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Il cancro del colon-retto non è più solo una malattia dell’età avanzata. I dati recenti mostrano un fenomeno allarmante: mentre i tassi di incidenza sono diminuiti tra gli over 60, si registra un forte aumento nei Paesi sviluppati tra le persone sotto i 50 anni. Per i giovani tra i 20 e i 29 anni l’incidenza è aumentata del 7,9% all’anno tra il 2004 e il 2016. Sotto accusa per esperti e ricerche c’è soprattutto un fattore di rischio: i cibi ultraprocessati come snack confezionati industrialmente, pasti pronti, cereali zuccherati, bibite analcoliche gassate, carni lavorate e molti prodotti da fast food. Una revisione pubblicata su Nature Reviews Endocrinology ad agosto 2025 ha evidenziato come i cibi ultraprocessati rappresentino uno dei principali fattori di rischio per questa tendenza preoccupante. Il problema non è genetico: il 75% dei casi riguarda persone senza storia familiare o predisposizione nota, puntando il dito contro i fattori ambientali e le abitudini alimentari moderne.

Colao (CSS): «Obesità e cibi ultraprocessati moltiplicano il rischio»

«L’obesità, in primis, e i cibi ultraprocessati, in associazione, sono entrambi fattori che raddoppiano e triplicano alcuni tumori, in particolare quelli del tratto digestivo e quindi del cancro del colon», spiega la professoressa Annamaria Colao, endocrinologa di fama internazionale e vicepresidente del CSS, il Consiglio Superiore di Sanità, che ha appena presentato le sue ricerche sulla dieta mediterranea a New York in occasione dell’iniziativa di prevenzione Campus Salute. L’esperta non si limita al cancro intestinale e allarga l’area di attenzione: «Non vanno dimenticati i due tumori ormono sensibili più frequenti nel mondo occidentale: il cancro della mammella e il cancro della prostata». La questione diventa ancora più critica considerando la composizione di questi alimenti: «L’utilizzo di cibi ultraprocessati che sono colmi di grassi saturi, grassi idrogenati, zuccheri aggiunti e sali, è ormai dimostrato in maniera inequivocabile essere associato ai tumori del tratto digestivo», sottolinea Colao, che conclude con un appello: «Questa consapevolezza richiede una scelta non solo individuale di salute, ma anche di politica sanitaria e la gestione del problema della nutrizione andrebbe presa al più presto».

L’alleato inaspettato: lo yogurt

I cibi ultraprocessati costituiscono ormai oltre la metà della dieta media in paesi come Regno Unito e Stati Uniti. Uno studio pubblicato sul British Medical Journal ha seguito oltre 46.000 uomini per 24-28 anni, scoprendo che chi consumava più cibi ultraprocessati aveva un rischio del 29% più alto di sviluppare cancro del colon-retto rispetto a chi ne consumava meno, indipendentemente dal peso corporeo. Questo suggerisce che questi alimenti potrebbero essere cancerogeni a prescindere dall’indice di massa corporea. I meccanismi sono molteplici: le diete ricche di ultraprocessati alterano la segnalazione dell’insulina, causano infiammazione cronica e modificano il microbioma intestinale. Ma c’è anche una buona notizia: uno studio della Harvard School of Public Health del 2025 ha dimostrato che il consumo regolare di yogurt può ridurre il rischio di sviluppare cancro al colon. Lo yogurt, ricco di probiotici e composti benefici, potrebbe esercitare un effetto protettivo sul microbioma intestinale.

Prevenzione: abbassare l’età degli screening

L’aumento dei casi tra i giovani solleva una questione urgente: i programmi di screening attuali non sono adeguati. In Inghilterra, ad esempio, lo screening per il cancro intestinale del NHS si rivolge alle persone tra 50 e 74 anni, escludendo completamente i più giovani, che spesso ricevono diagnosi tardive quando il tumore si è già diffuso. Anche in Italia la ricerca del sangue occulto nelle feci (in sigla SOF), un esame semplice ed efficace da effettuare, viene consigliato dal Ministero della Salute ogni due anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni. Ma i modelli previsionali indicano che il cancro del colon-retto a esordio precoce potrebbe raddoppiare ogni 15 anni in Paesi industrializzati come Australia, Canada, Regno Unito e Stati Uniti. È necessario ripensare le strategie di prevenzione, ampliando la fascia d’età degli screening e potenziando l’educazione alimentare fin dall’adolescenza. La diagnosi precoce rimane l’arma più efficace: individuare il cancro negli stadi iniziali aumenta significativamente le possibilità di guarigione completa.

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Le farmacie in prima linea: i risultati degli screening Federfarma

In Italia, un modello innovativo di prevenzione sta dando risultati concreti: gli screening del cancro del colon retto promossi anche nelle farmacie da Asl e strutture sanitarie grazie alla collaborazione di Federfarma. Questi programmi hanno permesso di raggiungere fasce di popolazione che tradizionalmente non aderiscono agli screening convenzionali, offrendo test di primo livello accessibili e capillari sul territorio. «Le oltre 19.000 farmacie presenti in Italia rappresentano un presidio sanitario di prossimità fondamentale, in grado di intercettare precocemente situazioni a rischio e indirizzare tempestivamente i pazienti verso approfondimenti diagnostici, contribuendo ad aumentare la consapevolezza nella popolazione, soprattutto tra i più giovani che spesso sottovalutano i rischi per la propria salute» spiega Marco Cossolo, presidente di Federfarma.