Compilando un referto, la dottoressa scrive nel documento “paziente omosex” e lui denuncia l’accaduto sfogandosi sui social e definendosi “umiliato e discriminato”. A raccontare la vicenda, avvenuta all’ospedale di Pescara, è lo stesso protagonista, Enzo Speranzini Anelli, 61enne pescarese.

L’uomo, sui social, sottolinea che “per avere tre settimane di day hospital” nel referto è stato specificato l’orientamento sessuale. Io non ho nulla da nascondere”, scrive il 61enne, chiedendosi però se agli altri pazienti venga “specificato eterosessuale”.

Il 61enne sottolinea anche l’atteggiamento “distaccato” della dottoressa e aggiunge che, alla consegna del referto, lui e il marito sono rimasti “basiti”.

“Pensate se quello che è accaduto a me – aggiunge – fosse successo ad ragazzo giovane, dai 18 anni in sù, che si recava per un qualsiasi problema nel reparto e si fosse trovato davanti una dottoressa del genere…”.

Aggiornamento – In una nota la Asl di Pescara fornisce chiarimenti sull’accaduto. In particolare, l’azienda precisa che “non vi è stata alcuna violazione della privacy del paziente. La dicitura contestata – si legge – compare esclusivamente nel referto di prima visita ambulatoriale, documento strettamente personale consegnato unicamente all’interessato, come sarebbe ugualmente accaduto in caso di paziente eterosessuale, senza alcuna distinzione. Tale annotazione non è presente né negli atti di accettazione né nella documentazione interna di ricovero in day hospital, utilizzata per l’accesso alle cure e per la comunicazione tra reparti”.

La decisione di riportare l’informazione “è stata assunta dalla dottoressa a seguito di esplicito consenso fornito dall’interessato, a favore di possibili ulteriori supporti preventivi per il paziente stesso ed il suo compagno. Si tratta infatti – viene spiegato – di un dato anamnestico con rilievo in termini epidemiologici, in particolare per il corretto inquadramento del rischio di trasmissione di patologie sessualmente trasmesse e per la valutazione di eventuali profilassi, come la PrEP (profilassi pre-esposizione)”.

A tal proposito la Asl ribadisce che “il consenso a tale notazione, alla presenza di testimoni, è stato esplicitamente richiesto e ottenuto e che le persone presenti possono confermare le circostanze dei fatti”.

“Non vi è dunque alcuno stigma, nessuna dispersione di dati, nessuna violazione della privacy, perché nessun dato sensibile è stato consegnato ad alcuno se non all’interessato dopo aver fornito specifico consenso verbale. Nessuna informazione sull’orientamento sessuale accompagna il paziente negli atti clinici e amministrativi relativi al suo futuro percorso di cura – va avanti l’azienda – La Asl di Pescara respinge con fermezza ogni ipotesi di discriminazione o di violazione della privacy”.

“L’unico obiettivo dei nostri operatori – dichiara Giustino Parruti, direttore della Uoc Malattie Infettive – è garantire percorsi di diagnosi e cura accurati, tempestivi e rispettosi della persona. Parlare di violazione della privacy o di discriminazione è del tutto improprio: il documento in questione resta strettamente riservato e non ha alcuna ricaduta sugli atti clinici successivi. Pieno supporto alla collega, che ha garantito un assoluto rispetto della privacy e una connessione al percorso di cura opportuno in tempi record”.