Quando si parla di sostanze tossiche, si pensa subito all’inquinamento atmosferico, allo smog o ai pesticidi nei campi. Eppure i pericoli non si trovano solo fuori casa: si annidano anche tra le mura domestiche, e in particolare in cucina, un luogo che dovrebbe garantire benessere e sicurezza. Proprio qui, infatti, che alcuni oggetti di uso quotidiano possono diventare una fonte silenziosa di contaminanti capaci di accumularsi nell’organismo e nuocere alla salute.

A lanciare l’allarme, ripreso da Today.it, è il gastroenterologo Saurabh Sethi, laureato ad Harvard e seguito da oltre mezzo milione di utenti su TikTok (@DrSethiMD). In un video che ha superato le 8.000 visualizzazioni, l’esperto spiega come alcuni oggetti d’uso quotidiano – apparentemente innocui – possano rilasciare composti tossici, interferire con l’equilibrio ormonale e, nei casi più estremi, contribuire all’insorgenza di malattie croniche. Un monito che invita a guardare la cucina con occhi diversi, prestando attenzione a insidie spesso trascurate.

1. Taglieri di plastica

Il primo oggetto sotto accusa è il tagliere di plastica, onnipresente nelle cucine di tutto il mondo. “I segni lasciati dai coltelli – spiega il dottor Sethi – possono rilasciare minuscole particelle di plastica nel cibo, trasformando un utensile apparentemente innocuo in una fonte silenziosa di contaminazione”. Si tratta delle microplastiche, particelle invisibili all’occhio umano ma ormai rintracciabili in quasi tutto ciò che ci circonda: dal cibo ai vestiti, dall’acqua alle stoviglie e agli oggetti domestici. Non restano solo nell’ambiente: entrano nel nostro organismo attraverso il contatto o, più spesso, tramite l’ingestione, accumulandosi nel tempo. Uno studio dell’Università di Newcastle ha stimato che ogni persona ingerisca in media circa 5 grammi di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito. Gli scienziati temono, come suggerito da numerosi studi, che possano interferire con gli ormoni, favorire stati infiammatori, alterare il metabolismo e persino contribuire all’insorgenza di malattie croniche. Un problema che la comunità scientifica considera sempre più un tema emergente di salute pubblica.

Con cosa sostituirli: “Il rischio aumenta con gli anni di utilizzo”, sottolinea Sethi, che invita a sostituire i taglieri in plastica con alternative più sicure: legno e bambù, materiali naturalmente antibatterici, o vetro, considerato igienico ma meno pratico perché tende a smussare le lame.

2. Padelle antiaderenti

Un altro utensile presente in milioni di cucine è la padella antiaderente usurata. Il problema, avverte il dottor Sethi, emerge quando il rivestimento si rovina: “Le padelle più vecchie contengono spesso PFOA, che è collegato a problemi riproduttivi e ormonali. Le moderne padelle antiaderenti sono prive di PFOA, ma i graffi possono comunque rilasciare particelle microscopiche di rivestimento e additivi intrappolati all’interno”. Al centro della questione ci sono i PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), una vasta famiglia di composti chimici noti anche come “sostanze chimiche eterne” per la loro capacità di persistere nell’ambiente e nell’organismo umano senza degradarsi. Tra le più studiate ci sono il PFOA e il PFOS, classificati rispettivamente dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1) e possibile cancerogeno (Gruppo 2B).

Le evidenze scientifiche sul ruolo nocivo dei PFAS continuano a crescere. Una ricerca apparsa su Environmental Health Perspectives ha collegato l’esposizione a queste sostanze a disfunzioni ormonali, problemi di fertilità e un aumento del rischio di tumori come quello al rene e al testicolo. Altri studi hanno evidenziato possibili legami con disturbi della tiroide, alterazioni del sistema immunitario e persino con una maggiore incidenza di ipertensione durante la gravidanza. L’allarme è ormai tale da aver spinto diversi Paesi, soprattutto in Europa, ad avviare un processo di eliminazione graduale dei PFAS in comparti strategici come l’imballaggio alimentare, i tessuti tecnici e i rivestimenti antiaderenti. L’Unione Europea, da parte sua, sta lavorando a una restrizione complessiva che molti esperti hanno già definito come “il più grande bando chimico della storia dell’UE”.

 

Con cosa sostituirle: In attesa di regolamentazioni definitive, il dott. Sethi raccomanda di limitare l’uso di padelle antiaderenti usurate e orientarsi su alternative più sicure e durature: acciaio inox, ghisa – che con la giusta manutenzione può diventare naturalmente antiaderente – oppure ceramica pura, priva di rivestimenti sintetici.

 

3. Candele profumate

Il terzo oggetto che il dottor Sethi invita a eliminare non si trova tra pentole e utensili, ma su mensole e tavolini: le candele profumate. Dietro l’atmosfera accogliente e l’aroma gradevole che sprigionano, infatti, possono nascondersi composti potenzialmente nocivi. “Molte contengono ftalati, che possono alterare gli ormoni, e cera di paraffina, che può rilasciare fuliggine e COV quando brucia”, avverte l’esperto. Gli ftalati, utilizzati per rendere le plastiche più flessibili e diffusi anche nei cosmetici e nei prodotti per la cura della persona, sono considerati interferenti endocrini. Una revisione pubblicata su Human Reproduction Update (2018) ha collegato l’esposizione a queste sostanze a ridotta fertilità sia maschile che femminile, alterazioni ormonali e maggior rischio di asma nei bambini. Inoltre, la cera di paraffina, derivata dal petrolio, durante la combustione rilascia composti organici volatili (COV) e particolato fine, che possono irritare le vie respiratorie e contribuire all’inquinamento indoor. Uno studio condotto dalla South Carolina State University ha evidenziato che l’uso prolungato di candele di paraffina in ambienti chiusi può incrementare la concentrazione di sostanze come formaldeide, acetaldeide e toluene, tutte associate a effetti negativi sulla salute respiratoria.

Con cosa sostituirle: Per chi non vuole rinunciare al piacere di una candela accesa, le alternative non mancano. “Quelle a base di soia, cera d’api o cocco, preferibilmente non profumate o con fragranze naturali prive di ftalati – spiega il dott. Sethi -, rappresentano una scelta più sicura e sostenibile. Non solo riducono l’esposizione a sostanze tossiche, ma contribuiscono anche a migliorare la qualità dell’aria domestica”.