Dalla Carta di Udine un modello virtuoso per rimettere al centro la persona e ridare fiducia al sistema sanitario nazionale
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Oggi affrontiamo un tema cruciale per il futuro della sanità: l’umanizzazione delle cure. Un concetto che va oltre la semplice somministrazione di prestazioni mediche, ponendo al centro la persona malata, la sua dignità, i suoi bisogni e la qualità della relazione nel processo di cura.
Negli ultimi anni, il nostro sistema sanitario, pur mantenendo una vocazione universalistica e gratuita di eccellenza, ha mostrato segni di una crisi profonda.
Questa crisi non riguarda solo la carenza di risorse o personale, ma investe la stessa concezione di cura, troppo spesso ridotta a una serie di prestazioni frammentate.
È necessario un cambio di paradigma che sposti l’attenzione dalla malattia al malato e ricostruisca un’alleanza terapeutica tra cittadini e operatori sanitari.
In questa direzione si colloca la Carta di Udine, redatta il 30 novembre 2024 in occasione degli Stati Generali sull’organizzazione delle cure e il benessere organizzativo. Il documento, articolato in 13 punti, interpreta in chiave moderna il concetto di umanizzazione: la cura intesa come civiltà, resilienza, uso etico della tecnologia, qualità clinica, organizzativa e strutturale.
La Carta propone un modello organizzativo innovativo che supera i silos e le prestazioni isolate, puntando a una presa in carico globale del paziente.
Il progetto non si è limitato alla scrittura: sono stati avviati percorsi formativi con esperti interdisciplinari in salute e umanizzazione delle cure e creato un tavolo tecnico con il Ministero della Salute, intenzionato a tradurre i principi in politiche concrete.
L’idea guida è chiara: curare la persona e non solo la malattia, rendendo la sanità più sostenibile e al contempo più vicina ai cittadini.
Un esempio concreto di questa visione innovativa è il Progetto Cuore del Policlinico Gemelli di Roma, non un semplice nuovo ospedale, ma un laboratorio di innovazione pensato per riprogettare la cura attorno alla persona, integrando competenze cliniche, organizzative e tecnologiche.
Un modello sperimentale che, se diffuso e standardizzato, potrebbe rappresentare l’ospedale del futuro e tradurre in pratica i principi della Carta.
Di questa importante iniziativa ne parliamo con il prof. Massimo Robiony, () ideatore e promotore della Carta di Udine nonché direttore del Dipartimento di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università di Udine, che ci illustrerà questa visione e i suoi possibili effetti sul futuro della sanità italiana.

Professore, oggi si parla molto di crisi della sanità: lei sostiene che la vera crisi sia quella della cura, intesa come attenzione alla persona e non solo alla malattia. Cosa significa concretamente «umanizzazione delle cure» e perché è diventata un’urgenza?
«La storia della sanità italiana è complessa e non sempre lineare, ma affonda le sue radici in una straordinaria prospettiva costituzionale. Il nostro Paese ha basato l’assistenza sanitaria su principi di equità, universalità e inclusività, che rappresentano i cardini dell’umanizzazione delle cure.
«Negli ultimi anni il governo della sanità ha trascurato segnali importanti, che oggi impongono un ripensamento urgente e un cambio di paradigma: adottare in chiave umanistica l’impianto concettuale del nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
«L’umanizzazione delle cure, così come proposta nel nostro studio, è un progetto di visione che nasce dall’esperienza di chi vive quotidianamente l’urgenza della sanità in prima linea.
«Si tratta di un’innovazione sociale, che consiste nel mettere al centro la cura della persona e della comunità, da realizzare attraverso un’azione politica e, successivamente, nella cura sanitaria, mediante un approccio sinergico in prospettiva clinico-assistenziale e organizzativa.
«In sintesi, il nostro obiettivo si concentra su due aspetti sostanziali: le relazioni e il percorso di cura.»

La Carta di Udine declina in 13 punti i principi dell’umanizzazione, dalla centralità della persona all’uso etico della tecnologia, fino alla resilienza. Può indicarci i passaggi chiave che la rendono un documento innovativo e un «manifesto» per la sanità del futuro?
«La Carta è il frutto di un progetto in evoluzione denominato “Salute e Umanizzazione delle Cure: un modello di innovazione sociale per una Sanità di Eccellenza”.
«Nasce da una profonda riflessione sul rapido progresso della Medicina e della Chirurgia, che fonda le proprie basi sulla formazione, la ricerca, l’innovazione e l’utilizzo consapevole delle tecnologie, riconoscendo nell’Umanizzazione delle Cure un principio imprescindibile.
«L’obiettivo è rafforzare il significato di presa in carico globale della persona. I passaggi chiave sono chiari: la sanità non deve essere considerata un costo, ma un investimento. Da sempre, essa rappresenta un terreno di confronto tra tradizione e innovazione: da un lato i principi fondativi del SSN (universalità, solidarietà, equità), dall’altro la forza delle nuove tecnologie.
«È però fondamentale distinguere tra sviluppo e progresso. Lo sviluppo rischia di potenziare soltanto una dimensione, mentre il vero progresso consiste nell’integrare l’innovazione senza perdere di vista l’umano.
«Oggi, infatti, il pericolo è quello di inserire in un SSN già in condizioni precarie tecnologie legate alla transizione digitale che aumentano l’entropia di un sistema complesso, esponendoci al rischio di piegarci a logiche tecnocratiche che avvantaggiano più gli azionisti che le persone che soffrono.
«Da questa sfida nasce il concetto di tecno-umanizzazione:
• una sanità capace di guidare la transizione verso la Società 5.0, in linea con l’Agenda 2030;
• un modello in cui le tecnologie – intelligenza artificiale, stampa 3D, Virtual Surgical Planning, bioprinting, robotica – non sostituiscono la relazione di cura, ma la amplificano;
• un approccio che pone il cittadino al centro dello sviluppo, non come destinatario passivo, ma come soggetto attivo e corresponsabile.
«La tecnologia, dunque, deve essere uno strumento di supporto ai processi di cura, un’innovazione etica e morale introdotta secondo una logica umana, non rigidamente misurata sul mero concetto di progresso.
«L’innovazione dei processi assistenziali ci consente inoltre di riequilibrare il rapporto tra ospedale e territorio, immaginando una rete della salute che abbiamo definito ospedale diffuso, realizzata attraverso i punti di cura.»

