Quest’estate deve essere successo qualcosa di miracoloso. Tornati dalle vacanze sono tutte (e tutti) più magri. Incontri persone che non vedevi da mesi e non le riconosci e quando domandi: «Ma come stai bene? Che hai fatto?», accampano le stesse giustificazioni: «Ho mangiato meglio», «merito del pilates». Per poi scoprire in realtà (perché c’è sempre qualche maligno che spiffera tutto) che ormai tutti si affidano – spesso in maniera sconsiderata – alle punture della magrezza.

Ormai se ne sente parlare da anni. Prima c’erano i farmaci a base di semaglutìde, nati per combatte il diabete di tipo 2, poi quelli specifici per l’obesità, fatto sta che tutti – anche i più magri – ne fanno uso. Tanto che anche tra le signore e i signori già in formissima di Roma nord è diventata una moda a cui è sempre più difficile rinunciare. Uomini e donne, indistintamente, (qualcuno li chiama i “mounjarati”, dal nome del medicinale) si affidano a questo farmaco che si inietta sottocute. E lo fanno anche solo per perdere due, tre chiletti. Al ristorante li becchi subito, sono quelli che ordinano mezze porzioni «perché non ho fame», tutti con la stessa «faccia scavata da semaglutìde». Ma c’è anche chi per fortuna è ancora scettico e ascolta le indicazioni dei medici: «Il farmaco va assunto in caso di obesità e non per smaltire la pancetta». Capito?
 


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