso della pallavolista. Per avere un quadro ancora più completo bisognerà attendere i risultati di altri esami che potrebbero rivelare eventuali “malattie silenti” di cui Simona poteva non essere a conoscenza. “Non è il caso per il momento di fare considerazioni per rispetto della vittima e della famiglia. Attendiamo – dice l’avvocato Mario Bellavista, che assiste il fratello di Simona – che vengano depositati i risultati completi e poi valuteremo”.