Scioccante decisione sul trattamento terapeutico ABA per un bambino affetto da autismo: le concrete modalità di erogazione del trattamento non sono passate attraverso la dovuta elaborazione di un progetto terapeutico/piano di assistenza individualizzato, alla cui adozione l’Amministrazione competente (AST di Ascoli Piceno) è stata da ultimo condannata (Consiglio di Stato, sez. III, Sentenza 8 settembre 2025, n. 7234).
La vicenda
I genitori del minore, affetto da un disturbo dello spettro autistico di livello 3, hanno adito il TAR per le Marche lamentando l’omessa erogazione, da parte dell’ASL, del trattamento terapeutico ABA (Applied Behavior Analysis), necessario alle esigenze di salute del minore.
Nello specifico, i ricorrenti hanno impugnato l’“omissione provvedimentale”, a valere “quale negazione implicita” del trattamento sanitario intensivo ABA, prescritto dagli Ospedali Riuniti Marche Nord/ Centro Regionale per l’Autismo, a partire dall’anno 2018 in favore del minore ed il silenzio inadempimento dell’AST di Ascoli Piceno sull’istanza formulata in data 30.12.2023, finalizzata ad ottenere l’erogazione del trattamento.
Quindi viene chiesto al TAR di accertare e dichiarare il diritto del minore a ricevere l’erogazione del trattamento cognitivo comportamentale ABA in regime domiciliare e nei contesti di vita per almeno 15 ore settimanali, oltre alla supervisione ed al parent training sino al compimento del 12 anno di età, e di condannare le Amministrazioni resistenti all’erogazione dello stesso, nonché al rimborso delle spese sostenute per assicurare al minore le necessarie terapie sin dal 2018, o, in via subordinata, di quelle sostenute a seguito dell’istanza del 30.01.2024 ed al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale cagionato dall’Amministrazione a seguito del silenzio serbato sulla istanza del 30.12.2023 e della mancata erogazione del trattamento sin dall’anno 2018.
Il diritto del minore autistico a ricevere la terapia ABA
Il TAR Marche accoglie la domanda per quanto attiene al diritto del minore di ricevere la terapia ABA e gli incontri di supervisione periodici e di parent training da parte del servizio sanitario pubblico, mediante erogazione diretta ovvero indiretta. Conseguentemente, viene condannata l’ASL territorialmente competente, in collaborazione con la famiglia e avvalendosi delle indicazioni dettagliate che verranno fornite dal Centro Regionale Autismo di Fano (oggi AST di Pesaro Urbino), ad elaborare un Progetto Terapeutico/Piano di Assistenza Individualizzato.
Il TAR ha inoltre parzialmente accolto la richiesta di rimborso delle spese sostenute dai ricorrenti dopo la data del 30 dicembre 2023, quantificandole nei limiti di quelle certificate e documentate per terapie ABA fino a un massimo di 15 ore settimanali, supervisioni periodiche e parent training, dal mese di febbraio 2024 e sino all’attivazione del percorso riabilitativo da parte dell’AST a seguito dell’ordinanza cautelare n. 122/2024, a cui l’Amministrazione aveva dato esecuzione tempestivamente. Infine, il TAR ha negato il risarcimento del danno non patrimoniale invocato dalle parti ricorrenti, in quanto non provato.
I genitori impugnano la decisione del TAR
I genitori del bambino impugnano la decisione deducendo:
- che l’AST avrebbe dovuto riconoscere il trattamento fin dal 2018, epoca in cui fu diagnosticato il disturbo, e da allora erogarlo costantemente sulla base delle conferme di diagnosi pervenute nel 2019 e nel 2021.
- Che dalla relazione dell’AST di Ascoli Piceno del 14 maggio 2024 era emersa la prova della conoscenza, da parte dell’Amministrazione, della necessità di sottoporre a trattamento il minore fin dall’anno 2018, ma che tale trattamento era stato illegittimamente negato perché ritenuto non rientrante tra i trattamenti a carico del SSR.
- Che l’opportunità e la misura del trattamento ABA necessario alla cura del minore possono prescindere dalle valutazioni dell’Amministrazione, quando, come nel caso di specie, l’indicazione del trattamento proviene da strutture pubbliche abilitate.
- Che i rimborsi sarebbero spettati anche in epoca precedente alla diffida del 30 dicembre 2023.
- Che il danno non patrimoniale sarebbe stato adeguatamente provato.
L’appello viene tuttavia respinto perché non è fondato
La patologia da cui è affetto il bambino è stata espressamente diagnosticata in data 07.01.2020 dall’Azienda Ospedaliera ospedali Riuniti Marche Nord, a seguito di due precedenti diagnosi di sospetto autismo (in data 18.09.2018 presso il Centro Autismo Regionale di Fano ed in data 24.01.2019 presso il Centro Regionale Autismo).
