di
Valentina Rorato
Qualche anno fa si pensava che i DNA fossero malattie «del benessere». Un nuovo studio sfata la convinzione: svantaggio economico e basso livello di istruzione sono legati a un maggior rischio di insorgenza dei disturbi alimentari
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) sono stati etichettati per anni come «malattie del benessere», ovvero di coloro che provengono da contesti abbienti, nelle cui case non manca il cibo di qualità.
Mai pregiudizio si è dimostrato più sbagliato: le persone che vivono situazioni di svantaggio socioeconomico potrebbero essere maggiormente a rischio di sviluppare sintomi di DNA, come diete eccessive, digiuni o abbuffate compulsive.
Lo dimostra uno studio, pubblicato su JAMA Network Open, che ha analizzato i dati dell’Avon Longitudinal Study of Parents and Children (ALSPAC), una ricerca di coorte condotta nel Regno Unito che ha reclutato oltre 14.000 donne in gravidanza tra il 1991 e il 1992. Della coorte originale, 7.824 adolescenti (51,1% maschi) con dati socioeconomici completi sull’esposizione sono stati inclusi nell’analisi finale. La raccolta dei dati ha coperto l’arco temporale dalla gestazione ai 18 anni, con valutazioni degli esiti a 14, 16 e 18 anni.
Lo studio
Da quanto emerso, gli adolescenti provenienti da contesti più svantaggiati hanno maggiori probabilità di soffrire di disturbi alimentari, in particolare se i genitori hanno difficoltà a permettersi i beni di prima necessità. Il rischio di disturbi alimentari aumenta se le mamme e i papà hanno anche un basso livello di istruzione.
All’età di 14 anni, quasi l’8% dei partecipanti riferisce disturbi alimentari, percentuale che sale al 15,9% entro i 16 anni e al 18,9% entro i 18 anni. Un aumento di 1 punto nel punteggio di difficoltà finanziarie riferito dalla madre è associato a maggiori probabilità di DNA, maggiori preoccupazioni per il peso e la forma del corpo e maggiore insoddisfazione corporea. Lo studio ha inoltre rilevato che gli adolescenti i cui genitori hanno completato solo la scuola dell’obbligo hanno l’80% di probabilità in più di sviluppare disturbi alimentari rispetto a quelli i cui genitori hanno frequentato l’università. Gli adolescenti, con genitori con reddito basso, hanno un rischio maggiore 34-35% di quelli nella fascia di reddito più alta.
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Sebbene questa ricerca sia impressionante per dimensioni e risultati, presenta alcuni limiti. Solo circa la metà dei partecipanti (55,9%) ha completato l’intero studio, il che potrebbe aver influenzato i risultati. I ricercatori, inoltre, non hanno misurato se ai giovani fosse stato diagnosticato un disturbo alimentare, ma solo se ne presentassero i sintomi. Quindi, la fotografia scattata potrebbe aver catturato una gamma più ampia di esperienze di disturbi alimentari, che non si sono poi consolidati in vere e proprie malattie.
Intercettare i rischi
Resta un lavoro valido che fa molto riflettere, perché fa luce su una realtà complessa: le persone nate in difficoltà economiche potrebbero avere maggiori probabilità di avere problemi di alimentazione e di immagine corporea durante l’adolescenza e sono quelle che fanno più fatica ad accedere alle terapie.
A questo si aggiunge la consapevolezza che la deprivazione nella prima infanzia esercita un’influenza persistente sulla salute mentale degli adolescenti, che si estende fino al periodo di picco dell’insorgenza dei disturbi alimentari. «Identificare e affrontare le barriere esistenti, che potrebbero impedire ai giovani provenienti da contesti svantaggiati di accedere ai servizi per i disturbi alimentari, dovrebbe essere una priorità di ricerca e politica», scrivono i ricercatori. «Offrire una formazione medica completa potrebbe facilitare l’identificazione di un più ampio spettro di manifestazioni dei disturbi alimentari nell’assistenza primaria, in particolare nelle popolazioni che hanno maggiori probabilità di non essere individuate».
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione possono colpire chiunque, indipendentemente da età e sesso, ma sono in aumento soprattutto tra adolescenti e preadolescenti.
In Italia si contano oltre 3 milioni di persone malate, più del 5% della popolazione nazionale. A soffrire di anoressia o bulimia sono l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi. L’esordio è, per la maggior parte dei giovani, tra gli 11 e i 15 anni, ma sono in aumento i bambini di 8/9 anni che manifestano i primi sintomi.
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26 settembre 2025
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