Ottavia Fusco, la moglie del regista Pasquale Squitieri: «Con Pasquale ho passato 14 anni intensi, ben sapendo della grandissima storia che ebbe con Claudia. Alle fine siamo riuscite anche a lavorare insieme e il suo nome ha fatto la differenza».Tra i registi scomodi del cinema italiano, Pasquale Squitieri non era secondo a nessuno. Sua moglie Ottavia Fusco, grande interprete teatrale e musicale, gli ha dedicato un documentario dal titolo emblematico, Il vizio della verità, che andrà in onda il 20 ottobre su Rai Tre, in cui riecheggia la figura di Claudia Cardinale, scomparsa in questi giorni.Come nasce questo documentario?«È un omaggio dovuto sia come artista che come donna, con cui si chiude un capitolo della mia vita. Lo dovevo a Pasquale, a otto anni dalla sua scomparsa: non era stato fatto ancora nulla per ricordarlo e sono molto fiera e onorata di essere la prima. Pasquale diceva sempre che il regista è quello che ha già visto il film e io in qualche modo questo documentario l’avevo già visto, sono riuscita a tradurre in immagini quello che avevo in mente. Non è un assemblaggio di ricordi e di contributi, c’è un’idea narrativa che credo di essere riuscita a restituire, quindi o mi massacrano o vinco dei premi». Cosa voleva raccontare? «Pasquale è stato un uomo etichettato. Io invece ho voluto raccontare un Pasquale inedito, attraverso i miei occhi, essendo in scena come figura narrativa, quindi l’aspetto politico, le sue provocazioni, gli amori, la spiritualità, tutte sfaccettature che pochi immaginano di lui. E soprattutto ho voluto raccontare la verità, per citare il vostro giornale, quella autentica, non quella che altri gli hanno voluto appiccicare addosso con le loro etichette. La libertà si paga caro e lui l’ha sempre pagata fino in fondo e anche di più». Però era molto orgoglioso di essere uno spirito libero.«La cosa emozionante delle interviste trasversali che ho fatto, da Franco Nero a Fabio Testi, da Fausto Bertinotti a Gigi Marzullo, da Lina Sastri a Steve Della Casa, è che tutti hanno parlato di lui con obiettività e rispetto, riconoscendo la sua intelligenza libera. Forse in vita non aveva potuto godere della manifestazione di questa stima. E non erano, credimi, le solite frasi che si dicono di tutti, dopo la morte. Ovviamente non si può non parlare delle sue intemperanze, del fatto che avesse un carattere a volte impossibile, però emerge la figura di un uomo giusto e leale, che non faceva sconti a nessuno perché non li faceva nemmeno a sé stesso». Qual è il suo primo ricordo di Squitieri?«Era l’estate del 2003 e io stavo preparando uno spettacolo con Lina Wertmüller, che si intitolava Peccati di allegria, dove Lina, eccezionalmente in scena, raccontava aneddoti e io, accompagnata dall’orchestra Toscanini di Parma, cantavo le più belle canzoni del cinema internazionale. Un giorno per ripassare il testo delle canzoni sono andata al bar Rosati…».Dove Squitieri era di casa… «Esattamente. I turisti stavano fuori e, per stare tranquilla, mi sono seduta all’interno. La sala era pressoché vuota, però in fondo erano seduti Pasquale, Tony Renis e un altro signore e ho sentito inevitabilmente, perché non c’era nessuno, quest’ultimo che diceva: “Che bella quella donna!”