Successivamente, l’Azienda ospedaliera ha costantemente prescritto ulteriori accertamenti e controlli medici, mentre in data 11 giugno 2021 i genitori del minore hanno chiesto una rivalutazione clinica, allegando documentazione medica proveniente dall’Ospedale di Pescara (datata 3 maggio 2021), nella quale si dava atto della scarsa risposta del paziente al trattamento educativo ABA, già sospeso nel mese di settembre 2020. Successivamente, in data 30.07.2021, l’Azienda Ospedaliera ospedali Riuniti Marche Nord ha confermato la necessità di sottoporre il minore a trattamento ABA e sono stati programmati ulteriori controlli ed incontri, effettivamente svolti nelle date 20 ottobre 2021, 22 dicembre 2021, 20 gennaio 2023 e 13 aprile 2023.
L’elaborazione di un piano terapeutico individualizzato
Considerato il sopra riportato quadro fattuale, viene confermata la sentenza impugnata nella parte in cui ha rilevato che, “pur essendo la patologia del minore riconosciuta fin dall’anno 2020, con prescrizione di terapia ABA, le concrete modalità di erogazione del trattamento non sono passate attraverso la doverosa elaborazione di un progetto terapeutico/piano di assistenza individualizzato, alla cui adozione l’Amministrazione competente (AST di Ascoli Piceno) è stata da ultimo condannata con la sentenza oggetto del presente gravame”.
La redazione di un piano individualizzato deve ritenersi necessaria al fine di determinare, secondo l’apprezzamento tecnico discrezionale proprio dell’Amministrazione preposta alla tutela della salute pubblica, le concrete modalità di erogazione del trattamento più adeguate alle peculiarità del caso concreto.
Infatti, sebbene il metodo ABA rientri tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), permane la necessità di un piano terapeutico individualizzato, ovverossia tarato dall’Amministrazione sanitaria sulle specifiche necessità e bisogni del paziente preso in carico dal SSN, nel pieno esercizio della propria discrezionalità tecnica. Compete, pertanto all’Amministrazione sanitaria territorialmente competente stabilire il percorso terapeutico più rispondente alle necessità del paziente, che ha diritto ad essere preso in carico dall’Azienda sanitaria e ad essere curato con prestazioni a carico del Servizio sanitario pubblico.
Per la terapia ABA non basta la diagnosi di autismo serve il piano terapeutico individuale
Nel caso concreto, l’AST Pesaro Urbino (già Centro Regionale Autismo di Fano) risulta aver svolto le funzioni diagnostiche, di coordinamento e di supervisione dei progetti di cura attribuite dalla legge, diverse dall’erogazione diretta delle terapie, che è stata richiesta esplicitamente alla struttura competente (ovverosia all’AST di Ascoli Piceno, poi condannata dal TAR a redigere il progetto specializzato) solo con la diffida del 30 dicembre 2023.
Per queste ragioni, il Centro Regionale Autismo di Fano, attualmente AST di Pesaro Urbino, risulta aver operato in conformità alle funzioni attribuite dalla legislazione regionale, non potendo la diagnosi del disturbo – sospettata nell’anno 2018 e riconosciuta nell’anno 2020 – implicare la sottoposizione del minore alla specifica modalità di erogazione (15 ore settimanali) indicata dalle parti appellanti, in assenza di una valutazione discrezionale dell’Amministrazione competente (AST Ascoli Piceno), espressamente sollecitata solo con la diffida del 30.12.2023; né del resto la concreta modulazione del trattamento sarebbe potuta conseguire automaticamente alle indicazione provenienti da altre strutture pubbliche (Centro Regionale Autismo e Policlinico Gemelli), dovendo il piano terapeutico essere dettagliatamente elaborato dall’Azienda sanitaria competente ad erogarlo, cui gli odierni appellanti non hanno provato di essersi rivolti prima della sopraindicata diffida.
Il mancato riconoscimento del danno patrimoniale
Ciò detto, parimenti infondate vengono ritenute dal C.d.S. le censure relative al mancato riconoscimento del danno non patrimoniale, che il richiedente è tenuto ad allegare e provare in termini reali, sia nell’an che nel quantum, pur nei casi in cui la sua applicazione consegua alla violazione di diritti inviolabili della persona, poiché lo stesso costituisce pur sempre un’ipotesi di danno-conseguenza, il cui ristoro è in concreto possibile solo a seguito dell’integrale allegazione e prova in ordine alla sua consistenza e riferibilità eziologica alla condotta del soggetto indicato come autore dell’illecito. Il danno non patrimoniale, quindi, anche quando discende dalla violazione di diritti fondamentali della persona, non è mai in re ipsa, ma deve essere sempre allegato e provato da chi ne chiede il risarcimento.
Per le suddette ragioni il Consiglio di Stato respinge l’appello.
Avv. Emanuela Foligno
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