di
Davide Frattini
Le indiscrezioni: il 7 ottobre celebrato dai jihadisti: risposta
al tentativo di sradicare la causa palestinese. Cauto ottimismo. Fonti egiziane sperano di poter finalizzare
la prima parte del patto entro venerdì
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME –
Nel giorno più triste che ricorda il giorno più nero Benjamin Netanyahu riesce a dimenticarsi il numero degli ostaggi ancora tenuti a Gaza. Prima dice 40, poi si corregge a 46, sempre sbagliato: sono 48 di cui oltre la metà morta. A due anni dai massacri del 7 ottobre il premier israeliano ha scelto di rilasciare un’intervista in campo amico all’opinionista ultraconservatore Ben Shapiro. Con un americano che la pensa come lui può sorvolare sulla tragedia del 2023, per cui non si è mai preso la responsabilità, e concentrarsi sul rapporto con Donald Trump, sulle minacce iraniane agli Stati Uniti, su come in questi 24 mesi Israele abbia cambiato il Medio Oriente.
Continua il suo lavorio per riscrivere la Storia, gli servirà in campagna elettorale: il governo di estrema destra avrebbe addirittura presentato una petizione perché il 7 ottobre non possa essere indicato come data da commemorare nei calendari digitali. Eppure è successo: 1.200 israeliani e stranieri ammazzati all’alba nelle loro case dai terroristi di Hamas, la guerra permanente nella Striscia di Gaza dove i palestinesi uccisi sono oltre 67 mila. Ancora in queste ore mentre i suoi emissari sono a Sharm el Sheikh, sulla costa del Mar Rosso, per negoziare come fermare questi 732 giorni di conflitto, Bibi dice a Shapiro «che la guerra è vicina alla fine, ma non è detto».
I mediatori arabi — egiziani e del Qatar — temono la sua riluttanza ad accettare la tregua permanente, osteggiata dai ministri fanatici e messianici nella sua coalizione. Netanyahu è consapevole però di dover accontentare l’amico Donald Trump che conta in una svolta a breve nelle trattative, ieri ha ringraziato i famigliari dei sequestrati ancora prigionieri per averlo candidato al Nobel per la Pace e li ha rassicurati: «Sono determinato a portarli a casa».
Da oggi agli incontri in Egitto partecipano il genero Jared Kushner e Steve Witkoff, l’inviato del presidente. Sono loro che dovranno spingere Hamas e gli israeliani a implementare il piano in 20 punti presentato dalla Casa Bianca. Implementare è il verbo chiave come fa notare il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar: «Su molti dettagli resta da trovare un accordo e le parti devono dimostrare di voler realizzare tutti gli elementi dell’intesa». Trump ribadisce: «C’è una reale possibilità di pace per Gaza». Fonti egiziane sperano di poter finalizzare la prima parte del patto entro venerdì.
I capi di Hamas hanno celebrato il 7 ottobre con il lancio di un razzo sul Sud di Israele e con le parole di Fawzi Barhoum, uno dei leader: «Gli attacchi sono stati una risposta storica ai tentativi di sradicare la causa palestinese». I fondamentalisti smentiscono — come invece riportava l’emittente Sky News Arabia — di essere pronti a disarmarsi. Di sicuro non vogliono Tony Blair, l’ex premier britannico e già inviato del Quartetto per il Medio Oriente, alla guida del governo tecnico che dovrebbe amministrare la ricostruzione dei 363 chilometri quadrati devastati dalle bombe.
Ripetono di volere un ritiro completo dell’esercito israeliano prima del rilascio degli ultimi ostaggi e la garanzia che le operazioni militari non riprendano. Non è la sequenza di passaggi prevista dal piano Trump (indica la liberazione dei sequestrati entro 72 ore dall’accordo) e sulla mappa diffusa da Netanyahu le truppe manterrebbero, almeno nella prima fase, il controllo sul 70 per cento della Striscia. La delegazione di Hamas avrebbe anche presentato la lista dei detenuti da scarcerare, tra loro Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, due dei leader più importanti della seconda intifada, condannati a ergastoli plurimi o a lunghe sentenze. Barghouti è considerato dai palestinesi il simbolo della resistenza e i diplomatici internazionali, compreso qualche politico israeliano, sono convinti che possa essere il successore del presidente Abu Mazen.
7 ottobre 2025 ( modifica il 7 ottobre 2025 | 22:59)
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