Dall’8 al 23 febbraio 2017 Andrea Sempio, già ai tempi indagato e poi archiviato per l’omicidio di Chiara Poggi, veniva intercettato a bordo della sua auto. La cimice piazzata sulla Suzuki ha captato conversazioni spicciole, scampoli di vita quotidiana, tragitti con musica jazz in sottofondo, dialoghi con il padre. Ma è sulle frasi non prese in considerazione o addirittura non trascritte «in alcuni passaggi» e sui «rapporti opachi» tra Sempio e due ex carabinieri della polizia giudiziaria in forze all’ufficio dell’allora procuratore aggiunto di Pavia che si concentra l’inchiesta dei pm bresciani. Partendo da una frase intercettata, e non trascritta, nella quale emerge la necessità – dice il padre di Sempio – di «pagare quei signori lì». Di chi si tratta? Da questo dubbio spunta il sospetto dei pm che la corruzione possa coinvolgere anche altri, benché per ora non ci sono altri indagati.
I CONTATTI
Nei capi d’accusa nei confronti dell’ex procuratore si parla solo dell’ex maresciallo Giuseppe Spoto e l’ex luogotenente Silvio Sapone (nessuno di loro è indagato), la cui «annotazione d’indagine» del 7 marzo 2017, poco prima della richiesta di archiviazione, si concludeva «con formula “tranchant” circa la completa assenza di elementi a supporto delle ipotesi accusatorie a carico di Andrea Sempio», rimarca il decreto di perquisizione. E sempre i pm bresciani, oltre agli elementi già emersi sulla presunta gestione anomala dell’inchiesta e sull’ipotizzato prezzo della corruzione, mettono in rilievo i rapporti ritenuti poco chiari tra Sempio, Spoto e Sapone. I nomi dei due ex carabinieri sono stati inseriti nella lista delle nove persone perquisite ieri. Il sospetto dei pm è che Sempio e i suoi genitori fossero al corrente dell’indagine in corso prima che il giovane, frequentatore della villetta di via Pascoli e amico di Marco Poggi, fosse formalmente indagato. E che agli interrogatori si sia presentato già al corrente, e quindi preparato, in merito alle domande che gli sarebbero state poste. Qui si innestano i rapporti tra Sempio e i due carabinieri in merito ai quali gli inquirenti stanno svolgendo approfondimenti. Diciottenne ai tempi dell’omicidio di Chiara Poggi, nel 2017 l’indagato e i suoi familiari – specifica il decreto – avrebbe «intrattenuto» con i due investigatori dell’epoca «poco prima» delle audizioni in Procura «dei contatti non relazionati», in particolare con Sapone, o di «durata incongrua», nello specifico con Spoto. E sempre i pm bresciani mettono in rilievo le relazioni definite opache. Quando a Sempio, otto anni fa, venne notificato l’invito a comparire per l’interrogatorio, il maresciallo Spoto «si tratteneva» presso l’indagato «per un tempo assai esteso, incompatibile con la mera esecuzione dell’attività notificatoria». Avrebbe raggiunto Sempio «alle ore 16.35» ed effettuava la notifica più di un’ora dopo, alle «17.45». Ritenuta ambigua dai pm anche «la durata dell’interrogatorio», questa al contrario ritenuta troppo breve. Stando alle indagini, inoltre, Sapone avrebbe intessuto «rapporti di particolare confidenza e correlazione con l’indagato Venditti», ai tempi procuratore aggiunto. E avrebbe avuto «un contatto con Sempio Andrea in data antecedente», rispetto alla notifica, «pur non risultando una ragione investigativa correlata a tale necessità». Si tratta di rapporti tra investigatori e indagato che i pm ritengono quantomeno irrituali e necessari di approfondimenti.
LA TESTIMONIANZA
Ieri l’ex maresciallo Spoto è stato convocato dalla guardia di finanza di Pavia, che lo ha ascoltato su delega della Procura di Brescia. «Non sono preoccupato», ha affermato uscendo dalla caserma. Come precisa il suo legale, l’avvocato Marcella Laneri, «era una raccolta di sommarie informazioni testimoniali, è iniziata e finita come tale. Ha risposto alle domande in quanto testimone». La prima archiviazione nei confronti di Sempio, sulle cui modalità stanno indagando i pm bresciani, porta la data del 28 marzo 2017 e la firma del gip Fabio Lambertucci. Lo scorso maggio, con una nota del suo legale, Venditti ha difeso il proprio operato, ribadendo che la richiesta di scagionare l’amico di Marco Poggi si basava sulla valutazione di «inservibilità» e «infruttuosità» delle prove scientifiche, inclusa la controversa «impronta 33». Nel 2020 la seconda archiviazione, quella del fascicolo aperto sulla base dell’informativa del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano. Venditti la chiese e la ottenne nel giro di ventuno giorni.
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