Una sentenza quella del tribunale di Pordenone che fa giurisprudenza: quando le prestazioni socio-assistenziali sono inscindibili da quelle sanitarie, l’intero costo grava sul Servizio Sanitario

Il Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 503 del 25 settembre 2025, ha pronunciato una decisione di particolare rilevanza in materia di prestazioni socio-sanitarie, confermando l’applicazione dei principi consolidati dalla Cassazione anche in una Regione a Statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia.

Il caso: una vicenda emblematica

La controversia ha avuto origine dal ricovero di una signora, affetta da Alzheimer e da altre gravi patologie, per la quale, all’interno della Casa di Riposo in cui era ricoverata (dal febbraio 2014 al decesso, nel marzo 2017), era richiesto un piano terapeutico personalizzato e con continui adattamenti, reso possibile solo da un’integrazione costante di prestazioni mediche, infermieristiche ed assistenziali. La Casa di Riposo del Comune aveva richiesto il pagamento di rette per un importo complessivo di € 52.421,52, mentre la figlia della paziente, amministratrice di sostegno, aveva interrotto i pagamenti sostenendo che le prestazioni dovessero essere integralmente a carico del Servizio Sanitario.

Il quadro normativo di riferimento

Il Tribunale ricostruisce accuratamente l’evoluzione normativa in materia, richiamando il D.Lgs. n. 502/1992, art. 3 septies, che definisce le prestazioni socio-sanitarie come “tutte quelle attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni della salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale”; nonché l’art. 30 della legge n. 730 del 1983.

La pronuncia chiarisce anche non vale l’equazione “Alzheimer = prestazioni a carico del SSN”, ma che occorra verificare, caso per caso, la presenza di specifici elementi: un trattamento terapeutico personalizzato, la necessità di cure continue, anche specialistiche e la comprovata inscindibilità tra l’assistenza sanitaria e quella prettamente assistenziale.

I principi della Cassazione: un orientamento consolidato

Il Tribunale ha fatto propri i principi affermati dalla Suprema Corte, a partire dalla storica sentenza n. 4558/2012, secondo cui “l’attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del Servizio Sanitario Nazionale”.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il criterio distintivo non risiede nella prevalenza quantitativa delle prestazioni sanitarie su quelle assistenziali, ma nell’inscindibilità delle prestazioni (Cass. nn. 4558/2012, 2776/2016, 28321/2017, 14774/2019, 16409/2021, 16410/2021, 19303/2021, 19302/2021, 19305/2021, 21528/2021, 1806/2022, 24432/2022, 2038/2023, 13714/2023, 25660/2023, 34590/2023, 4752/2024, 21162/2024, 26943/2024, 33394/2024, 34388/2024), Come precisato dalla Cassazione n. 34590/2023, richiamata dal Tribunale di Pordenone in quanto intervenuta in un giudizio che riguardava proprio la Regione FVG, “nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possano, invece, essere eseguite ‘se non congiuntamente’ alla attività di natura socio-assistenziale, talché non sia possibile discernere il rispettivo onere economico, prevale in ogni caso la natura sanitaria del servizio”.

L’elemento discriminante: il trattamento terapeutico personalizzato

Il Tribunale ha individuato nell’individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato il discrimen per ritenere la prestazione socio-assistenziale inscindibilmente connessa a quella sanitaria. Nel caso di specie, come rilevato dal Tribunale, la paziente necessitava di un’assistenza sanitaria costante e articolata, che ha riguardato tanto il monitoraggio dello stato di salute generale quanto la gestione delle diverse complicazioni emerse.

Tale assistenza ha comportato frequenti interventi medici e specialistici, adattamenti terapeutici, controlli periodici e un supporto continuo anche nella quotidianità, comprese le esigenze alimentari e di cura più elementari.

Per l’effetto, “la stretta correlazione tra prestazioni assistenziali e prestazioni sanitarie non consente una determinazione di quote, che presuppone, per contro una scindibilità qui non rinvenibile, conseguendone la nullità di ogni accordo pattizio comportante l’impegno del paziente e/o dei suoi familiari al pagamento della retta, non essendo la prestazione dovuta come da previsione normativa”.

La rilevanza per le Regioni a Statuto speciale

Particolarmente significativo è il fatto che la sentenza abbia confermato l’applicazione di questi principi anche in Friuli Venezia Giulia, Regione a Statuto speciale. Il Tribunale ha chiarito che la normativa statale in materia di Livelli Essenziali di Assistenza, previsti dall’art. 117 della Costituzione, non può essere derogata dalla specifica normativa regionale né, del resto, lo è in detta Regione.

Come sottolineato nella motivazione, “l’obbligo dell’attuazione dei Lea da parte del Servizio sanitario e dei Comuni è sancito dall’art. 117 della Costituzione e rientra fra ‘i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale'”.

Le conseguenze pratiche della decisione

La sentenza ha rigettato la domanda principale del Comune nei confronti della convenuta, ha condannato l’Azienda Sanitaria al pagamento di € 52.421,52 al Comune, ha condannato quest’ultimo a restituire alla figlia le somme indebitamente percepite.

La decisione del Tribunale di Pordenone si inserisce in un orientamento giurisprudenziale sempre più consolidato. Recenti pronunce di merito, come la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1644/2025, hanno confermato questi principi anche per altre patologie degenerative.

Implicazioni per il futuro

La sentenza rappresenta un importante precedente per diverse ragioni:

1. uniformità territoriale: conferma che i principi sui LRA si applicano uniformemente su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dallo statuto regionale;

2. tutela dei diritti: rafforza la tutela del diritto alla salute per i pazienti affetti da patologie degenerative;

3. chiarezza operativa: fornisce criteri chiari per distinguere le prestazioni integralmente a carico del SSN/SSR da quelle con compartecipazione a carico del degente.

La decisione del Tribunale di Pordenone conferma, definendone il perimetro, che, quando le prestazioni socio-assistenziali sono inscindibilmente connesse a quelle sanitarie attraverso un piano terapeutico personalizzato, l’intero onere economico deve gravare sul Servizio Sanitario Nazionale/Regionale. Questo principio, ormai consolidato dalla giurisprudenza di legittimità, trova applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale, rappresentando una garanzia fondamentale per la tutela del diritto alla salute dei soggetti più fragili.

La sentenza costituisce, quindi, un importante punto di riferimento per operatori del settore, famiglie e strutture sanitarie, chiarendo definitivamente che la natura speciale dello statuto regionale non può derogare ai principi fondamentali in materia di assistenza sanitaria stabiliti a livello nazionale.

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