Sinner più lucido di fatica e crampi: «Partita diversa dal solito, ma ho tenuto e sono contento». E ora la finale
(di Marco Calabresi) Dopo 21 set persi consecutivamente, Alex De Minaur è riuscito a portare Jannik Sinner al terzo, ma la miglior versione dell’australiano non è bastata neanche stavolta. Sinner (che ha chiuso 6-3 4-6 6-2) giocherà per il terzo anno di fila la finale a Pechino, sarà la settima in otto tornei nel 2025 (ha mancato l’appuntamento solo a Halle) e la trentesima in carriera (20 vittorie e 9 sconfitte il bilancio).
Per la seconda volta durante l’Atp 500 nella capitale cinese (era già successo contro Atmane), Jannik è stato trascinato al set decisivo: altre due ore e 20′ in campo anche oggi, un dolore al gluteo subito smaltito e un principio di crampi al momento di servire per il match. La fatica si è fatta sentire, ma la lucidità è stata ancora maggiore, grazie a una prima di servizio al 62% ma con un’efficienza dell’85%. Tra Sinner e il titolo, domani alle 8, uno tra Daniil Medvedev (contro cui, proprio a Pechino, vinse per la prima volta dopo sei sconfitte di fila) o il giovane americano Learner Tien, che ieri ha approfittato del ritiro di Lorenzo Musetti.
«È stata una partita di grande livello – l’analisi di Sinner -, con tanti grandi scambi. Io ho avuto le mie chance nel secondo set ma lui ne ha avute di più. È stato un match molto equilibrato, in cui ho provato ad alzare il livello nel terzo set, ma in generale è stata una partita molto diversa dal solito. Lui ha servito e risposto bene, ma ho servito bene anch’io, anche perché Alex è un giocatore che si muove in maniera molto veloce sul campo. Ho cercato di rimanere concentrato e di non perdere troppe energie mentali, anche perché non ho avrò giorni di riposo ma solo una notte per recuperare. In finale, però, c’è molta più adrenalina e non vedo l’ora di giocare».
De Minaur è cliente scomodissimo nonostante le dieci vittorie di fila di Sinner diventate 11: è il giocatore che ha vinto di più sul cemento quest’anno (34 partite, seguono a 33 Alcaraz e Fritz, protagonisti oggi della finale a Tokyo). Sinner lo ha capito subito, privilegiando il suo gioco tradizionale e senza ricorrere troppo ai cambiamenti che si è ripromesso dopo aver perso a New York: è sceso a rete con una volée di rovescio sulla quale è stato passato da «Demon», ma ha risposto con un due giocate straordinarie e una combo servizio+diritto, i primi tre di otto punti consecutivi che sono valsi il break sul 4-2. Jannik si è poi concesso un attimo di pausa nel suo gioco, ha concesso le prime due palle break della partita, le ha annullate e poi ha chiuso 6-3.
Due turni di battuta tenuti a zero a inizio secondo set, ma Sinner ha iniziato a concedere qualcosa dal punto di vista fisico: De Minaur ha allargato le braccia dopo aver sbagliato un rovescio quasi in segno di resa, ma è proprio in quei momenti che Jannik ha iniziato a toccarsi il gluteo, lo stesso muscolo che ieri era stato fatale a Musetti. E così le palle break (tre) le ha avute De Minaur nel sesto game, annullate con le prime di servizio, la terza addirittura con l’ace a mettere una pezza su qualche sbavatura. De Minaur ha poi dovuto mettere tutto se stesso per cancellare la palla break nel settimo game al termine di uno scambio massacrante che ha lasciato Sinner in ginocchio, annullando anche la seconda, e lo stesso Sinner ne ha dovute disinnescare altre tre nell’ottavo game (alla fine saranno 11 su 12) sempre grazie all’aiuto del servizio. Bene la battuta, meno il resto: un rovescio sul nastro ha dato il set point all’australiano, trasformato con un diritto all’incrocio delle righe.
La partita si è complicata, ma Sinner è stato bravissimo a riportarla subito dalla sua parte: break a zero nel game di apertura con un lungolinea di rovescio, tre palle dell’1-1 annullate (la terza addirittura con la seconda), altro break sul 3-0, con Jannik che dopo due ore ha giocato il primo serve and volley e nel sesto game la prima palla corta. Meglio badare al sodo, anche perché al momento di servire per il match sono iniziati ad arrivare anche i crampi, quindi era il momento di chiudere.