. Pasquale mi ha guardato: “Si, è davvero strana”. Dopo mezz’ora sono sfilati di fronte e Pasquale ha indugiato per un attimo, io ho alzato lo sguardo, ci siamo guardati e a me è venuto spontaneo dire: “Piacere maestro, sono Ottavia Fusco”. E lui: “Ma certo! Albertazzi mi ha parlato di lei”. Ci siamo stretti la mano e romanticamente, come ho scritto nel mio libro ’Nu piezzo ’e vita. Il mio amore per Pasquale, lettera per lettera, mi piace dire che poi quella mano non ce la siamo più lasciata».Era un uomo solo in quel periodo? «Aveva già lasciato Claudia Cardinale ed era andato a vivere a Castelnuovo di Porto, dove io tuttora vivo. Aveva deciso di uscire dalla mischia, di scavarsi un buco, come diceva sempre lui. Incontrandomi, credo abbia ricevuto una spinta vitale e creativa».Tanto che poi ha continuato a fare film…«Sì, fino all’ultimo straordinario film che non è stato pressoché distribuito, L’altro Adamo, il cui soggetto lo aveva scritto nel 1974, dove si parla di reale e virtuale, del rapporto tra l’uomo e il computer. È di un’attualità da brivido perché prevedeva quelli che sarebbero stati i risvolti drammatici dell’apparenza virtuale rispetto alla vita reale. Il protagonista, un pubblicitario piuttosto sfigato, gira con una telecamerina appuntata all’occhiello della giacca che filma tutti gli eventi della giornata. Il suo computer Ulisse modifica le situazioni a seconda di come lui avrebbe voluto che si svolgessero, fino a che una sera lui gli chiede di inventargli una storia d’amore vera, con una ragazza al semaforo che non ha il coraggio di avvicinare. Pensa un soggetto di questo genere scritto cinquant’anni fa!».Nel girare il documentario, qual è l’insegnamento di Squitieri che le è ritornato in mente?«Mi sono accorta di avere assorbito tantissime cose da Pasquale. Per esempio, che l’inquadratura è come un foglio bianco da squadrare, dove non devono esserci squilibri visivi tra un elemento e l’altro, bisogna cercare di bilanciare l’immagine». Fra i veri temi, c’è anche la spiritualità. Suo marito era credente? «Pasquale era molto sui generis anche in questo. Lo definirei una persona filosoficamente spirituale, però a volte, passando davanti a una chiesa, sentiva il bisogno di entrare e di raccogliersi in preghiera. Siccome io in quel periodo praticavo il buddismo, trovavo un po’ assurdo che mi facessi il segno della croce. Pasquale mi disse: “Sbagli perché, come diceva Federico II nell’incontro con il sultano al-Kamil, bisogna sempre onorare l’ospite che ci riceve”. E io da quel giorno ho sempre fatto il segno della croce, non solo questo mi ha anche attivato una sorta di evoluzione spirituale». Come ha affrontato questo tema?«Pasquale aveva un padre spirituale, don Sergio Mercanzin, che compare nel documentario in modo molto toccante e ricorda le loro lunghe disquisizioni teologiche negli ultimi tempi, quando Pasquale era a letto. Ho mostrato un disegno a matita che Pasquale non ha avuto tempo di finire, dove ha disegnato sé stesso in croce, proprio perché lui aveva un fortissimo legame con la figura del Cristo. Don Sergio mi ha fatto notare che ci sono due rette divergenti che partono dagli occhi, quasi a significare che il suo sguardo stava già rivolgendosi all’Infinito».Il suo primo film si intitolava Io e Dio…«Un film rivoluzionario in bianco e nero, che gli aveva finanziato Vittorio De Sica. Se vedi quel film, è un puro concentrato di talento, con cui ha anticipato tutti i temi che avrebbe affrontato nella sua cinematografia». Un capitolo del documentario è dedicato agli amori: è stato doloroso affrontarlo? «No, è stato doveroso, intanto perché altrimenti avrei fatto ridere i polli, poi è giusto affrontarlo perché è un aspetto importante della vita di Pasquale, che ha avuto quattro figli. Mi soffermo ovviamente sulla lunga storia d’amore con Claudia Cardinale e ci sono delle bellissime immagini di loro due, che erano degli strafighi pazzeschi. E affronto anche la mia storia. Il mio tono nel documentario è molto leggero, ironico, come a me piace essere». Come sarebbe piaciuto a Claudia Cardinale…«Sicuramente, perché era una donna di uno spirito irresistibilmente divertente». Avete lavorato assieme a teatro.«Pasquale ha avuto questa idea, forse un po’ sadica, quattro mesi prima di andarsene: “Io voglio riprendere a lavorare, mi piacerebbe dirigere te e Claudia in scena, che cosa ci possiamo inventare?”