L’eterno alibi

Le cause storiche della crisi, e che vedono responsabilità trasversali sia ai governi di centrodestra sia ai governi di centrosinistra, sono note: per 14 anni, dal 2005 al 2019, il blocco del turnover ha impedito di sostituire i medici che andavano in pensione (vedi Dataroom del 31 ottobre 2022 qui). A questo si è sommata un’errata programmazione che, tra il 2010 e il 2019, ha lasciato 11.652 neolaureati senza una borsa di specializzazione a causa del cosiddetto «imbuto formativo» (vedi Dataroom 17 novembre 2020 qui). Il risultato è stato lo svuotamento progressivo delle corsie ospedaliere.
Ma gli sbagli dei decenni scorsi non possono essere un eterno alibi per giustificare come la sanità pubblica stia diventando un affare privato. Dal 2017 i posti a Medicina sono più che raddoppiati, ma poi nelle Scuole di specializzazione restano scoperti interi settori considerati poco attrattivi. L’analisi delle assegnazioni per le 14.493 borse di studio del 2025-2026, che si sono appena concluse, è per l’ennesima volta emblematica. Si registra ancora il 100% di borse assegnate in specialità con un forte potenziale di guadagno con l’attività a pagamento, come Dermatologia, Chirurgia Plastica, Ortopedia e Ginecologia. Al contrario, rimangono poco ambite le borse in discipline fondamentali per il sistema pubblico: vanno deserti il 79,6% dei posti in Microbiologia e Virologia, il 64,7% in Radioterapia e il 43,7% in Medicina d’emergenza urgenza. Un dato che si scontra drammaticamente con la crisi quotidiana dei Pronto Soccorso, dove i medici mancano più che in ogni altro settore.
Il problema, quindi, non è il numero totale di medici, ma la drammatica perdita di attrattività del Servizio sanitario nazionale. La vera sfida non è solo formare specialisti, ma convincerli a lavorare per il pubblico e dove serve (vedi Dataroom del 6 febbraio 2024 qui), specialmente in quelle discipline essenziali che non offrono sbocchi nell’attività privata. La soluzione è inevitabilmente economica, ma non solo.