La promessa del taglio dell’Irpef per il ceto medio rimane, ma il governo frena: la manovra dipenderà dalla disponibilità dei fondi. A confermarlo è il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, sottolineando che la prossima legge di Bilancio dovrà agire “con la massima prudenza” per non mettere a rischio i conti pubblici.
La misura, che interessa tutti i redditi superiori a 28mila euro, avrà un impatto potenziale enorme: coinvolgerebbe circa 12,6 milioni di persone, ovvero quasi un terzo (il 31,2%) del totale dei contribuenti. Si tratta di una fascia di popolazione che dichiara il 60,1% del reddito imponibile totale e versa il 78,6% dell’imposta netta complessiva. Numeri che spiegano l’alto impatto politico e il costo non indifferente dell’intervento.
I numeri del risparmio
L’obiettivo principale della riforma rimane la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione Irpef, che passerebbe dal 35% al 33%. Il beneficio riguarderebbe la fascia di reddito compresa tra 28mila e 50mila euro. È invece già tramontata, per mancanza di coperture, l’ipotesi di innalzare la soglia superiore a 60mila euro.
Ma quanto si risparmierebbe realmente? I calcoli della Fondazione dei commercialisti dipingono un quadro variegato. La riduzione non porterebbe alcun beneficio a chi ha un reddito esattamente di 28mila euro, trovandosi al limite inferiore dello scaglione. Il vantaggio economico, seppur limitato, diventa percepibile già a partire da 29mila euro di reddito, con un risparmio di circa 20 euro all’anno (1,7 euro al mese). Il beneficio massimo, per chi rientra perfettamente nello scaglione, spetta a chi dichiara 50mila euro, con un taglio di 440 euro all’anno (36,7 euro mensili).
Taglio Annuo (euro)
Taglio Mensile (euro)
Il nodo della sterilizzazione
Il conto della riforma del secondo scaglione Irpef, che ridurrebbe l’aliquota dal 35% al 33%, ammonta a 2,57 miliardi di euro. Una cifra che nasconde due voci distinte:
- 1,24 miliardi per i contribuenti con redditi tra 28mila e 50mila euro;
- 1,33 miliardi per i circa 3 milioni di contribuenti con redditi superiori ai 50mila euro, che riceverebbero automaticamente lo stesso beneficio massimo di 440 euro annui.
Con i margini di manovra limitati, il governo studia come evitare che il taglio si estenda indistintamente a tutti i redditi superiori ai 50mila euro. La soluzione potrebbe essere la “sterilizzazione” del beneficio – un meccanismo già sperimentato nel 2024 con il taglio forfettario di 260 euro sulle detrazioni. Tuttavia, questo approccio presenta criticità: nel 2024 ha penalizzato soprattutto chi aveva oneri detraibili (come mutui e bonus edilizi), creando trattamenti diseguali tra contribuenti con lo stesso reddito.
Chi resterebbe escluso
Se il correttivo venisse applicato a tutti i contribuenti sopra i 50mila euro, verrebbero esclusi dal beneficio 3 milioni di persone (il 7,1% del totale), che però versano da soli 84,1 miliardi di Irpef – il 44,3% del gettito complessivo. Il dato evidenzia una concentrazione del prelievo fiscale senza eguali in Europa:
- l’1,65% dei contribuenti (redditi sopra i 100mila euro) paga il 22,4% dell’Irpef;
- il 17% circa (redditi sopra i 35.000 euro) sostiene quasi due terzi del gettito;
- quasi la metà degli italiani versa solo il 5,6% del totale.