. Io, notoriamente masochista, invece di dire: “Ma sei matto”, gli ho risposto: “Se facessimo La strana coppia di Neil Simon nella versione femminile?”. E lui: “Ma questa è un’idea geniale!”. Ha convinto Claudia, che non era così contenta di lavorare insieme. Poi però lui è venuto a mancare e la regia l’ha rilevata il suo aiuto, Antonio Mastellone, Claudia e io abbiamo deciso, per onorare Pasquale, di andare avanti lo stesso». Che esperienza è stata?«Sono molto grata professionalmente a Claudia, intanto perché quello che aveva in mente Pasquale era di incuriosire con la presenza di tutte e due, e questo è riuscito benissimo. Inoltre, un nome gigantesco come quello della Cardinale ha fatto sì che facessimo il giro dei teatri più importanti d’Italia e con questo spettacolo ho vinto anche il premio Flaiano per il teatro 2018, cosa che mi ha fatto molto piacere. Nove mesi di tournée, un mese di prove, dieci mesi di convivenza lavorativa, sono tanti. La morte di Pasquale da un lato ci ha unito all’inizio, poi sono riemerse delle cose irrisolte».Quali?«Intanto, non c’era più Pasquale ad armonizzare le nostre due presenze. Nel mio ruolo di moglie ero molto benevola nei confronti di Claudia, probabilmente invece a lei faceva piacere che riemergesse la storicizzazione della sua storia e che in qualche modo i miei 14 anni con Pasquale scivolassero un po’ via. Chiaramente a me non andava, anche se non ne abbiamo mai parlato. C’è stata un’ultima telefonata, anche commovente, dove ci siamo dette che non saremmo mai state le più grandi amiche, ma che era stato bello incontrarci in nome di un grande amore. Poi non ci siamo più sentite, perché lei ha lasciato Parigi e si è trasferita a Nemours». C’è una dote umana che non pensavi avesse, conoscendola più da vicino?«Lo straordinario desiderio di vivere, aveva un’energia pazzesca. Tieni conto che aveva ottant’anni, quando abbiamo lavorato insieme. Voleva andare a ballare, voleva andare in discoteca, una vitalità incredibile. Era molto tenera. Quando veniva a casa, invece era molto più misurata. Questa la considero una dote umana».
(IStock)
La manifestazione, organizzata dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzata da Big Mama Production, vedrà presenti esperti del mondo della psichiatria che affronteranno la malattia mentale come questione di civiltà, di diritto e di salute pubblica.
Secondo l’Oms, oltre 1 persona su 8 nel mondo (quasi 1 miliardo di persone) convive con un disturbo mentale. In Europa il 17% della popolazione adulta è affetta da problemi di salute mentale, mentre in Italia, circa 18 milioni di cittadini hanno a che fare con un disturbo psichiatrico significativo.
Nel programma della giornata conversazioni scientifiche, momenti di teatro, musica, cultura.
Si comincerà alle ore 9.30 all’orto botanico con la giornalista scientifica del Tg2 Laura Berti, che intervisterà il Professor Andrea Fiorillo, Presidente dell’European Psychiatric Association. L’incontro toccherà le nuove emergenze psichiatriche, come la solitudine, la dipendenza da videogiochi o da sostanze psicoattive, ma anche di psicosi acute, rischio di suicidio, stati maniacali, depressione grave, sindrome da astinenza da alcol oppioidi e comportamenti autolesionistici.
«I disturbi mentali sono in costante aumento, soprattutto tra le persone più giovani, tanto da rappresentare una nuova epidemia clinica e sociale» a dirlo è proprio il Prof. Fiorillo. «Ma grazie alle nuove conoscenze, oggi è possibile prevenire la comparsa dei disturbi mentali. Restano I disturbi depressivi in costante aumento, un vero allarme per le fasce giovanili e le persone anziane, legate spesso da un denominatore comune che si chiama solitudine, intesa come sensazione di inaiutabilità».
