Più personale, ma con squilibri e ombre pesanti sul futuro. È il quadro che emerge dal nuovo rapporto “Il personale del Servizio Sanitario Nazionale” pubblicato da Agenas e riferito ai dati 2023. Lo studio evidenzia un incremento complessivo del personale dipendente del SSN, passato da 681.852 a 701.170 unità (+20 mila rispetto al 2022, pari a quasi il 3%). Rispetto al 2019, dopo il crollo dovuto al blocco delle assunzioni, si contano oggi oltre 51 mila operatori in più.

Il bilancio positivo, però, non riesce a compensare alcune criticità strutturali. L’Italia resta sopra la media europea per numero di medici (5,35 per 1.000 abitanti contro 4,07), ma continua a soffrire per la carenza di infermieri (6,86 per 1.000 abitanti contro gli 8,26 della media Ue). Una carenza che rischia di aggravarsi: da qui al 2035 andranno in pensione circa 78 mila infermieri e, nonostante l’aumento dei posti messi a bando dalle università, le domande di iscrizione sono in costante calo, fino ad arrivare nel 2024 a una sola domanda per ogni posto disponibile. Preoccupazioni arrivano anche dal fronte medico. Agenas sottolinea la difficoltà di copertura in specializzazioni strategiche come Medicina d’urgenza, Anestesia e Rianimazione, Radioterapia, Microbiologia e Virologia, dove molte borse di studio rimangono scoperte. Il rischio, avverte l’Agenzia, è che la carenza attuale si protragga negli anni, compromettendo la capacità del SSN di rispondere a bisogni fondamentali di salute pubblica. Il rapporto colloca la crisi del personale in un contesto demografico sfavorevole: l’Italia ha una delle percentuali più basse di popolazione giovane in Europa (12,9% tra 0 e 14 anni) e l’indice di dipendenza degli anziani più alto previsto al 2030. Ne deriva una forza lavoro sanitaria che invecchia rapidamente e che, senza un’efficace programmazione, rischia di assottigliarsi ulteriormente.

Per affrontare la sfida, Agenas ricorda di aver elaborato una metodologia nazionale per la definizione del fabbisogno di professionisti, approvata in Conferenza Stato-Regioni nel 2022 e adottata con decreto ministeriale a gennaio 2023. Uno strumento che mira a programmare in modo uniforme e oggettivo la domanda di personale, evitando squilibri e favorendo la diffusione di buone pratiche tra Regioni e strutture sanitarie. “Il personale del Servizio Sanitario Nazionale rappresenta il fattore produttivo più importante”, si legge nelle conclusioni del documento. Senza un rafforzamento strutturale del capitale umano, la tenuta del sistema e il diritto alla salute rischiano di essere compromessi nei prossimi anni.

Anna Capasso