Strasburgo ha parlato. Il ricorso presentato da Alfredo Cospito contro l’applicazione del regime di 41-bis è stato dichiarato “manifestamente infondato” dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. I giudici hanno ritenuto che le autorità italiane abbiano fornito prove sufficienti per giustificare la misura, anche in relazione al deterioramento delle condizioni di salute del detenuto, causato dallo sciopero della fame da lui stesso intrapreso.
L’anarchico delle bombe che ora rischia di morire in cella come un boss. Ma non ha ucciso nessuno
15 Novembre 2022
Le mobilitazioni civili
Ma la decisione della Cedu arriva dopo mesi di tensioni, dibattiti giuridici e mobilitazioni civili. Cospito, anarchico condannato per reati di matrice terroristica, è stato trasferito al 41-bis nell’aprile 2022. La misura, pensata per isolare i boss mafiosi e impedire loro di mantenere contatti con l’esterno, è stata estesa al suo caso per il rischio di comunicazioni con gruppi anarchici ancora attivi.
Il dibattito sul 41 bis
La sua protesta — uno sciopero della fame durato oltre sei mesi — ha riacceso il dibattito sulla compatibilità del 41 bis con i diritti fondamentali. Giuristi, magistrati e associazioni si sono divisi: da un lato chi ritiene la misura necessaria per la sicurezza pubblica, dall’altro chi denuncia una compressione eccessiva dei diritti individuali, soprattutto in assenza di una rivalutazione concreta della pericolosità del detenuto.
“Il regime speciale non viola la Convenzione europea”
Nel corso del 2023, la Corte di Cassazione aveva già confermato il 41 bis per Cospito, ritenendo legittima la valutazione del Ministero della Giustizia. La Cedu, ora, ribadisce che il regime speciale non viola la Convenzione europea, né sul piano del trattamento inumano né su quello della tutela della salute.
Il segno profondo
Tuttavia, il caso Cospito ha lasciato un segno profondo. Ha sollevato interrogativi sulla proporzionalità delle misure penitenziarie, sulla trasparenza delle proroghe del 41 bis, e sul ruolo della politica nel bilanciare sicurezza e diritti. La decisione di Strasburgo chiude un capitolo giudiziario, ma non spegne il dibattito etico e giuridico.