Il ruolo centrale del servizio sanitario nazionale, quello dei comitati territoriali, la riduzione dei tempi. Sono 90 i sub emendamenti presentati ieri al ddl sul fine vita alle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato, che stanno lavorando sul decreto. Oggi si svolgerà una breve seduta mattutina, poi si aspettano i pareri sugli emendamenti dei relatori, che potrebbero arrivare a partire dalla prossima settimana. Difficile fare previsioni riguardo ai tempi di un provvedimento che, avevano promesso i presidenti delle commissioni, poteva arrivare in aula addirittura prima della pausa estiva. Intanto si battaglia sul suo contenuto.
Il ruolo del servizio sanitario pubblico
I sub emendamenti sono stati presentati dalle forze di opposizione (una quarantina dal Pd) e cercano di contrastare gli emendamenti della maggioranza su alcuni punti considerati molto delicati. Il tema probabilmente più forte riguarda il ruolo del servizio sanitario pubblico. Secondo gli esponenti del centrodestra, le Asl non devono avere niente a che fare con la messa in pratica del suicidio assistito. L’opposizione invece chiede che siano loro a fornire il personale, i farmaci e le eventuali attrezzature necessarie per la somministrazione del medicinale. E’ del resto quello che prevedono anche le due uniche leggi regionali approvate fino ad ora, cioè quella della Toscana nel febbraio scorso e quella della Sardegna di recente. Anche altre realtà locali stanno lavorando a testi che partono da una proposta di legge popolare dell’associazione Coscioni.
Comitato nazionale e comitati regionali
Altro tema discusso già dall’estate, quando si è iniziato a parlare del provvedimento è quello del comitato nazionale. Secondo la maggioranza, che di recente ha aggiustato un po’ il tiro, affiancherà quelli locali nella decisione su come rispondere a chi fa istanza per il suicidio assistito. Nei sub emendamenti si chiede invece che abbia un ruolo solo di coordinamento e non di decisione sui casi, che devono essere valutati dai comitati locali. Del resto la sentenza della Corte Costituzionale del 2019 prevedeva proprio il coinvolgimento delle stesse Asl, o al limite delle Regioni. Il timore è che un organismo nazionale, che inizialmente doveva avere membri nominati dal governo, funzioni da filtro e, vista la difficoltà di valutare tutte le singole situazioni locali, tra l’altro allunghi i tempi di risposta.
I tempi e le sofferenze
Altri temi riguardano i tempi di risposta alle istanze dei malati. Quelli proposti dalla maggioranza (fino a 150 giorni) sono giudicati troppo lunghi dalle opposizioni. Per avere un parametro, le Regioni che hanno legiferato hanno dato 30 giorni ai comitati locali per dare una prima indicazione. Altro punto è una nuova condizione inserita negli emendamenti per accedere al suicidio assistito. Oltre a capacità di esprimere le proprie volontà, malattia irreversibile, trattamento di sostegno vitale (anche farmacologico), la Consulta aveva indicato la sofferenza insopportabile. La maggioranza vuole aggiungere che questa sofferenza deve essere incoercibile. Ma questo restringerebbe la possibilità per i malati di chiedere l’applicazione della legge, perché raramente il dolore che non può essere contenuto dai farmaci (ad esempio anestetici). Si cercherà di non far entrare nella legge anche questa novità che ancora una volta renderebbe molto più difficile per chi lo vuole richiedere l’assistenza al suicidio.