Firenze, 1 ottobre 2025 – Richiedenti asilo lasciati senza cibo, farmaci, beni di prima necessità. È il quadro che emerge nell’ambito di un’indagine sulla gestione dei centri di accoglienza in diverse aree del Paese. L’operazione, condotta dai Nas di Firenze insieme al Comando provinciale dei carabinieri di Salerno e coordinata dalla Procura di Pistoia, ha riguardato la società cooperativa sociale Desy, con sede a Castel San Giorgio (Salerno). Sono cinque le misure cautelari personali disposte nei confronti di altrettante persone gravemente indiziate, a vario titolo, di concussione, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata ai danni dello Stato e falsi ideologici commessi da incaricati di pubblico servizio. Emesso anche un sequestro preventivo di beni per oltre 720mila euro. I provvedimenti sono stati eseguiti all’alba nelle province di Salerno – con interventi a Mercato San Severino, Roccapiemonte e Castel San Giorgio – ma tutta l’indagine è iniziata in Toscana.
L’operazione è stata condotta dai carabineri del Nas di Firenze (foto archivio Germogli)
L’avvio dell’indagine
Nel mese di dicembre 2023 i Nas di Firenze, d’intesa con i carabinieri di Pistoia, hanno effettuato un accesso ispettivo al Cas ex “Hotel Giardini” a San Marcello Piteglio, a seguito di segnalazioni su irregolarità igienico–sanitarie. L’ispezione ha in effetti accertato condizioni gravemente carenti: ambienti in incuria, sporcizia diffusa, liquami, muffe e incrostazioni, con rischi per la salute degli ospiti e per la salute pubblica. Il 19 dicembre 2023 la Prefettura di Pistoia, con autorizzazione del ministero dell’Interno, ha dunque disposto lo sgombero della struttura e la ricollocazione dei richiedenti asilo.
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Le testimonianze
Gli investigatori, coordinati dalla Procura, hanno quindi avviato una verifica più ampia, raccogliendo dichiarazioni degli ospiti e documentazione amministrativa. Dalla convenzione stipulata con la Prefettura emergeva che la Desy avrebbe dovuto garantire cibo, bevande, abbigliamento, assistenza sanitaria, mediazione linguistica, informativa legale, alfabetizzazione, sostegno psicologico e pocket money di 2,5 euro al giorno. Ma le testimonianze hanno evidenziato gravi mancanze: pocket money erogato solo in parte, assenza di lezioni di lingua e di materiali, nessuna informativa legale, servizi sociali e psicologici mai ricevuti.
Episodi di concussione
La società attestava alla Prefettura prestazioni non svolte, mentre i controlli sui tabulati telefonici collocavano i professionisti altrove rispetto al centro, in contrasto con le certificazioni di presenza. Sono emersi anche episodi di concussione: ai richiedenti asilo veniva imposto di firmare i fogli presenza attestanti servizi mai erogati, con minacce di espulsione o sospensione del vitto. Alcuni dichiaravano di essere rimasti fino a dieci giorni senza cibo.
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Gli altri centri nel mirino delle indagini
Le indagini hanno poi riguardato altri centri gestiti dalla Desy: a Pavia (Montù Beccaria, Santa Maria della Versa e capoluogo), Salerno (Castel San Giorgio, Orria, Ascea, Casalbuono, Felitto), Avellino (Savignano Irpino, Grottolella, Montoro, Atripalda) e Arezzo (Foiano della Chiana). Anche in queste strutture sarebbero state riscontrate carenze analoghe: assenza di cibo, degrado igienico e abbandono dei richiedenti asilo.
Incassi per oltre 1,2 milioni di euro
Dalle acquisizioni documentali emergevano ulteriori irregolarità contabili: in più occasioni la società avrebbe presentato le stesse fatture a diverse Prefetture, ottenendo rimborsi multipli. Nel periodo 2022-2024 la Desy avrebbe percepito oltre 1,2 milioni di euro per la gestione dei centri. L’autorità giudiziaria ha disposto il sequestro di oltre 720mila euro, ritenuto profitto diretto dei reati.
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Carcere e arresti domiciliari
Il provvedimento reale ha colpito direttamente la società quale presunto profitto dei reati. La misura cautelare della custodia in carcere è stata disposta nei confronti dell’amministratore di fatto della Desy, il 47enne Salvatore De Simone. Agli arresti domiciliari invece l’amministratore di diritto la 48enne Margherita Corrado, le collaboratrici Antonietta Angrisani, 47 anni, e Giuliana Nocera, 37 anni, oltre al collaboratore Guglielmo Capuano, 58 anni.
Sempre secondo quanto riferito dall’Arma, le indagini hanno accertato che la società, formalmente intestata a Margherita Corrado, era di fatto gestita dal marito Salvatore De Simone, cui spettavano decisioni operative, gestione del personale e individuazione di nuove strutture. Tra i collaboratori figuravano Angrisani, con funzioni di assistente sociale, e Nocera, psicologa.
Secondo l’ipotesi accusatoria, i gestori avrebbero utilizzato sistematicamente false attestazioni e duplicazioni di fatture, con un intento lucrativo perseguito a danno dello Stato e con conseguenze dirette sulle condizioni di vita dei richiedenti asilo, privati di assistenza, servizi essenziali e opportunità di integrazione.