I due allenatori forgiati dai campionati giovanili, resi resilienti da un passato difficile, planati in Serie A nelle squadre della vita e una carriera da difensori vissuta su pianeti diversi e distanti


Francesco Pietrella

Giornalista

26 settembre 2025 (modifica alle 21:08) – MILANO

Il filo che lega Fabio Pisacane e Cristian Chivu è più spesso di quanto si creda. I punti in comune sono diversi: forgiati dai campionati giovanili, resi resilienti da un passato difficile, planati in Serie A nelle squadre della vita e una carriera da difensori vissuta su pianeti diversi e distanti, come Urano e Mercurio. Pisacane ha strappato un biglietto per la prima classe del calcio italiano a trent’anni e dopo una vita di gavetta vera, mentre Chivu a 21 anni era già il capitano dell’Ajax. Nel 2010 ha vinto il Triplete in nerazzurro dopo aver giocato una semifinale da ala. Sabato si ritroveranno in Cagliari-Inter dopo essersi sfidati in Primavera, annata 2023-24, stessa gara. Risultati: 1-1 all’andata, 3-0 per Chivu al ritorno. 

I DUE PRECEDENTI—  

Il primo confronto a settembre, rimasugli d’estate: in Sardegna finì 1-1 con gol di capitan Michele Carboni, oggi alla Torres in C, e Luca Di Maggio, centrocampista del Padova. Tra le fila dell’Inter c’erano Akinsanmiro, Stankovic junior, Berenbruch, Cocchi, Stante, Calligaris. Oggi quasi tutti giocano nell’Inter Under 23. La punta del Cagliari era Mutandwa. Al ritorno, invece, Chivu rifilò tre schiaffi con Owusu, Berenbruch e Sarr. Quell’anno chiuse il campionato al primo posto e uscì alle semifinali contro il Sassuolo, poi vittorioso contro la Roma. Il Cagliari non riuscì a centrare i playoff. 

LA STORIA DI PISACANE—  

Sabato sarà un’altra storia. Anche se alla fine la vita li ha resi più vicini. Pisacane ha rischiato di rimanere paralizzato e di non giocare più. Partito dai Quartieri spagnoli di Napoli, a 14 anni era nelle giovanili del Genoa insieme a Mimmo Criscito. Un giorno chiamò a casa con fare sofferente: “Sono stanco, non riesco neanche a muovermi”. Papà Andrea pensò ciò che avrebbe pensato più o meno chiunque in quel momento: acido lattico, fastidi da preparazione tosta, la classica frase di un ragazzo tornato “imballato” dagli allenamenti. Nessuno aveva capito: era la sindrome di Guillain-Barré, una malattia dove il sistema immunitario attacca il sistema nervoso provocando paralisi temporanee e abbattendo il tono muscolare. “Tutti i miei sforzi erano indirizzati a combattere per un bene più prezioso: la vita”. Fabio va in coma venti giorni, resta tre mesi in ospedale e rischia di non camminare più, ma nonostante tutto torna a giocare, rialza la testa e debutta in B a 19 anni. A ventinove ha esordito in Serie A. Nel 2016 il Guardian l’ha premiato come “atleta dell’anno” per via della sua storia “di grande ispirazione”. L’anno scorso ha vinto la Coppa Italia Primavera col Cagliari da allenatore. Una seconda vita. 

IL CASCO DI CHIVU—  

La storia di Chivu è più nota. Il 6 gennaio 2010, a seguito di uno scontro con Sergio Pellissier durante Chievo-Inter, riportò una frattura cranica. “Ho rischiato di non riuscire più a parlare e muovere la parte sinistra del mio corpo”, ha raccontato. “Temevo di non riuscire più a parlare con mia figlia”. Cristian tornò in campo il 24 marzo contro il Livorno, ma non da solo: da lì in poi sarà sempre accompagnato da un caschetto protettivo. “Indossarlo mi dava calma e serenità. Anzi, ad un certo punto l’ho anche tolto. E l’ho buttato dentro alla Champions vinta nel 2010. Assieme al caschetto, in quel trofeo, ci ho messo tutto: le paure, le incertezze, i sacrifici che avevo affrontato”. Pisacane sa cosa vuol dire.