L’hotel La Fenice lo trovi salendo sui monti della Sila, tra Cosenza e Crotone. Forgitelle, sulla statale 177, è una località di Camigliatello Silano, «la Cortina d’Ampezzo dell’altipiano». Tra un caseificio e un panificio, l’edificio rosso con i muri scrostati, circondato da una selva di pini e l’erbaccia malcurata, lo noti facilmente. Insegna malandata, le 4 stelle d’ordinanza. Dentro è un albergo degli orrori. Già nel 2016 venne chiuso: «Inagibile e pericoloso» era scritto nel decreto prefettizio di sgombero. La struttura, pignorata e trasformata in un Centro di accoglienza straordinario (Cas), era gestita dall’associazione Animed di Cosenza.

La commissione di controllo istituita dalla prefettura di Cosenza, la stessa che aveva scelto Camigliatello come sede per i rifugiati, ne ordinò la chiusura. Furono gli antirazzisti cosentini a denunciare la tragica situazione di malaccoglienza, di violazioni quotidiane dei diritti essenziali dei migranti, parcheggiati come pacchi. Il Cas venne chiuso ma dopo pochi anni riaperto.

VENNE AFFIDATO stavolta alla società Alprex Sas che detiene un’altra struttura a Camigliatello, per minori non accompagnati, in via delle Ville. Il Collettivo AltraMarea ha acceso un faro sul Cas: «Accogliere con dignità non è una scelta, è un obbligo morale» commentano gli attivisti che con una loro ispezione hanno mostrato lo stato della struttura. Nato da poco, il network cosentino nasce proprio dalla volontà di denunciare le condizioni dei migranti all’interno dei centri di accoglienza governativi e dei centri di detenzione. Un albergo dovrebbe essere, per definizione, sinonimo di accoglienza e comfort. Invece, dalle foto e dai video girati dagli ospiti che il manifesto ha potuto consultare, nell’hotel La Fenice si vedono ambienti fatiscenti, materassi lerci, biancheria sporca, docce indecorose, pessima alimentazione. I migranti denunciano «una totale assenza di percorsi di integrazione, assistenza sanitaria inesistente, un stato di abbandono generale».

GLI ATTIVISTI ACCUSANO: «Benché agli ospiti venga fornito il sapone, lavarsi all’interno delle docce del centro è più simile al passaggio in un girone infernale. I piatti doccia sono sporchi e incrostati. Le tende di plastica sono nere. La rubinetteria è assente: l’acqua fluisce direttamente da un tubo che, uscendo dal muro, lascia la parete della doccia striata di calcare e residui ferrosi». E ancora: «Le camere in cui sono alloggiati i 150 ospiti sono umide, le pareti mostrano segni di muffa, l’intonaco è scrostato, la biancheria sporca. I termosifoni, in inverno, funzionano solo un paio d’ore e per le temperature rigidissime degli inverni silani non sono sufficienti a riscaldare, anche parziale, la struttura.

L’alimentazione è pessima». La prefettura, che ha affidato ad Alprex la struttura durante “l’emergenza sbarchi” del 2023, aveva assicurato controlli sullo stato dei luoghi. Assai inquietante è poi il racconto fatto da diversi migranti ospiti del centro: «In più di un’occasione è stata utilizzata una pistola per spaventarci e umiliarci. A chi si lamentava veniva detto “vi togliamo il pocket money”». Contattati dal manifesto, i rappresentanti legali della società hanno preferito non replicare alle accuse. Il business securitario a queste latitudini ha una consolidata tradizione.

NEGLI ULTIMI TRE LUSTRI gli “hotel Africa” hanno trovato sede ad Amantea, Cetraro, Falerna, Gambarie d’Aspromonte, Rogliano. E ora Camigliatello. Gli alberghi della malaccoglienza “straordinaria” di Calabria sono molto remunerativi: 32 euro diurni a migrante. Si tratta, arrotondando per difetto, di circa 3 mila al giorno e 90 mila al mese. E con il decreto Cutro sono stati tagliati i costi fissi per assistenza psicologica e orientamento legale. Sono stati azzerati i corsi di lingua italiana e di orientamento al territorio. Il capitolato per i centri di accoglienza del 2024 ha aumentato i costi complessivi.

MA A CRESCERE sono soltanto quelli per il funzionamento delle strutture, non certo i servizi sociali. Anche grazie alle denunce del manifesto molti di questi hotel sono stati nel tempo chiusi. Nessuno dalla prefettura o dalle autorità competenti ha contattato in questi giorni gli attivisti per saperne di più sull’hotel La Fenice. «Intanto, però, siamo venuti a conoscenza che alcuni degli ospiti sono riusciti a fuggire – precisa Luca Mannarino di AltraMarea -. Si sono ribellati». Tra pochi giorni in Calabria si vota, sarebbe bello se la politica, locale e nazionale, si recasse sui monti della Sila per incontrare i 150 migranti dell’hotel La Fenice. Dimenticati da (quasi) tutti. Nel disinteresse generale.