Antonella Palmisano non ci sta più. La campionessa olimpica della 20 km di marcia a Tokyo 2021, argento nella 35 km ai Mondiali nella capitale giapponese e campionessa europea a Roma 2024, ha rotto il silenzio con un durissimo sfogo rivolto al mondo dell’atletica italiana. L’accusa è chiara: la marcia è una disciplina ignorata. Gli stessi toni la campionessa pugliese li aveva usati in un’intervista con Repubblica durante i giorni di Tokyo.
Il post
A far esplodere la rabbia dell’atleta pugliese è stato un post promozionale pubblicato dagli organizzatori dei prossimi Campionati europei di Birmingham. Nella grafica comparivano i volti di tutti gli atleti italiani medagliati ai Mondiali, ma non il suo. Un’assenza che ha fatto male, l’ennesima – a suo dire – di un disinteresse sistemico. “La mia disciplina è ignorata, le mie vittorie cancellate come se non fossero mai esistite. Sono stanca. Stanca delle mie medaglie silenziose, di una marcia trattata come uno sport di serie B”, ha scritto Palmisano in un post carico di amarezza.
Le responsabilità della Fidal
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata quando anche nel bilancio ufficiale della squadra, esposto in conferenza stampa dal direttore tecnico azzurro, il suo nome e la sua medaglia non sono stati menzionati. Una dimenticanza grave, non solo simbolica, che ha ferito profondamente una delle figure più vincenti dell’atletica italiana degli ultimi anni. “Un dt che dimentica di nominare la mia medaglia e un sito ufficiale della Fidal che non la riporta nemmeno. È una mancanza di rispetto continua e sistematica. Non è più una svista: è una scelta.” Palmisano ha spiegato di aver contattato direttamente il presidente federale, che si è attivato per far rimuovere il post incriminato. Ma il gesto non basta a cancellare il malessere. “Ho vinto per l’Italia, ho portato il tricolore sul podio, ho dato tutto ogni singola volta. Eppure sembra che per qualcuno non valga nulla”, ha aggiunto. “Pretendo rispetto. Pretendo che il mio nome e la mia storia vengano ricordati.” Nella sua denuncia non manca un riferimento al passato, quando l’allora presidente del CONI Giovanni Malagò si mostrò vicino alla sua causa, comprendendone la frustrazione. Una vicinanza che oggi, a quanto pare, manca.