Tra voi e me: I Puffi – Il film è un bel busillis, come si usava dire una volta. Perché se si hanno più di, diciamo, 10 anni, si vorrebbe morire dopo la prima mezz’ora. Neanche le citazioni del multiverso di Spider-Man: Un nuovo universo e dei suoi sequel salvano la situazione. Invece, se si è sotto quell’età, meglio ancora nella fascia 4-8, ebbene sì, è il film perfetto. Più di un lecca-lecca, più di un giro sulla giostra, più di un sorriso della nonna: sono i Puffi, mamma mia, e sul grande schermo sono proprio enormi.
Il nuovo film d’animazione diretto da Chris Miller ha il coraggio di essere anacronistico in un’epoca di ipervelocità digitale. Certo, ha le sue scene agitate, e quelle surreali, e quelle veloci. Ma alla fine è solo una gigantesca macchina del tempo che ci riporta dritti al 1981-1982, quando i piccoli ometti blu di Peyo (nati nel 1958 come fumetti su Le Journal de Spirou) sbarcarono sulle tv locali prima di approdare su Canale 5. Non si chiamavano né “Puffi” né “Smurfs” (in inglese), bensì “Schtroumpfs” e quella era un’altra epoca, quando la televisione aveva il ritmo del mondo e non viceversa. Allora andava tutto più piano, comprese le storie per bambini che non avevano fretta di strizzare l’occhio agli adulti per giustificare la propria esistenza: l’animazione piena di tempi morti era una feature, non una carenza.
Invece, oggi, ci aspettiamo altro. La critica internazionale ha massacrato il film con un 20% su Rotten Tomatoes, accusandolo di mancanza di originalità e di essere guidato più da esigenze commerciali che creative, ma forse il vero problema è un altro. I Puffi – Il film commette il peccato capitale dell’animazione contemporanea: non essere abbastanza furbo. Non fa l’occhiolino agli adulti, non inserisce battute a doppio senso, non gioca con l’autoironia post-moderna che ha reso la Pixar la regina indiscussa del settore. È genuinamente, ostinatamente infantile, come un disco in vinile in un mondo di streaming.
Perché la verità è che Pixar e i suoi emulatori hanno viziato tutti quanti. Hanno creato la formula perfetta: film d’animazione che intrattengono i bambini in superficie ma che parlano davvero agli adulti, carichi di riferimenti, nostalgia controllata e quella malinconia sofisticata che fa sentire intelligenti. Toy Story, Inside Out, Coco: capolavori che funzionano su più livelli, come una sinfonia dove ogni strumento ha la sua parte. Ma adesso anche quella formula scricchiola, perché il cinismo finisce per stancare e l’ironia, a forza di essere utilizzata, perde il suo mordente.
Il film di Miller invece va controcorrente, con una scelta che appare quasi rivoluzionaria nella sua semplicità. Rifiuta categoricamente di essere più furbo di quello che è, anche quando schiera un cast di voci stellari (in originale) come Rihanna (Puffetta) e John Goodman (Grande Puffo). Le citazioni allo Spider-Verse ci sono, ma sembrano più un omaggio che un tentativo disperato di agganciare i trentenni nostalgici. È come se il regista avesse deciso di rispettare davvero il pubblico di riferimento, quello dei bambini piccoli, senza sentire il bisogno di conquistare anche i loro genitori con stratagemmi narrativi.
Il risultato è un prodotto che ha il sapore delle vecchie nonne: rassicurante ma fuori dal tempo, pieno di buone intenzioni ma tremendamente lento per i ritmi contemporanei. Come quei pomeriggi infiniti davanti alla televisione quando Bim Bum Bam sembrava durare ore e le storie non avevano bisogno di colpi di scena ogni tre minuti per mantenere l’attenzione. Era un mondo in cui la noia non era il nemico numero uno dell’intrattenimento, ma semplicemente il prezzo da pagare per la tranquillità.
Chris Miller ha realizzato un film che è esattamente quello che promette di essere: una storia dei Puffi per bambini, punto. Non cerca di essere un evento cinematografico multigenerazionale, non ambisce a vincere premi per la profondità narrativa, non vuole far riflettere nessuno sulla condizione umana. È onesto nella sua ingenuità, coraggioso nella sua semplicità. E, forse, in un panorama saturo di prodotti che cercano di piacere a tutti finendo per non convincere nessuno, questa scelta merita più rispetto di quanto la critica sia disposta a concedere. Anche se, per un adulto, questo film è di una noia mortale.
Alla fine, se me lo permettete, I Puffi – Il film è come il vinile: oggettivamente superato, inspiegabilmente lento, fastidiosamente noioso, ma tremendamente autentico nel suo essere fuori moda. I bambini piccoli lo adorano perché parla la loro lingua senza tradimenti. Gli adulti si annoiano perché non trovano appigli per sentirsi coinvolti. Ma forse è proprio questo il punto. È un film per bambini e lo sa perfettamente. Non ha paura di deluderli, perché ai bambini piace parecchio. Peccato che a 6 anni non si possa ancora votare su Rotten Tomatoes, altrimenti avrebbe spaccato di brutto.
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