La Corte ha rigettato, su istanza dalle difese, l’impugnazione della sentenza di primo grado presentata da Diddi. Lungo dibattito sulle modalità e le tempistiche adottate dal promotore per il suo ricorso. Poi due ore di camera di consiglio e infine una ordinanza e una sentenza parziale letta dal presidente, monsignor Arellano che, invocando i principi del giusto processo, ha confermato alcune delle assoluzioni del Tribunale vaticano nel verdetto del 16 dicembre 2023
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Una lunga ordinanza, dopo due ore di camera di consiglio, che dichiara, tra le altre cose, inammissibile l’appello presentato dal promotore di giustizia, Alessandro Diddi. Una sentenza parziale con cui la Corte conferma alcune delle assoluzioni decise in primo grado (oggetto di appello dall’accusa). Un processo che, dunque, si concentrerà solo sui ricorsi delle difese e che proseguirà il prossimo 6 ottobre. Udienza intensa la terza del processo d’appello per la gestione dei fondi della Santa Sede che si è svolta questa mattina, 25 settembre, dalle 9.20 alle 13.35, nella nuova Aula del Tribunale vaticano. Presenti il cardinale Giovanni Angelo Becciu e l’ex funzionario della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi. Assente il promotore Diddi in attesa della decisione della Corte di Cassazione in merito all’istanza di ricusazione dichiarata ammissibile dalla Corte d’appello alla prima udienza di lunedì scorso. Quindi anche oggi la pubblica accusa è stata rappresentata dal promotore aggiunto, Roberto Zannotti.
E sempre la Corte, presieduta da monsignor Alejandro Arellano Cedillo, ha accolto questa mattina la richiesta degli avvocati della difesa in merito alla “inammissibilità” del ricorso presentato dal promotore per questioni di forma, tempistica e sostanza. In poche parole, secondo la ricostruzione delle difese, Diddi aveva depositato non una vera e propria dichiarazione ma solo la sua requisitoria; un atto, dunque, antecedente alla stessa formulazione e alla pronuncia della sentenza. Altro elemento di rilievo, il mancato rispetto dei termini previsti dal Codice di Procedura penale.
Al via questa mattina, nella nuova Aula del Tribunale vaticano, il secondo grado di giudizio sulla gestione dei fondi della Santa Sede. I legali di quattro imputati in primo grado, …
Il dibattimento
I legali avevano richiesto “l’inammissibilità” nella seconda udienza di martedì e Zannotti aveva domandato di poter studiare quanto prodotto dalle difese per redigere in tempi rapidi una memoria. Oggi, dunque, il lungo dibattimento tra le repliche di promotore e quelle dei legali degli imputati. Quindi tra Zannotti che affermava che “l’Ufficio del Promotore di Giustizia ha proposto una impugnazione rituale che ha soddisfatto il momento dichiarativo” e l’avvocato del finanziere Raffaele Mincione, Giandomenico Caiazza, per il quale l’aver presentato come dichiarazione di appello “un atto (la requisitoria, ndr) precedente al concepimento della stessa sentenza impugnata” è da considerare “offensivo della nostra intelligenza”, nonché “una “mancanza di riguardo” nei confronti dei giudici. I quali, ha aggiunto, “accettando questa assurdità”, dovrebbero “impegnarsi in un’opera di deduzione” delle motivazioni dell’appello dell’accusa. “Se si ritiene ammissibile l’impugnazione in questa forma (mai visto nella mia carriera che si possa immaginare l’impugnazione allegando un tale atto) questo varrà per tutti. Anche per i difensori varrà dire: ‘Vi alleghiamo le nostre memorie difensive, prodotte nel giudizio di primo grado. Leggetevele, i motivi sono lì’”. E poi, ha aggiunto l’avvocato Cataldo Intrieri, difensore di Tirabassi, “i motivi di appello” del promotore “arrivati all’ultimo momento, dopo migliaia di pagine delle difese”, non erano “bruscolini: ritiene di riaprire il processo Sloane Avenue!”. Affermazioni dinanzi alle quali il promotore di Giustizia applicato, Gianluca Perone, ha replicato che l’Ufficio da lui rappresentato ha adottato un “percorso logico-argomentativo”: “Una dichiarazione d’appello, una argomentazione del dissenso, una possibilità di integrazione in un secondo termine”.
L’ordinanza
La Corte d’Appello, invece, citando gli articoli 131 e 486 del Codice di Procedura penale, “ha accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal promotore di Giustizia” perché “i motivi (della impugnazione) non possono formularsi in forma generica o astratta ma avere una sia pur minima determinatezza che possa consentire di comprendere il rapporto critico tra le ragioni della decisione e il fondamento razionale delle correlative censure”.
Nella stessa ordinanza è stata rigettata la richiesta di nullità di citazione in appello del broker Gianluigi Torzi e dichiarato “ammissibile” il ricorso presentato dalla difesa della manager Cecilia Marogna. Su tutti e due i casi vi erano state discussioni circa le modalità di trasmissione (via posta elettronica).
Due ore, questa mattina, nella nuova Aula del Tribunale vaticano per l’esame di alcune eccezioni presentate da accusa e difese: la nullità di citazione in giudizio di Torzi, …
La sentenza parziale
Decadendo il ricorso del promotore, la Corte d’Appello vaticana ha quindi confermato alcune delle assoluzioni decise dal Tribunale di primo grado nella sentenza del 16 dicembre 2023. Arellano ha poi dato lettura di una sentenza parziale. Introducendola ha citato il favor rei (le garanzie in favore dell’accusato), rimarcando così il rispetto dei principi del giusto processo.
“La Corte di Appello in nome di Sua Santità Papa Leone XIV visto l’articolo 134 del Codice di Procedura penale dichiara non doversi proseguire azione penale perché divenuta definitiva la sentenza del 16 dicembre 2023 del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano nei confronti dei sopra indicati imputati, limitatamente ai capi di imputazione trascritti”, ha letto monsignor Arellano.
Gli imputati in questione sono il cardinale Giovanni Angelo Becciu, Fabrizio Tirabassi, Reneé Brüllhart e Tommaso Di Ruzza, rispettivamente presidente e direttore dell’AIF (attuale ASIF), e monsignor Mauro Carlino. Sono state confermate le assoluzioni del primo grado o perché “il fatto non sussiste” o perché “non costituisce reato”. Nel caso del cardinale Becciu, ad esempio, si tratta delle assoluzioni dall’abuso d’ufficio e dal peculato nella vicenda che vedeva coinvolto il finanziere Alessandro Noceti.
Come già specificato, la sentenza intermedia non interessa tutte le assoluzioni decise in primo grado, il 16 dicembre 2023, ma solo una parte di esse che diventano in tal modo definitive. La Corte di Appello si concentrerà sugli appelli proposti dalle parti alle condanne che potranno essere confermate o modificate. “Un bel segno, ma c’è un cammino da fare”, ha dichiarato, uscendo dall’aula, il cardinale Becciu.