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Per secoli la salute delle persone è stata affidata alla sapienza del medico, alla sua conoscenza della medicina ma anche del malato grazie al suo intuito e saggio buonsenso. Il progresso scientifico e la tecnologia sono stati di grandissimo aiuto soprattutto negli ultimi decenni ed hanno permesso, nella cura, traguardi inimmaginabili fino a qualche anno fa. Insieme alle grandi conquiste, la Medicina moderna che viviamo oggi ha condotto ad una sempre maggiore specializzazione delle competenze e, con essa, anche ad una crescente frammentazione della cura vissuta spesso dai malati come un percorso ad ostacoli, pensando alle lunghe liste di attesa per semplici esami diagnostici o difficoltà nel ricovero in ospedale.

E dunque, nel nostro Paese viviamo un’epoca dove l’invecchiamento progressivo della popolazione e l’aumento dei flussi migratori creano crescenti bisogni sanitari che minano la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Non a caso, le difficoltà di accesso alle cure soprattutto nelle periferie e al di fuori dei centri urbani, la mancanza di un vero riferimento nei diversi momenti della cura (esami diagnostici, terapie e ricoveri…) creano tensione e insofferenza crescente nei malati e nelle loro famiglie. Al malessere dei malati si aggiunge quello del personale sanitario, medici ed infermieri, chiamati a sostenere ritmi di lavoro stressanti o addirittura insostenibili. Contemporaneamente, e non è una contraddizione, è proprio il Servizio sanitario nazionale che regge grazie alla passione e allo spirito di sacrificio di chi ci lavora e ci tiene a mantenere un modello di assistenza pubblico, pressoché unico al mondo, basato sui principi di Universalità (Salute per tutti), Equità (Uguale accesso per uguali bisogni) e Gratuità (Salute bene universale non vendibile).

Ma, di fronte ai grandi cambiamenti intervenuti in poco meno di 50 anni, tale modello non è più sostenibile senza una profonda rivisitazione di se stesso. Non parlo di riforma perché di solito le riforme vengono associate a quelle istituzionali, oppure suscitano forti diffidenze in virtù del retro-pensiero che qualcuno ci rimetta: qui si tratta di andare alla radice, di capire perché il modello attuale di cura, fondato sulla successione di singole prestazioni, non sia più sostenibile economicamente lasciando, ormai, fuori alcuni milioni di persone che rinunciano a curarsi (problema potenzialmente esplosivo dalle conseguenze sociali non prevedibili). Il ricorso alla sanità a pagamento aggrava il divario tra chi può garantirsi la salute e chi no in un circolo vizioso che non sembra arrestarsi nemmeno dopo i recenti aumenti del finanziamento pubblico e le misure in favore delle politiche sanitarie.

Insieme a tantissimi colleghi stiamo lavorando per proporre una soluzione che intervenga sulla causa della crisi sanitaria e non solo sulle conseguenze; cambiare il paradigma della cura non più centrata sulle prestazioni ma sull’intero problema di salute rappresenta non una semplice evoluzione ma una vera e propria rivoluzione in Sanità. Tutto questo porta con se non solo nuovi modelli organizzativi integrati nelle cure mediche, ma anche un approccio che prende in cura la persona malata in tutti i suoi disagi, non solo causati dalla malattia ma anche quelli di natura psicologica, emotiva e relazionale senza dimenticare la sua famiglia.

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Come è noto, la legge di bilancio 2024 con i decreti attuativi in via di approvazione, ha dato la possibilità alle regioni di sperimentare nuovi modelli organizzativi basati sul nuovo paradigma di cura centrato sulla persona malata e, contemporaneamente, il ministero della Salute ha attivato un Tavolo Tecnico su queste tematiche. E in questo contesto che si inserisce il progetto C.U.O.R.E. (Cardiovascular Unique Offer Reingeenered) che la Fondazione Policlinico Gemelli, insieme all’Istituto Toniolo e l’Università Cattolica realizza in collaborazione con la Fondazione Roma, da sempre all’origine di opere uniche nel contesto socio-sanitario. C.U.O.R.E. rappresenta un progetto innovativo nella struttura e nella funzione che vuole trasformare la cura per le malattie cardiovascolari, non solo grazie a tecnologie di ultima generazione e strutture all’avanguardia, ma soprattutto attraverso un modello organizzativo completamente nuovo, centrato sul malato e in continuità con il territorio. L’obiettivo è superare il sistema tradizionale che frammenta i percorsi di cura, per offrire invece un’esperienza integrata, personalizzata, efficiente ed efficace.