«Era devota al suo lavoro, al sacrificio. Sì, la sua era una missione». A Dorgali — un paesino in provincia di Nuoro, abitato da poco meno di novemila anime — il vuoto lasciato da Maddalena Carta, medico di medicina generale, è incolmabile. La 38enne è deceduta dopo essere stata stroncata da un malore improvviso. Improvviso, certo… ma non casuale. La sua morte, infatti, secondo il fratello è il risultato di un sistema che chiede troppo e restituisce troppo poco.





«Era troppo stressata, rientrava alle 2 di notte»

«Ha vissuto i suoi 38 anni al massimo, sempre al servizio degli altri e quasi mai di se stessa», ricorda con  voce spezzata il fratello Gianmaria, 33 anni. «Adorava il suo lavoro, quel camice bianco che aveva sempre sognato da bambina, ma sosteneva dei ritmi infernali. Aveva 1800 pazienti, a volte rientrava a casa pure alle 2 di notte. Era troppo stressata. Restavo spesso sveglio ad aspettarla», racconta a La Stampa. 





Il crollo

Il calvario inizia lunedì pomeriggio, con un po’ di nausea placata da un Plasil. Martedì mattina, seppur ancora provata, decide di procedere con le visite domiciliari. «Le ho pure detto: “Non andare in ambulatorio, riposati”. Lei non mi ha ascoltato, mi ha risposto che doveva andare perché c’era bisogno».

Un bisogno, in effetti, reale: in servizio, in quei giorni, ci sono solo due medici. Maddalena, di fronte all’assenza di personale e armata di un forte senso del dovere, continua dunque a visitare i suoi pazienti… fino al crollo.

«La situazione è subito precipitata. Abbiamo chiamato l’ambulanza, quindi la corsa e l’arrivo all’ospedale di Nuoro. Maddalena stava sempre peggio, ha avuto un arresto cardiaco. Ecco perché intorno alle 5 di mattina è arrivato l’elicottero per il trasferimento d’urgenza all’ospedale Brotzu di Cagliari. Il suo cuore ha smesso di battere altre due volte durante il volo». Poi, giovedì, si è fermato per sempre.





«È giusto parlare di “morte sul lavoro”»

Molti gli interrogativi: «Non sappiamo con esattezza le cause della morte. Gli organi erano quasi tutti compromessi: fegato, polmoni, cuore. E sebbene mia sorella fosse favorevole alla donazione degli organi, non abbiamo potuto donare niente. Un paradosso», dichiara Gianmaria. 


La Federazione nazionale dei medici ha parlato di “morte sul lavoro” e Gianmaria concorda: «Assolutamente sì. Ritengo disumano far seguire 1800 persone a un solo medico. Sono troppi pure mille pazienti. Maddalena non aveva certo il mio fisico, era una ragazza fragile. Spesso aveva problemi di stomaco, il ferro basso. Tutto questo stress su un corpo come il suo ha generato una enorme “botta”».


Maddalena: un’istancabile lavoratrice, un medico devoto ma anche una donna solare con «un sorriso contagioso e una bella parola per tutti».




Ultimo aggiornamento: domenica 28 settembre 2025, 18:17





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