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Silvia Mezzanotte ha attraversato più di vent’anni di musica italiana, diventando per molti la voce simbolo dei Matia Bazar degli anni Duemila. Con loro ha vinto Sanremo nel 2002 con Messaggio d’amore e ha riportato in auge un repertorio che appartiene alla storia della canzone. Oggi, però, il nome del gruppo è al centro di dispute legali e divisioni che ne complicano l’eredità. Mezzanotte racconta a Leggo il peso e la bellezza di un percorso segnato da successi, fratture, rinascite artistiche e il desiderio — mai sopito — di vedere un giorno tutti i protagonisti di quella storia riuniti sul palco dell’Ariston.


APPROFONDIMENTI

Intanto il 26 settembre alle 21.30 alla Tenuta ‘Lago dei Salici’ di Caramagna Piemonte (Cuneo), partirà “Stasera che sera – 50th Celebration”, una serata condotta da Maurizio Scandurra de La Zanzara di Radio 24, durante la quale Silvia e Carlo Marrale presenteranno anche una nuova versione del brano che dà il titolo al tour.

La sua carriera spazia da Sanremo, con la vittoria insieme ai Matia Bazar nel 2002, ai progetti da solista e agli spettacoli televisivi come Tale e Quale Show. Qual è il momento che considera più significativo del suo percorso artistico e perché?
«Il primo momento in assoluto è stato Brivido Caldo, il mio primo Festival di Sanremo con i Matia Bazar, nel 2000.

Era il mio vero approccio al grande pubblico. Avevo accanto due giganti come Piero Cassano e Giancarlo Golzi, che mi avevano scelto come voce femminile. Anche quando non avevo fiducia in me stessa, mi fidavo di loro. Ricordo ancora quando ci comunicarono il risultato: eravamo nel retropalco, cercai di trattenermi dal piangere. È uno dei miei rimpianti: non essermi goduta quel momento fino in fondo. Solo alle cinque del mattino, al ritorno, ci siamo abbracciati e abbiamo capito davvero cosa era successo».

Entrare in un gruppo con una voce iconica come Antonella Ruggiero non deve essere stato semplice. Come è riuscita a conquistare il pubblico?
«Con tanta incoscienza e altrettanta determinazione. Conoscevo i Matia fin da ragazzina e amavo Antonella visceralmente, non ho mai pensato di competere con lei. Ho sempre rispettato il passato, cercando di portarlo avanti senza stravolgerlo. Brani come Messaggio d’amore o Brivido Caldo erano costruiti su una vocalità diversa dalla sua, e credo che proprio questo equilibrio mi abbia fatto entrare nel cuore del pubblico».

Nel 2002 al Festival c’era Pippo Baudo come conduttore. Che ricordo ha di lui?
«Fu lui a scegliere Messaggio d’amore tra i brani che gli proposero Piero e Giancarlo. E infatti vinse. Anni dopo ci siamo ritrovati in treno: mi ha fatto sedere accanto a lui e mi ha dato tanti consigli. Gli dissi: “Pippo, posso dire che anche io sono una tua creatura?”. Perché con quella scelta cambiò tutto».

Arriviamo a un tema delicato: la questione del marchio Matia Bazar. All’estero lei e Carlo Marrale siete riconosciuti come tali, mentre in Italia il nome appartiene a un’altra formazione e voi potete usare solo la dicitura “Ex Matia Bazar”. Come vive questa situazione?
«Quest’anno ricorrono i 50 anni del gruppo, ma credo che quella storia la possano raccontare solo Antonella Ruggiero, Carlo Marrale e Piero Cassano. Io ho dato un contributo importante, ma senza Carlo non potrei farlo. In Italia il marchio è di Fabio Perversi, che lo porta avanti con altri musicisti. Io e Carlo siamo sereni: all’estero raccontiamo la storia in libertà, in Italia la presentiamo come Marrale Mezzanotte. Quello che conta è la credibilità di chi c’era davvero».

Giancarlo Golzi per lei era più di un collega. Come pensa vedrebbe questa divisione?
«Ne sono certa: non avrebbe mai voluto tutto questo. Per lui io ero la voce e il volto dei Matia Bazar. Ricordo la notte della sua morte: ero a Mazara del Vallo, al diciottesimo del figlio di mio marito, quando mi chiamò sua moglie. Fu lei a dirmelo, e mi chiese di avvisare gli altri. Quel gesto dimostra il legame che avevamo. Giancarlo non avrebbe mai immaginato queste spaccature».

La morte di Giancarlo ha segnato una frattura irreparabile nei Matia Bazar. Cosa accadde dopo?
«Fu uno choc enorme. Dopo la sua scomparsa i rapporti si deteriorarono: io già non andavo d’accordo con Piero, e decisi di lasciare quando mi chiese di rinunciare a tutte le mie attività soliste. Con Fabio provai a ricostruire, ma mi ha chiuso la porta. Voleva sentirsi leader, e con figure forti accanto come le nostre questo era difficile».

Quindi non è solo una questione mediatica, ma legale. Quanto pesa?
«Per i fan poco o nulla: per loro resto Silvia dei Matia Bazar. Personalmente pesa solo economicamente, perché bisogna pagare avvocati e difendersi. Ma la verità resta: all’estero abbiamo il marchio, in Italia raccontiamo la storia con altre modalità».

Quest’anno ricorre il cinquantenario. C’è una possibilità di riconciliazione?
«Io sarei disponibile. Se tutti scendiamo dal piedistallo, se capiamo che o siamo tutti leader o nessuno lo è, io apro le braccia a tutti: Antonella Ruggiero, Laura Valente, Roberta Faccani. Sarebbe bello tornare insieme a Sanremo».

Parliamo dello spettacolo che portate in scena, La nostra storia.
«È un viaggio tra canzoni e aneddoti, costruito insieme a Carlo. Ci siamo incontrati nel 2019 per caso, in un hotel, e ci siamo messi a cantare. Da allora abbiamo capito che le nostre voci si riconoscevano in modo naturale. Sul palco c’è una magia che riporta i brani alla loro origine».

Se dovesse scegliere due brani imprescindibili dei Matia Bazar?
«Vacanze Romane e Ti sento. Sono quelle che hanno avuto più riconoscimento internazionale.»

E sul fronte solista?
«Sto chiudendo il tour estivo e a novembre torno con Silvia Mezzanotte canta Mina, al Teatro Olimpico di Roma. Poi riprendo con Carlo e con la mia accademia, The Vocal Academy. Porto avanti anche Le mie regine in jazz, un progetto intimo con trio acustico».

Un’artista che l’ha influenzata profondamente?
«Ella Fitzgerald, la divina. Ho studiato tanto su di lei. In Italia, invece, Mia Martini: l’ho conosciuta e ho lavorato come corista nel suo ultimo album. Ricordo un caffè con lei, Fossati e De Gregori: uno dei momenti più alti della mia vita».

Un messaggio ai fan?
«Non conta se c’è scritto “Matia Bazar” o “ex Matia Bazar”. Conta solo l’emozione. Se ascoltando la mia voce vi viene la pelle d’oca, allora ho raggiunto il mio obiettivo».


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