Una serie di studi recenti sta rivoluzionando la medicina preventiva: alcuni vaccini progettati per combattere virus comuni potrebbero anche contribuire a ridurre significativamente il rischio di demenza


Ilaria Rosella Pagliaro Ilaria Rosella Pagliaro

6 Ottobre 2025

Negli ultimi anni, numerosi studi hanno messo in luce un dato sorprendente: i vaccini, oltre a proteggere da infezioni virali, potrebbero offrire un effetto protettivo contro la demenza, una delle malattie neurodegenerative più devastanti e senza cura. Tra tutti, il vaccino contro il fuoco di Sant’Antonio (herpes zoster) si è dimostrato il più efficace, con una riduzione del rischio di demenza pari al 20%.

Questo vaccino, inizialmente introdotto nel 2006 per prevenire l’eruzione cutanea dolorosa tipica del virus zoster, ha attirato l’attenzione della comunità scientifica. Una ricerca pubblicata su Nature nel 2025 ha monitorato quasi 300.000 anziani in Galles, confrontando gruppi nati a poche settimane di distanza ma con accesso differente al vaccino, secondo la data di nascita. Dopo sette anni, coloro che avevano ricevuto il vaccino mostravano un rischio di demenza inferiore del 3,5% in termini assoluti, pari a una riduzione relativa del 20%.

La versione più recente e potente del vaccino, Shingrix, è oggi raccomandata dai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie per tutti gli adulti sopra i 50 anni, o per i più giovani con un sistema immunitario compromesso. Eppure, nel 2022, solo un terzo degli americani eleggibili aveva ricevuto almeno una dose.

Anche influenza, RSV e Tdap mostrano effetti simili nella protezione cerebrale

Non è solo il vaccino contro l’herpes zoster a mostrare un legame con la riduzione del rischio di demenza. Dati convincenti emergono anche da altri vaccini largamente utilizzati, come quelli contro influenza stagionale, RSV (virus respiratorio sinciziale) e Tdap (tetano, difterite, pertosse).

Un ampio studio statunitense su oltre 200.000 anziani ha confermato che sia il vaccino vivo Zostavax che quello ricombinante Shingrix erano associati a un minor rischio di demenza, con un vantaggio netto per Shingrix: in media, garantiva 164 giorni in più senza demenza rispetto a Zostavax.

Nel 2022, un’altra indagine pubblicata sul Journal of the American Geriatrics Society ha rilevato che le persone che avevano ricevuto sia il vaccino contro l’herpes zoster sia il Tdap mostravano un rischio dimezzato di sviluppare demenza rispetto a chi non aveva ricevuto alcuna vaccinazione.

Anche i vaccini contro l’influenza mostrano benefici significativi. Una ricerca condotta su 1,8 milioni di americani over 65 ha rivelato una riduzione del 40% del rischio di Alzheimer nei soggetti vaccinati. Un altro studio del 2024 su oltre 70.000 individui ha registrato un calo del 17% nel rischio di demenza.

Il vaccino RSV Arexvy, raccomandato per le persone sopra i 60 anni, è stato associato a una riduzione del 29% delle diagnosi di demenza nei 18 mesi successivi alla vaccinazione. Lo ha confermato un team dell’Università di Oxford, sottolineando che la protezione si verifica nonostante il virus abbia effetti solo lievi nella maggior parte dei casi.

Perché i vaccini potrebbero funzionare anche contro la demenza?

Sebbene la correlazione tra vaccinazioni e riduzione della demenza sia supportata da dati consistenti, gli scienziati invitano alla prudenza: la maggior parte di questi studi è osservazionale e non può dimostrare un legame diretto di causa-effetto.

Tre ipotesi principali stanno prendendo forma:

  1. Prevenzione delle infezioni gravi: Malattie come l’influenza, l’herpes zoster e l’RSV possono accelerare l’invecchiamento cerebrale. Uno studio su Nature Aging del 2024 ha evidenziato come queste infezioni stimolino infiammazioni che favoriscono l’atrofia cerebrale, aumentando così il rischio di demenza.
  2. Effetto degli adiuvanti nei vaccini: Alcuni vaccini, come Shingrix e Arexvy, contengono un adiuvante chiamato AS01, che stimola il sistema immunitario. Studi in laboratorio suggeriscono che questa sostanza possa attivare cellule immunitarie in grado di proteggere il cervello. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per confermare questi effetti nell’uomo.
  3. Riduzione del rischio di ictus: Il virus dell’herpes zoster è associato a un aumento della probabilità di ictus, un noto fattore di rischio per la demenza. Evitare l’infezione potrebbe quindi ridurre anche l’incidenza di eventi cerebrovascolari.

È interessante notare che, in diverse analisi, l’effetto protettivo dei vaccini appare più marcato nelle donne rispetto agli uomini, anche se le ragioni non sono ancora chiare.

Un’idea rivoluzionaria: prevenire la demenza attraverso i vaccini

La possibilità che una semplice vaccinazione possa proteggere il cervello dall’insorgenza della demenza rappresenta una svolta epocale. In un mondo in cui gli effetti collaterali sono spesso negativi, potremmo trovarci di fronte a un effetto secondario benefico capace di modificare radicalmente l’invecchiamento della popolazione.

Come ha scritto il Dr. Robert H. Shmerling per Harvard Health Publishing, vaccinarsi oggi significa proteggersi da malattie dolorose come l’herpes zoster e, potenzialmente, da molto di più.

Va però ricordato che i vaccini non sono una soluzione miracolosa. Funzionano meglio se integrati in uno stile di vita sano. Secondo la Lancet Commission del 2024, fino al 45% dei casi di demenza potrebbe essere evitato o ritardato grazie a modifiche dello stile di vita: attività fisica regolare, controllo della pressione arteriosa, riduzione del consumo di alcol e trattamento della perdita uditiva sono tutti fattori chiave.

Fonte: Nature 

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