Il ronzio sempre più forte dei droni, da giorni presenza fissa sopra le barche della Global Sumud Flotilla. Poi le interferenze radio che improvvisamente sparano musica a tutto volume e rendono difficoltose le comunicazioni. Infine gli ordigni. Granate stordenti lanciate a pochi metri dagli scafi, ordigni carichi di gas urticante lanciati sul ponte, le urla degli equipaggi.
Torna sotto attacco la Global Sumud Flotilla. Diversi droni hanno sganciato una serie di ordigni su almeno sei delle quarantatré imbarcazioni della flotta che si sta dirigendo verso Gaza e adesso naviga in acque internazionali al largo di Creta. La firma non c’è, ma tutti a bordo coltivano “il legittimo sospetto” che siano israeliani.
Secondo le prime informazioni, a essere prese di mira sono state le imbarcazioni in coda alla spedizione, fra cui anche la Otaria, colpita da un ordigno che ha danneggiato la vela principale e la randa, su cui viaggiano i parlamentari Benedetta Scuderi di Avs e Marco Croatti dei 5s. Una granata stordente sarebbe caduta anche non lontano dalla Karma, la barca di Arci su cui viaggiano i deputati Pd Annalisa Corrado, Arturo Scotto e il consigliere regionale Paolo Romano. Anche la Yulara, la Maria Cristina, la Zefiro, che adesso naviga con l’albero danneggiato, la Ohwayla sarebbero state attaccate.
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23 Settembre 2025
“Siamo sovrastati da decine di droni che continuano a sorvolarci in maniera aggressiva, alcuni hanno lanciato degli ordigni sulle barche, altri hanno sganciato granate stordenti”, spiega Maria Elena Delia, la portavoce italiana della Flotilla, a bordo della Otaria. Fra gli equipaggi non ci sono feriti, ma su alcune barche danni sì e toccherà verificare nelle prossime ore se alcune delle imbarcazioni saranno costrette a chiedere di far scalo a Creta.
L’inizio dell’attacco, con le radio che impazziscono e sparano musica a tutto volume ha colto molti di sorpresa. Nonostante i droni da ore avessero intensificato i voli sulla Flotilla, qualcuno avevano provato a rubare qualche ora di sonno sottocoperta. Ma quando è iniziata la pioggia di ordigni, in pochi minuti, tutti gli equipaggi erano sul ponte con addosso il giubbotto di salvataggio, pronti a qualsiasi scenario.
“Potete sentire distintamente il suono delle esplosioni anche adesso mentre parlo”, ha raccontato in un video pubblicato su Instagram l’attivista tedesca Yasemin Acar, del comitato direttivo. “Date l’allarme, siamo in acque internazionali, non trasportiamo armi ma aiuti, è Israele che sta uccidendo migliaia di persone, che le sta affamando, sono i nostri Paesi che stanno permettendo tutto questo, politicamente e fornendo armi”.
Fortunatamente, spiegano da bordo, l’attacco è stato meno dannoso dei due che hanno devastato il ponte della Familia Madeira e della Alma, nei giorni in cui la delegazione spagnola era ormeggiata in rada a Sidi Bou Said, nei pressi di Tunisi. “Violente intimidazioni”, “operazioni di guerra psicologica”, le definiscono, ma “ogni tentativo di intimidirci – promettono – non fa che rafforzare il nostro impegno. Non ci lasceremo mettere a tacere. Continueremo a navigare”.
L’allarme è stato subito rilanciato dai centri di controllo che da terra seguono la Flotilla. E immediatamente su social, chat e canali è arrivato l’invito a mandare email di protesta ai ministeri degli Esteri di tutti 44 Paesi di provenienza dei membri degli equipaggi delle 43 barche della Flotilla. “Chiediamo con urgenza un’immediata presa di posizione pubblica di condanna questi attacchi, la protezione dei partecipanti da parte delle istituzioni internazionali, pressione diplomatica e politica sui responsabili per fermare queste azioni illegali”, si legge nel testo. “Se qualcuno dovesse essere ferito o ucciso – continua – si tratterebbe di un ulteriore crimine di guerra da aggiungere alla lunga lista di violazioni già commesse. È fondamentale che governi, istituzioni e organizzazioni internazionali intervengano ora, prima che sia troppo tardi”.
Dopo giorni di navigazione sotto lo sguardo perenne di droni, in tanti sulle 43 barche della Global Sumud Flotilla iniziavano a temere un attacco. E il botta e risposta a distanza con il ministero degli Esteri israeliano, che ha bollato la spedizione umanitaria come “organizzata da Hamas e destinata a servire Hamas”, non hanno fatto che rafforzare la convinzione dei più. Israele ha messo la flotilla di fronte a un aut aut: accettare di consegnare gli aiuti al porto di Ashkelon o accettare le conseguenze perché “Israele non permetterà alle imbarcazioni di entrare in una zona di combattimento attiva”.
The Hamas flotilla refuses Israel’s proposal to unload aid peacefully at the nearby Ashkelon Marina. Instead, it chooses the illegal path — sailing into a combat zone and breaching the lawful naval blockade.
This proves their true aim: serving Hamas rather than delivering aid to… pic.twitter.com/yD3mbYIrSS
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) September 23, 2025
Una proposta irricevibile per gli attivisti: da maggio 2025, dopo la revoca del “blocco totale”, gli aiuti a Gaza entrano con il contagocce, meno di 70 camion al giorno contro un fabbisogno stimato di quasi dieci volte tanti. E in più proprio nelle scorse ore il valico con la Giordania è stato chiuso. “La retorica di Israele contro la Global Sumud Flotilla prepara il terreno a ulteriori escalation”, hanno scritto in una nota diramata nel pomeriggio, che lo Stato ebraico ha considerato “la prova delle loro reali intenzioni: non portare aiuti umanitari – si legge in un tweet su X – ma servire Hamas”. Due ore dopo, sulle barche della flotilla umanitaria hanno iniziato a piovere ordigni.