Ci sono i volti e i nomi di Brenda del Castillo, Morena Verdi e Lara Gutiérrez sui cartelli delle migliaia di persone che sabato hanno manifestato a Buenos Aires per chiedere giustizia per il loro femminicidio. La marcia, che ha attraversato le strade della capitale e di altre città dell’Argentina, è stata indetta dai movimenti femministi per esigere verità e giustizia per le tre ragazze vittime di un delitto che sta scuotendo il Paese. “Siamo qui per loro e per ogni donna che non c’è più. Continuiamo a scendere in strada contro la violenza di genere, siamo una marea”, dice al Fatto Carla Martinez da plaza de Mayo, da dove il corteo è partito per raggiungere plaza del Congreso, dove hanno sede la Camera dei deputati e il Senato. “La rabbia che proviamo diventa organizzazione. Non smettiamo di essere unite e di mobilitarci”.





Brenda del Castillo e Morena Verdi, cugine di vent’anni, e Lara Gutiérrez, una loro amica 15enne, erano uscite di casa venerdì 19 settembre nella cittadina dove abitavano, Ciudad Evita, in provincia di Buenos Aires. Erano salite a bordo di un furgone dirette a una festa privata, dietro la promessa di ricevere un compenso pari a trecento dollari per la loro partecipazione all’evento. Da sabato 20 settembre i loro cellulari avevano smesso di essere raggiungibili, ma l’ultima segnalazione aveva permesso alla polizia di seguirne le tracce. Cinque giorni dopo la sparizione, i corpi erano stati ritrovati in sacchi di plastica seppelliti nel giardino di una casa a Florencio Varela, circa 25 chilometri a sud della capitale. L’autopsia ha rivelato che le tre ragazze erano state torturate, mutilate e uccise con estrema brutalità e crudeltà. Le sevizie erano state trasmesse in diretta su un gruppo privato su Instagram, al quale erano collegati decine di utenti. Secondo le indagini in corso, si tratta di un delitto avvenuto nel contesto del narcotraffico. L’ipotesi principale è che le ragazze abbiano rubato cocaina a un narcotrafficante identificato in Tony Janzen Valverde Victoriano, 20enne di origine peruviana. Noto come “Pequeño J” e considerato l’ideatore degli omicidi, è al momento latitante: contro di lui è stato emesso un mandato di cattura internazionale. Sono state invece arrestate cinque persone, tre uomini e due donne, ritenuti gli autori materiali del delitto: secondo quanto ricostruito, hanno ripulito la scena del crimine usando della candeggina.

Anche se l’Argentina non è abituata a crimini di tale efferatezza – che invece si verificano spesso in altri Paesi dell’America Latina – l’uccisione delle tre ragazze si inserisce in un contesto già noto e documentato dalle statistiche. Secondo l’Osservatorio Mumalà, che compila e pubblica dati aggiornati, tra il 2020 e il 2025 sono stati registrati 196 femminicidi legati al narcotraffico. In questi casi, sottolineano i movimenti femministi, la violenza contro le donne assume un ulteriore significato: il corpo delle donne è sia un bersaglio sia un bottino che le bande criminali utilizzano per dimostrare il proprio potere. Diventa un mezzo per dissuadere, una moneta di scambio tra dispute, è ridotto a un oggetto di cui si arriva anche a spettacolarizzare la morte. “Ci uccidono ogni giorno. La nostra voce è un grido collettivo”, commenta Cristina Lovaiza Estrada, psicologa. “Quando è uscita la notizia dell’assassinio di Brenda, Morena e Lara, alcuni giornali hanno iniziato a esprimere giudizi sulle loro vite e sulle loro scelte. Hanno detto che si prostituivano, che “se la sono cercata“, che le madri non le hanno protette abbastanza. Non erano più vittime, erano colpevoli”, spiega. “Queste morti non possono essere scollegate dalla condizione di disuguaglianza e marginalità da cui le tre ragazze provenivano, in un contesto in cui le istituzioni non ci sono. Le loro morti sono una responsabilità dello Stato“, conclude.

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Le organizzazioni che lavorano nei quartieri vulnerabili hanno più volte messo in allarme sul peggioramento delle condizioni di vita nelle cosiddette villas miserias, le baraccopoli intorno alle grandi città. La povertà e la mancanza di politiche sociali, fortemente depotenziate dal governo di Javier Milei, costringono a strategie di sopravvivenza che espongono le donne a maggiori rischi e violenze. Il vuoto lasciato dallo Stato – hanno denunciato le realtà cattoliche attive nelle baraccopoli – sta creando terreno fertile per l’espansione e il rafforzamento del narcotraffico. Una dinamica che si inserisce all’interno di un contest, in cui i programmi statali contro la violenza sulle donne sono stati profondamente depotenziati dal governo ultraliberista di Milei: nel 2025, ad esempio, il Piano nazionale di azione contro la violenza di genere non è stato implementato per la prima volta dalla sua istituzione nel 2017. Non è stato rinnovato nemmeno il Programma Acompañar, “accompagnare”, che aveva l’obiettivo di offrire un supporto economico temporaneo e un accompagnamento psicologico alle vittime di violenza di genere, mentre la “Linea 144”, servizio telefonico gratuito di assistenza, orientamento e supporto alle donne e persone Lgbt+, non ha ricevuto un budget per il 2025 e ha perso oltre il 40% del suo personale. “Manifestiamo per avere politiche pubbliche di prevenzione della violenza di genere”, commenta Marcela Rajoy dal corteo di Buenos Aires. “Per Lara, Brenda, Morena. Per tutte le donne che non hanno più voce”.