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Attualmente, Michele Catasta, presiede Replit, un esempio del boom dell’AI: un’azienda il cui fatturato è cresciuto da 3 a 150 milioni di dollari in un anno, registrando un aumento di 50 volte. Un paio di settimane fa ha concluso un nuovo round di finanziamento da 250 milioni di dollari, con una valutazione dell’azienda a 3 miliardi di dollari.
È il risultato di un lavoro condotto in molti anni di ricerca. È il premio per la sua esplorazione instancabile alla frontiera più promettente dell’intelligenza artificiale. Michele Catasta lavora da sempre con un’idea fondamentale in testa: vuole trovare il modo di far scrivere il software alle macchine, facendo leva sul deep learning.
Ha cominciato come appassionato di open source nella sua terra d’origine, le Marche. Ha iniziato l’università in Italia per concluderla in Irlanda e poi fare un dottorato al politecnico di Losanna e un post doc a Stanford. Sempre con quell’idea in mente: costruire macchine che scrivono software. I suoi paper si facevano notare ed è proprio grazie ai risultati delle sue ricerche che è stato scoperto da Google. E il gigante di Mountain View lo ha voluto prima in una delle start up che incubava e poi direttamente alla casa madre. Del resto, proprio Google aveva creato la tecnologia dei transformer che aveva dato vita all’epopea dell’intelligenza artificiale generativa. E Catasta aveva messo quella tecnologia al servizio della produzione automatizzata di software. Con queste premesse, non stupisce che la sua carriera a Google sia stata folgorante. Ma giusto alla vigilia dell’uscita di ChatGPT, quando ha capito che i tempi erano maturi per uscire dall’ambito della ricerca e creare un prodotto vero e proprio, Catasta ha deciso di raggiungere una comunità di sviluppatori allora dedicata soprattutto all’educazione, Replit appunto, per costruire il prodotto che aveva sempre sognato. Un sistema che consenta a chiunque di scrivere software senza avere studiato da ingegnere informatico, senza possedere computer potenti, ma semplicemente scrivendo i prompt in linguaggio naturale sul browser e facendo fare tutto il lavoro all’intelligenza artificiale. L’ultima versione dell’agente di Replit aiuta a scrivere i programmi, riesce a testare il software e correggere gli errori, può creare a sua volta ulteriori agenti specializzati e piani di lavoro per automatizzare attività complesse e ripetitive.
Catasta sta dimostrando che il suo progetto si può realizzare. I risultati sono sorprendenti e soddisfano un numero crescente di clienti. Ma ammette, con l’obiettività di un vero ricercatore: «Non ci siamo ancora». Il sistema fa errori, non è sempre facile dare gli ordini nel modo migliore, funziona comunque meglio per chi possiede una competenza informatica, non tanto per la scrittura dei programmi, quanto per la definizione più efficace delle richieste. «Un miliardo di persone usa Excel per fare matematica pur non conoscendola appieno. Ma coloro che sono più ferrati nella matematica sanno usare Excel meglio degli altri. E questo più o meno avviene anche nella produzione di software con l’intelligenza artificiale».
Ma l’impatto potenziale di questo sviluppo è incredibilmente importante. E Catasta è un tecnologo talmente evoluto da rendersi conto che il problema dell’impatto socio-economico è strategico. «Alla fine, niente sostituisce il pensiero critico, la definizione degli obiettivi, la qualità dell’interfaccia, l’immaginazione delle funzionalità, la capacità di interagire con gli altri esseri umani e gli agenti elettronici». E la sua conclusione è da tecno-umanista: «Con la produzione di software per mezzo dell’intelligenza artificiale si dovrà fare un salto di astrazione nella progettazione dei prodotti informatici. Pensando prima di tutto a come le persone useranno i programmi e a come le società di modificheranno con la loro introduzione. Ma alla fine è chiaro che la prospettiva di una macchina che consente a tutti di fare software è destinata ad avere un impatto significativo». E questa prospettiva si sta avvicinando.