Il 6° posto di domenica al Grand Prix d’Isbergues, classica del calendario francese, ripropone alla ribalta Luca Mozzato del quale si erano un po’ perse le tracce dopo il Giro d’Italia. Per il ventisettenne di Arzignano non è un’annata facile, certamente diversa da quella dello scorso anno che l’aveva visto protagonista al punto da mettere la sua firma – e in maniera decisa – sulle classiche belghe con la vittoria a Koksijde e soprattutto la piazza d’onore al Giro delle Fiandre.

D’altronde il veneto sa che ci sono annate che vanno un po’ così e il segreto è cercare di prendere tutto il positivo che si può. Anche un piazzamento può avere in questi casi un valore maggiore, soprattutto se, come nel suo caso, è segnale di ripresa. E quel risultato gli consente anche di prendere con filosofia i piccoli ostacoli quotidiani, nell’occasione una giornata di allenamento sotto la pioggia.

Mozzato, qui al Tour Poitou Charentes, sta ritrovando il colpo di pedale. Domenica 6° a Isbergues

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«Si va avanti nonostante tutto – racconta ridendo appena finita la seduta – anche la pioggia. In questa parte di stagione sta andando non alla grandissima, ma almeno qualche soddisfazione in più ce la siamo tolta. Diciamo che in gara mi muovo meglio, anche nel gruppo, ho ritrovato la voglia».

Che cosa era successo, che ti ha portato a vedere le corse in maniera un po’ diversa?

Penso che sia tutto collegato alla condizione, al fatto di stare bene. Finalmente da un paio di mesi a questa parte mi sento meglio anche sulla bici. Perché a inizio anno ho avuto qualche problema e non ho reso come speravo. Mi è pesato molto perché avevo fatto un bellissimo inverno, forse il migliore da quando corro. Ma quando ho cominciato a correre in Belgio sono andato per terra in una delle prime gare dopo l’altura e mi sono fatto male a un ginocchio.

Un infortunio grave?

Non proprio, però me lo sono portato dietro una decina di giorni, e nel momento clou delle classiche per un corridore come me è un ostacolo importante. Ho provato a stringere i denti e vedere cosa si riusciva a fare, ma il dolore al ginocchio è diventata un’infezione. Così la prima parte di stagione è stata completamente da buttare perché non riuscivo a esprimermi come volevo e abbiamo provato comunque a essere presenti nelle corse, ma non riuscivo a rendere e mi buttavo sempre più giù, era diventato un circolo vizioso.

Il corridore di Arzignano ai campionati italiani, vissuti insieme a Giosuè Epis, ma conclusi con un ritiro

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Quando c’è stata l’inversione di tendenza?

Mi sono fermato d’accordo con la squadra e abbiamo analizzato la situazione. Si è deciso di cambiare programmi e andare al Giro. Le cose hanno cominciato a funzionare anche se nella corsa rosa non sono arrivati risultati eccellenti. Ma comunque ero presente. Dopo il campionato italiano abbiamo voltato pagina e in questa seconda parte di stagione mi riconosco un po’ di più.

In questa stagione così difficile, quale reputi sia stata la tua gara migliore fino adesso?

Probabilmente il Giro di Vallonia. Quando sono sceso da Livigno ho visto che la condizione era in crescita, mi sono piazzato un paio di volte, sono tornato ad essere competitivo quasi tutti i giorni. E’ stato importante il secondo giorno, arrivavo da una prima parte di stagione abbastanza difficile, quindi la squadra ha deciso di fare la corsa per degli altri corridori. La punta era Rouland che ha fatto terzo, io ho chiuso comunque quinto e ho capito avrei potuto comunque giocarmi le mie carte. Negli altri giorni di gara sono sempre stato nel vivo della corsa e ho capito che qualcosa era cambiato, che potevo guardare al futuro con più ottimismo. La tappa era stata abbastanza impegnativa e vincere la volata del gruppo è stato quel segno che aspettavo.

Un Giro d’Italia senza squilli il suo, con una sola top 10 a Napoli

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Quando è nato il contatto con la Tudor?

Mi hanno cercato abbastanza presto. A me è sembrato fin da subito un progetto che sembra crescere bene, velocemente e con grandissima attenzione per i prossimi anni. Ci siamo trovati in sintonia e pur avendo quest’annata un po’ storta, loro hanno deciso di darmi fiducia e quindi io spero di poterli ripagare.

Tu sei all’Arkea, una squadra WorldTour mentre la Tudor, almeno ufficialmente è ancora una professional. E’ un passo indietro?

Io direi di no, anzi il contrario. Poi al momento io posso parlare solo per sentito dire o per quello che vedo da fuori, ma sembra che tutta la struttura che gira intorno alla squadra, fra organizzazione, performance, materiali, sia veramente eccezionale e c’è tutto per continuare a crescere.

Le classiche belghe sono state il punto più basso per Mozzato, a causa del problema al ginocchio

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Ti hanno già indicato quali potrebbero essere i tuoi ruoli, le tue fiches da giocare nel team?

No, al momento penso sia ancora presto, si vedrà al primo ritiro, nelle riunioni dove si avranno delle bozze di calendario e un’idea un po’ di come andrà la stagione. L’idea è quella di continuare a fare risultati e non voglio dire nelle corse di seconda fascia. Capiterà di avere sia l’occasione personale che di dover dare una mano.

Sei quindi in chiusura con il tuo team. Dovendo fare un primo consuntivo che cosa provi?

Questi sono stati tre anni che in generale sono stati parecchio soddisfacenti e anche belli da passare. Io sono arrivato in Arkea in maniera un po’ rocambolesca attraverso la chiusura della B&B e per questo posso solo ringraziarli perché mi han dato la possibilità di competere nella massima serie, di fare le più belle corse. Penso di averli ripagati col massimo impegno sempre, ma anche con dei bei risultati.