Nel suo sito Le rideau rouge si presenta come «una libreria generalista di quartiere accogliente e impegnata». Ma questo punto vendita indipendente, attivo dal 2024 a Parigi nel diciottesimo arrondissement, è ben di più: un centro di militanza quotidiana contro un sistema editoriale fondato su meccanismi perversi (e autolesionisti) di crescita costante. Questo, almeno, viene da pensare, dopo avere letto l’intervista che Mathilde Charrier, libraia a Le Rideau Rouge, ha rilasciato nella sua veste di coordinatrice dell’Association pour l’écologie du livre a Sébastien Ornont sulla rivista online En attendant Nadeau.

Varrebbe la pena di riprodurla per intero, ma qui si tireranno fuori alcuni punti interessanti, sperando che lettrici e lettori seguano poi i link o magari vadano in pellegrinaggio laico al quartiere La Chapelle, dove appunto si trova Le rideau rouge. E partiamo dall’Association pour l’écologie du livre, fondata nel 2019 come «spazio di dialogo interprofessionale dove riflettere sul mondo del libro e della lettura, per adattarsi al cambiamento climatico e trovare alternative al sistema del libro industriale, basato dagli anni ’80 su una crescita irragionevole della produzione». Charrier è chiara: «L’associazione ha un approccio radicale, che non si limita a proporre soluzioni puntuali, ma rimette in discussione l’impostazione capitalista e produttivista dell’editoria», a partire dall’idea che «riflettere sul futuro del libro e della lettura vuol dire avere in mente un progetto di società differente».

I soci sono circa 450: librai, ma pure editori, illustratori, traduttrici, funzionari pubblici, giornalisti, che discutono liberamente «senza difendere innanzitutto gli interessi della propria categoria» – anche quando si tratta di mettere in dubbio la bontà di un pilastro dell’annata editoriale francese, la rentrée littéraire: «Oggi, in Francia, nell’arco dell’anno escono in media ogni giorno trecento novità, una produzione insensata, dato che nel migliore dei casi i volumi invenduti giacciono in magazzino, ma spesso vanno al macero. I riflettori sulle rentrées littéraires sono un tentativo di smaltire questa iperproduzione» che non corrisponde alla domanda reale: «Tutti gli studi mostrano che la lettura è in calo». Senza contare che i grandi gruppi (Hachette, Editis, Madrigall, Média-Participations…) con tutti i loro marchi «hanno una forza d’urto capace di monopolizzare lo spazio mediatico e quello dei tavoli delle librerie».

Che fare? Più che proporre soluzioni, l’associazione mira a informare (è appena stata realizzata una mappa della concentrazione editoriale in Francia) e a mettere in luce gli aspetti industriali del sistema editoriale: «Poiché il libro resta un oggetto fortemente simbolico, ci si interessa poco alle condizioni nelle quali è prodotto».

Ma non mancano le azioni concrete: l’anno scorso è stato lanciato un appello per una tregua delle novità, rinnovato nel 2025. Hanno aderito oltre cinquanta librai e – udite, udite – il fatturato delle librerie partecipanti non è calato: «Le librerie – commenta Charrier – sono meno dipendenti di quanto si potrebbe credere dalle novità».

E ancora: «Spesso i grandi gruppi definiscono come ‘popolare’ una cultura commerciale, ma noi sottolineiamo che cultura popolare e cultura esigente non sono concetti antitetici. E cerchiamo, senza uscire dal sistema commerciale, di ripensare le interazioni tra luoghi del libro. Per esempio, al Rideau Rouge, abbiamo al piano interrato una biblioteca militante accessibile su abbonamento. E vediamo riapparire da noi e altrove gli arpentages, pratiche di lettura collettiva e riflessiva nate dall’educazione popolare, molto importanti negli anni ’60 e ’70. Si tratta di immaginare altri modi di leggere e far leggere».