Il tema della sanità pubblica in Italia è uno dei più caldi. “Stiamo assistendo al lento smantellamento del Servizio sanitario nazionale. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare a un diritto fondamentale: la salute”. Lo afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che riassume perfettamente quanto contenuto nell’ottavo rapporto Gimbe sul Servizio sanitario nazionale (Ssn). Presentato alla Camera dei deputati, è più di un documento: è un referto clinico di un sistema che sta cedend, struttura dopo struttura, organo dopo organo. Negli ultimi tre anni, la sanità pubblica ha visto evaporare 13,1 miliardi di euro rispetto a quanto gli sarebbe spettato. Allo stesso tempo, le famiglie hanno speso 41 miliardi di tasca propria per curarsi e un italiano su dieci ha persino rinunciato alle cure, spesso proprio per ragioni economiche.

Il dato più inquietante è che non sono sufficienti aumenti degli investimenti sul Ssn di piccole cifre. Nonostante i fondi siano passati da 125 a 136 miliardi tra il 2022 e il 2025, l’inflazione e i costi energetici si sono mangiati gran parte del potere di sviluppo reale. Il risultato è un de-finanziamento “mascherato”: il peso della spesa sanitaria è scesa dal 6,3% al 6,1% in riferimento al prodotto interno lordo (pil) e nei prossimi anni potrebbe calare fino al 5,8%. Tradotto vuol dire meno risorse, meno servizi, più disuguaglianze.

Se curarsi sta diventando un lusso

La promessa di uguaglianza nell’accesso alle cure è ormai solo teoria. Nel 2023 solo tredici regioni rispettavano i livelli essenziali di assistenza (Lea), cioè i servizi minimi che dovrebbero essere garantiti a tutte e tutti dal Servizio sanitario nazionale. Il Mezzogiorno resta indietro e, purtroppo, non è una novità. Solo Puglia, Campania e Sardegna raggiungono la sufficienza, mentre le altre arrancano.

Il risultato ci mette di fronte a un paese spaccato: ogni anno milioni di italiani viaggiano verso Nord per curarsi, generando una mobilità sanitaria da oltre 5 miliardi di euro. Chi non può permetterselo, resta indietro. Il 9,9% degli italiani ha rinunciato a una prestazione sanitaria secondo i dati Istat. In Sardegna si arriva anche al 17,7%. Le differenze geografiche si misurano persino in anni di vita: in Trentino si vive in media 84,7 anni, in Italia centrale la speranza di vita alla nascita è di circa 83,7 anni, mentre tra Sicilia, Basilicata e Calabria si registrano i valori più bassi della speranza di vita con 82,45 anni.