Uno degli aspetti più rilevanti è il superamento della logica delle prestazioni frammentate a favore del percorso integrato e della presa in carico globale del paziente. Quali vantaggi concreti porta questo modello per pazienti e operatori?
«La sicurezza della presa in carico, ed il passaggio di consegne chiaro efficace ed umano. Questo significa equilibrare ospedale con il territorio. Noi proponiamo l’applicazione dei piani di cura individuali integrati ossia un progetto di cura personalizzato costruito sul singolo paziente, tenendo conto non solo della patologia principale, ma anche di comorbidità, bisogni assistenziali, condizioni sociali, psicologiche e familiari, tale approccio presenta alcune caratteristiche come:
• multidimensionale e multiprofessionale (coinvolge medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, ecc.);
• integra interventi sanitari, riabilitativi e sociali;
• si aggiorna nel tempo in base all’evoluzione clinica del paziente;
• la persona nella sua globalità (non solo la malattia).»
La Carta sottolinea anche l’importanza di un’alleanza terapeutica tra cittadini e professionisti sanitari e di un nuovo benessere organizzativo. In che modo questi due elementi possono contribuire a restituire fiducia al sistema sanitario?
«La reciprocità è la condizione essenziale da ricostruire: essa si fonda sul riconoscimento dei ruoli e sul rispetto reciproco tra le persone. Ma c’è anche qualcosa di più profondo che deve riguardarci, ed è il senso di una trasformazione interiore che stiamo vivendo.
«Una vera e propria speciazione culturale, come la definirebbe Igor Sibaldi: un processo di differenziazione consapevole, che si radica in una tensione evolutiva ed etica dell’essere umano.
«Non per escludere, ma per andare oltre, ridefinendo un nuovo perimetro per la sanità. Il SSN, infatti, è un pezzo della nostra casa comune.»

https://www.uniud.it/it/didattica/formazione-post-laurea/master/alta-formazione/Area-medico-sanitaria/umanizzazione
Guardando al futuro: quali sono i prossimi passi per trasformare la Carta di Udine da documento programmatico a realtà operativa? Quali segnali positivi di cambiamento intravede oggi nel panorama italiano?
«Stiamo lavorando, come tavolo tecnico del Ministero della Salute per l’umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo, alla stesura di un documento operativo e programmatico che rappresenti la sanità del futuro.
«Mi permetta di citare una grande persona, un grande chirurgo e promotore di questo percorso di rinnovamento: il Prof. Massimo Massetti, direttore del Dipartimento cardiovascolare del Gemelli di Roma, con il quale stiamo condividendo questo straordinario e affascinante cammino, pensato per i cittadini, per la popolazione e per la medicina come occasione di un nuovo Rinascimento.
«Aggiungo che a Udine abbiamo istituito un Master di secondo livello in Salute e Umanizzazione delle Cure per l’organizzazione e la gestione del SSN, unico in Italia, come strumento formativo volto a sostenere questa trasformazione.»
La Carta di Udine non è solo un documento accademico, ma un vero manifesto per una sanità più giusta, sostenibile e vicina alle persone.
Le sfide poste dalla crisi del sistema sanitario richiedono coraggio e visione: riportare al centro il malato, valorizzare i professionisti e integrare tecnologia, etica e relazione umana.
Dal dibattito e dall’impegno di realtà come l’Università di Udine e i professionisti che hanno dato vita a questo progetto emerge un messaggio chiaro: è tempo di agire, perché l’umanizzazione delle cure non è un ideale astratto, ma la condizione indispensabile per il futuro della sanità italiana.
Nadia Clementi – [email protected]
Prof. Massimo Robiony
Direttore del Dipartimento (DAI) Testa Collo e Neuroscienze | ASUFC
Direttore della Clinica di Chirurgia Maxillo Facciale
Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale Università degli Studi di Udine
Direttore del Master di II Livello Salute e Umanizzazione nell’Organizzazione e Gestione del Servizio Sanitario Nazionale
Componente del tavolo tecnico Ministero della Salute per L’umanizzazione delle cure ed il benessere organizzativo.
https://www.massimorobiony.it/contatti/
Link audio-interviste:
https://tg24.sky.it/cronaca/video/2025/07/20/health-la-cura-come-relazione-la-carta-di-udine-e-il-futuro-della-sanita-italiana-1025011
https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1733998079.pdf