La Sardegna è tra le regioni
italiane con la più alta incidenza di “sintomi depressivi
significativi e duraturi” ma un dato positivo arriva dall’ultimo
Rapporto sulla Salute Mentale che registra un importante aumento
della prevalenza di utenti trattati per depressione nei Servizi
Pubblici dell’Isola. Si è passati, dice Federica Pinna,
direttrice di Psichiatria dell’ospedale San Giovanni di Dio di
Cagliari, “da 10,5 a 37,5 per 10mila abitanti tra il 2022 e il
2023, un dato ora in linea con la media nazionale di 36,5 per
10mila abitanti”.

   
Questa crescita, osserva la psichiatra, “potrebbe indicare
una maggiore capacità del sistema sanitario di intercettare il
disagio psicologico, ma anche una progressiva riduzione dello
stigma legato alla salute mentale con un numero crescente di
persone disposte a rivolgersi ai Servizi territoriali.

   
Nonostante questi segnali incoraggianti, solo una minoranza
delle persone affette da depressione riceve una diagnosi e una
terapia di elevata qualità. La maggior parte continua a non
essere trattata o ad essere trattata in modo non ottimale”.

   
Nell’isola sono circa 145mila i sardi coinvolti da questo
disturbo, il 10,1% degli adulti e il 12,3% degli anziani. “A
incrementare il rischio di depressione nell’isola – spiega la
professoressa – lo stato di povertà, la disoccupazione,
l’isolamento, gli eventi di vita stressanti e le malattie
fisiche croniche. Le categorie più colpite sono le donne e gli
anziani, con un incremento recente nei più giovani, in
particolare dopo la pandemia”.

   
“Le principali strategie di trattamento – osserva Mirko
Manchia, direttore della Scuola di Specializzazione in
Psichiatria dell’Ateneo di Cagliari – vedono protagonisti gli
antidepressivi, farmaci che richiedono un’adeguata formazione
per la loro gestione clinica e che spesso sono integrati con
percorsi di psicoterapia e/o di terapie complementari biologiche
come la stimolazione magnetica transcranica”. Un terzo dei
pazienti manifesta resistenza ai trattamenti, dice ancora il
professore, “e per questo c’è necessità di intervenire con
strategie diverse come, ad esempio, l’utilizzo di farmaci
cosiddetti a rapida azione (esketamina, o ancora in
sperimentazione, la psilocibina)”.

   
La depressione è uno dei disturbi mentali più impattanti in
termini di incidenza, disabilità e costi sociali, e si conferma
come la principale causa di nuovi accessi ai Servizi di salute
mentale pubblici. A livello globale, evidenzia la professoressa
Pinna, “si stima ne soffrano oltre 322 milioni di persone,
mentre in Italia, nel biennio 2022-2023, oltre 3,5 milioni hanno
riferito sintomi di umore depresso, percependo stabilmente
compromesso il proprio benessere psicologico”.

   
Il rischio aumenta con l’età, conclude la specialista, “con
un picco massimo tra i 55 e i 64 anni, e risulta più elevato tra
le donne, le persone socialmente più svantaggiate, chi vive solo
e chi non può contare su una valida rete di supporto sociale.

   
Alla luce di questi dati è fondamentale rafforzare i Servizi
territoriali di salute mentale e investire nei percorsi di presa
in carico, assicurando risorse adeguate e un impegno concreto
per offrire un accesso tempestivo, continuità terapeutica e
un’assistenza di qualità a tutte le persone che soffrono di
depressione”.

   

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