Alle 11.30 la kermesse, accendendo i riflettori sul rapporto psiche – criminalità, migrerà al Cine Teatro Lux, dove andrà in scena lo spettacolo della Compagnia Frammenti d’arte e teatro che presenterà la pièce «Bambole rotte» di Alessia Tanzi per la regia di Marzia Verdecchi. Sei storie diverse di uxoricidio che parleranno di vite spezzate, ma viventi e presenti nelle loro giornate di confinamento carcerario, dove tutto ritorna – nitido fino all’esasperazione – come un incubo ribelle da cui nessuna delle protagoniste riesce a liberarsi.
Evento pensato per ospitare gli allievi delle Scuole Superiori di Palermo e parlare loro di violenza di genere con un prologo della criminologa Flaminia Bolzan, alla quale toccherà il compito di prospettare alla giovane audience tutti i segnali premonitori della violenza di genere, la cui età statistica sta rapidamente riducendosi.
Alle ore 17.00 al Conservatorio A.Scarlatti, per mettere l’accento sulla relazione psiche – schizofrenia, sarà la volta di un omaggio a Robert Schumann della pianista Gile Bae , olandese di origini sudcoreane, che ha studiato al Conservatorio Reale dell’Aia e all’Accademia Pianistica Internazionale di Imola, specializzandosi di recente nel repertorio di Bach e Schumann. In programma: Kreisleriana Op. 16 di R. Schumann, English Suite N.4 BWV di J.S. Bach, Sonata N.2 Op. 14 di S. Prokofiev. Il concerto sarà preceduto da un originale reading teatrale dell’attore Corrado Tedeschi, che si addentrerà nei meandri oscuri della storia e della musica di Schumann segnati dal male della schizofrenia.
Alle 18.30 la giornata – evento, sulle tracce stavolta del rapporto psiche – recupero e reinserimento del malato attraverso l’arte, si sposterà al Real Teatro Santa Cecilia, per proporre l’originale messa in scena della Accademia della Follia Claudio Misculin dal titolo «Quelli di basaglia…A 180°» di Angela Pianca e Antonella Carlucci (che ne firma anche la regia).Uno spettacolo con 8 attori in scena, che celebrerà la rivoluzione psichiatrica di Franco Basaglia attraverso testi, interviste, poesie e testimonianze proprio di Basaglia, dei «basagliani» e dei matti. Attori, che intrecceranno il testo con musica, danza, canto, reinventando i modi per cui la follia possa ritornare a far parte della vita e non sia ridotta a malattia dalla forza della ragione e dalla violenza delle istituzioni.
A chiudere l’intera kermesse sarà alle ore 21.00 al Teatro al Massimo, sarà una delle più grandi signore del palcoscenico italiano, Lina Sastri, che – incrociando l’ultima riflessione della giornata su psiche e notte – proporrà la sua intima e poetica Voce ‘e notte: uno spettacolo, testimonianza di un lungo lavoro di ricerca realizzato in lunghi anni dall’attrice, dove parola, musica e danza di intrecceranno in armonia, come le migliori delle musicoterapie. Perchè oggi la musica è sempre più considerata non solo un’arte, ma anche una risorsa terapeutica, che, grazie a Lina Sastri, si accenderà delle note delle più belle canzoni napoletane: da Salvatore Di Giacomo a Pino Daniele.
«La Fondazione Tommaso Dragotto rinnova il suo impegno per combattere, in una giornata simbolo, il pregiudizio e lo stigma verso la malattia mentale». Così il Dottor Tommaso Dragotto presidente dell’omonima Fondazione:«I disturbi legati alle patologie psichiatriche sono in costante aumento e preoccupa molto che il loro manifestarsi sia registrato in età sempre più giovanile. E’ nostro dovere». Conclude Dragotto: «Supportare non solo le persone affette da tali disturbi ma anche le loro famiglie, per lottare insieme contro un nemico tanto invisibile quanto insidioso. Sono orgoglioso di aver portato ancora una volta a Palermo un’iniziativa così importante e prestigiosa».
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