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Assicura di «non contare più le minacce di morte». Rivela al grande pubblico di essere stata «denunciata alla Corte penale internazionale per concorso in genocidio», insieme ai ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto e all’ad di Leonardo Roberto Cingolani, «un caso unico al mondo». C’è «un clima che si sta imbarbarendo parecchio», è convinta Giorgia Meloni, di cui è responsabile «chi dice che io e il mio governo abbiamo le mani sporche di sangue». Così lancia un appello al «senso responsabilità”. Soprattutto a «chi ha pensato di fomentare la piazza: attenzione, poi le cose sfuggono di mano».


APPROFONDIMENTI

La denuncia

La denuncia alla Cpi è stata annunciata dal Global Movement To Gaza Italia. Associazioni o singoli individui possono muoversi in questo senso ma, chiariscono da L’Aja, «solo le decisioni del procuratore hanno valore ufficiale e non esiste alcuna decisione» sulle accuse per concorso in genocidio mosse a Meloni. «Non sanno più dove denunciarci per tentare di intervenire per via giudiziaria», sorride la presidente del Consiglio, condividendo la tesi del ministro Giancarlo Giorgetti che «la sinistra non arriva al governo tramite elezioni, ma di solito con un golpe giudiziario o finanziario». Per la premier «questa è storia». E alla storia italiana, quella degli Anni di piombo, ancora una volta fa riferimento per rimarcare che «tante cose che si cominciano a dare per normali, normali non sono». E attacca la sinistra che «senza argomenti definisce gli altri ‘impresentabili’: come quando impediscono alla gente di parlare all’università, o quando Francesca Albanese dice che un direttore di quotidiano che lei non condivide non deve essere invitato a parlare in tv».

L’affondo

I suoi moniti e affondi partono dal salotto televisivo di Porta a porta, dopo giornate di mobilitazioni nelle piazze italiane a sostegno della causa palestinese, uno sciopero generale («Pretestuoso», la Cgil “è molto più interessata a difendere la sinistra più che i lavoratori») e episodi di disordini e scontri anche nelle ultime ore a Livorno. Meloni parla di «violenze preordinate», e nota che «quando si consente a chi inneggia al terrorismo di Hamas di stare in testa al corteo forse la tesi dei semplici infiltrati è un po’ riduttiva». Gli sforzi dell’Italia a sostegno di Gaza, rivendica, hanno portato «2.300 tonnellate d’aiuti» contro le «40 tonnellate» di Flotilla: «Esasperare gli animi rischia di andare contro gli interessi di quelli che si dice di voler aiutare, i palestinesi». La premier vede «qualche spiraglio» nel piano di Trump, il percorso è «molto fragile» e «l’Italia c’è: a questo ci siamo dedicati mentre altri sventolavano bandiere». In una quarantina di minuti, Bruno Vespa la porta a parlare di vari temi ma non del caso delle Regionali in Campania. Sui dazi auspica «che dei margini, sulla media distanza, quando la situazione si tranquillizza, possano ancora esserci».

La manovra

E sulla manovra la premier promette «un segnale» al ceto medio, chiarisce che «anche quest’anno si può chiedere una mano» alle banche, e apre alle proposte di Carlo Calenda sul taglio al costo dell’energia: «Va abbassato strutturalmente». Liquida invece le considerazioni dell’altro ex terzopolista, Matteo Renzi, che la vede proiettata al Quirinale: «Chi ha passato la vita a pensare a che incarico ricoprire crede che tutti siano come loro: io ragiono in modo diverso, sto facendo il presidente del Consiglio, mi basta e mi avanza». Guardando avanti Meloni assicura di non temere il referendum sulla giustizia («Non avrà conseguenze sul governo»), annuncia «per la fine dell’anno» le prime intese sull’Autonomia differenziata con le Regioni che hanno fatto richiesta, e garantisce che la riforma del premierato andrà avanti. Per questo, dicendosi «non contraria» a una nuova legge elettorale, specifica di sposare l’idea di una formula che «vada bene» con l’elezione diretta del capo del governo, quindi «con l’indicazione dei candidati premier su scheda».


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