Il weekend di Singapore ha offerto numerosi spunti, soprattutto sul piano tecnico, tanto per le squadre di vertice quanto per quelle di centro gruppo. Abbiamo già analizzato le ragioni per cui McLaren, Ferrari e Aston Martin hanno vissuto fine settimana così diversi, ma tra i team di media classifica c’è una scuderia che sembra aver disputato due gare in una sola: la Williams.
Sebbene la FW47 abbia dimostrato di sapersi adattare a una gamma piuttosto ampia di circuiti, Singapore non era certo la pista destinata a regalare soddisfazioni. Un contesto ben diverso rispetto all’inaspettato secondo posto di Baku, frutto di circostanze favorevoli sia legate al tracciato che agli sviluppi di gara.
A Marina Bay la Williams ha confermato le sue debolezze in qualifica: la difficoltà nel massimizzare la gomma più morbida l’ha relegata a “quinta forza” del centro gruppo, alle spalle di Aston Martin, Racing Bulls, Haas e Sauber. Un limite atteso alla vigilia, perché la FW47 fatica spesso a esprimere il proprio potenziale sul giro secco, un aspetto che a Singapore pesa in modo particolare.
Carlos Sainz, Williams
Foto di: Zak Mauger / LAT Images via Getty Images
Le poche speranze di emergere in gara, terreno solitamente più favorevole alla FW47, si sono però infrante già dopo le qualifiche, quando entrambe le monoposto sono state squalificate per un’irregolarità nell’apertura del flap del DRS, superiore ai limiti consentiti.
Non è la prima volta che la Williams inciampa in problemi di misurazione: i dati interni non hanno coinciso con quelli della Federazione, e già lo scorso anno a Zandvoort la squadra era stata squalificata dopo le qualifiche per un fondo più largo di tre millimetri rispetto al limite regolamentare.
Lo stesso problema si è ripetuto quest’anno e le due FW47 sono state costrette a partire dal fondo, con le speranze di punti ridotte a un lumicino e affidate quasi esclusivamente a un eventuale ingresso della Safety Car. La strategia, di conseguenza, è stata a senso unico: allungare il più possibile e confidare negli episodi di gara.
“Abbiamo ricevuto brutte notizie durante la notte. Dalla tredicesima posizione speravo nei punti, ma partendo diciottesimo le possibilità erano decisamente minori. A dire il vero, tutte le nostre simulazioni indicavano che avremmo avuto bisogno di Safety Car al momento giusto per riuscire a entrare in zona punti”, ha spiegato Sainz, sottolineando come per la Williams i punti non fossero realistici in condizioni di gara normali dalle simulazioni interne.
Carlos Sainz, Williams
Foto di: Zak Mauger / LAT Images via Getty Images
Certo, il fatto che Gasly fosse costretto a partire dalla pit lane ha permesso a Sainz di guadagnare subito una posizione, risalendo in diciottesima, dato che sarebbe comunque partito davanti al compagno di squadra. Ma senza un aiuto esterno le chance di chiudere in zona punti per la Williams restavano pressoché nulle. E invece la gara ha preso una piega inattesa: Sainz è riuscito a rimontare fino alla decima posizione. In che modo?
Tre fattori hanno giocato a favore dello spagnolo: il passo gara solido della Williams unito alla gestione impeccabile di Sainz, gli errori e le sfortune dei rivali e, paradossalmente, la strategia di Albon. Ad esempio, al via Yuki Tsunoda è subito scivolato nelle retrovie dopo una brutta partenza, finendo dietro a piloti potenzialmente più lenti ma difficili da superare.
A centro gruppo le strategie si sono divise: c’è chi ha scelto di fermarsi presto, come la Racing Bulls con Isack Hadjar e la Haas con Oliver Bearman, e chi invece ha allungato lo stint, come le due Williams. Proprio attorno a quei piloti si sono creati snodi decisivi: i problemi sulla vettura del francese hanno rallentato il gruppo alle sue spalle, mentre Albon ha tenuto a bada Bearman per alcuni giri, impedendogli di sfruttare subito la gomma nuova.
Questo passaggio è cruciale: meno tempo Sainz ha dovuto spendere a difendersi, più ha potuto imporre il proprio ritmo e costruire il margine che si è rivelato decisivo nel finale. La sua gestione impeccabile delle gomme gli ha permesso di completare oltre 50 giri con la media, trasformandola quasi in una hard, per poi lanciarsi all’attacco con la soft nel finale, in un copione simile a quello visto con Hamilton sulla Ferrari.
Carlos Sainz, Williams
Foto di: Sam Bagnall / Sutton Images via Getty Images
Una strategia vincente, perché Sainz ha recuperato circa sedici secondi su Hadjar in una decina di giri, rallentato da problemi al motore, superando nel frattempo anche Colapinto e Tsunoda, proprio colui che aveva perso tempo all’inizio dopo essere scivolato nelle retrovie a causa della partenza negativa.
“Oggi il passo era talmente buono che siamo riusciti a strappare un punto da una Singapore complicata. Gara noiosa, tutta su una sosta, senza grandi colpi di scena, ma il nostro ritmo è stato così solido e il sorpasso finale così efficace che credo siamo stati tra le poche vetture di metà classifica capaci di risalire davvero il gruppo”.
“Ovviamente con l’evoluzione della pista e tutto il resto stavo letteralmente volando con le soft sul finale. Ma credo che il punto cruciale della mia gara sia stato riuscire a estendere tantissimo lo stint con le medie, farle sembrare delle hard, esattamente quello che avevo detto al team che volevamo provare”.
“Pensavo non ci fosse alcuna possibilità di tornare in zona punti. Forse undicesimo o dodicesimo. Ma quando ho montato le soft ed ero due, tre secondi più veloce di tutti, ho pensato: ok, forse una chance ce l’abbiamo. Abbiamo fatto dei sorpassi puliti e precisi, senza perdere tempo, usando il DRS in modo intelligente. Sono molto soddisfatto, perché con una macchina da metà classifica riuscire a superare 8, 9 vetture a Singapore significa che devi avere qualcosa in più nel passo. E oggi ce l’avevamo”.
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