di
Carlo Selmi
Secondo uno studio la maggior parte degli effetti collaterali è stata lieve e di breve durata, con dolore nel punto dell’iniezione in circa un terzo dei pazienti e febbricola, due effetti non diversi da quanto osservato con altri vaccini
Soffro di artrite e diversi medici mi hanno proposto di prenotare la vaccinazione per proteggermi dal fuoco di Sant’Antonio: è realmente utile o potrebbe essere controindicata nel mio caso?
Risponde Carlo Selmi, responsabile Reumatologia e Immunologia clinica, Istituto Humanitas, Milano (VAI AL FORUM)
Negli ultimi anni, il trattamento delle malattie infiammatorie croniche è spesso immunosoppressivo, sia con farmaci più classici come i cortisonici sia con altri più innovativi, come biologici o piccole molecole. Questi ultimi due tipi di farmaci hanno bersagli molto precisi che permettono di interrompere l’infiammazione cronica, sebbene si differenzino per la via e la cadenza di somministrazione (sottocutanea o endovenosa, con cadenza da settimanale a trimestrale per i biologici, orale e una o due volte al giorno per le piccole molecole). Queste terapie aumentano il rischio di contrarre infezioni batteriche (come bronchiti, polmoniti o infezioni delle vie urinarie) o virali come la riattivazione del virus Herpes Zoster, responsabile della varicella nei bambini e di una malattia nota come «fuoco di Sant’Antonio» negli adulti.
Vaccino ricombinante
Quest’ultima causa un’eruzione cutanea tipica, con dolore a volte persistente per mesi (una condizione chiamata nevralgia post-erpetica), ben dopo la risoluzione del quadro cutaneo. Per proteggere dalla riattivazione del virus è stato sviluppato un vaccino ricombinante, indicato soprattutto per gli individui più anziani. Uno studio presentato al congresso annuale di EULAR (European Alliance of Associations for Rheumatology), tenuto a giugno a Barcellona, ha indagato la sicurezza del vaccino ricombinante in persone con artrite reumatoide, spondiloartrite o arterite gigantocellulare (tre malattie infiammatorie croniche trattate con vari farmaci immunosoppressori per molto tempo), seguiti per un anno dopo aver ricevuto le due dosi di vaccino a due mesi di distanza.
La raccomandazione
La notizia più importante è che la maggior parte degli effetti collaterali è stata lieve e di breve durata, con dolore nel punto dell’iniezione in circa un terzo dei pazienti e febbricola nel 14% dei casi, due effetti non diversi da quanto osservato anche con altri vaccini. Un altro obiettivo importante era valutare se il vaccino potesse causare una riacutizzazione della malattia reumatica: durante il periodo di osservazione, meno di un paziente su 10 ha avuto un aggravamento, ma soprattutto nessun paziente ha sviluppato una riattivazione di Herpes Zoster dopo la vaccinazione. Già nel 2019, la stessa EULAR aveva prodotto raccomandazioni per le vaccinazioni nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni, suggerendo l’uso del vaccino per l’Herpes Zoster proprio in tale popolazione: lo studio recentemente presentato rafforza dunque le precedenti indicazioni.
5 ottobre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA