La prima richiesta di suicidio assistito arrivata all’Asl To4 ha riaperto inevitabilmente il dibattito politico sul fine vita.
Fine vita, si riapre il dibattito sulla legge regionale
E sull’assenza di normative chiare a livello regionale. Un tema che, nei giorni scorsi, è stato oggetto di scontro in Consiglio regionale tra Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra. «Stiamo procedendo alla elaborazione delle linee di indirizzo regionali in materia di fine vita per le aziende sanitarie alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale», ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, provando a disinnescare le polemiche.
L’impegno della città
Sono diverse le iniziative portate avanti anche su Settimo per promuovere una legge nazionale sul fine vita. In particolare, le principali azioni sono partite dalla cellula torinese dell’associazione Luca Coscioni di cui fa parte la consigliera settimese del Pd, Angela Schifino. Una mobilitazione che solo a luglio aveva visto il nostro territorio partecipare attivamente alla raccolta firme per sottoscrivere la legge di iniziativa popolare sul fine vita. Ed è proprio Schifino a sottolineare l’urgenza di avere una normativa chiara a livello piemontese. «Anche la Sardegna si è dotata di una legge regionale sul fine vita: è stata approvata la proposta “Liberi Subito”, la stessa legge (bocciata in Piemonte) che in Toscana ha consentito a Daniele Pieroni di veder riconosciuta la propria volontà, il proprio diritto ad una morte dignitosa, in tempi ragionevoli. L’iter è stato rispettato, la volontà di Daniele è stata riconosciuta, a dimostrazione del fatto che la legge può funzionare. Richieste di aiuto arrivano continuamente da tutta Italia, compreso il nostro territorio; per questo urge una legge nazionale», ribadisce Schifino, sottolineando che «troppe persone sono costrette a porre fine alle loro sofferenze in solitudine, senza tutele, senza umanità». E anche la discussione portata avanti in Parlamento per la consigliera sarebbe «peggiorativa rispetto ai diritti conquistati». «La proposta della maggioranza di Governo infatti prevede l’enfatica affermazione del carattere inviolabile e indisponibile del diritto alla vita e, per contro, il mancato riferimento all’autodeterminazione terapeutica; l’estromissione del Servizio Sanitario Nazionale; la necessità che la richiesta di suicidio provenga da una persona inserita nel percorso di cure palliative e tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali; il ruolo del Comitato nazionale di valutazione. Il Servizio Sanitario Nazionale, quindi, non avrebbe alcun ruolo: persino il diritto ad una morte dignitosa rischierebbe di essere prerogativa solo dei ceti più abbienti e addirittura, di essere privatizzata – analizza -. Ovviamente reputo questo punto inaccettabile, così come l’imposizione delle cure palliative, le modalità di scelta del comitato etico o l’ esclusione di chi non dipende da un macchinario, come se l’autodeterminazione di una persona dipendesse da una macchina. La legge sul fine vita proposta dalla maggioranza nega la libertà di scelta e dimentica di mettere al centro la volontà di chi si trova in una situazione di sofferenza. Proposte come queste limiterebbero ulteriormente la libertà dei cittadini. Serve una legge che metta al centro il rispetto per la vita, anche quando la vita finisce».