di
Fabrizio Guglielmini

Il 52enne francese di origini ebree aggredito nella stazione di servizio a Milano: «Ho gridato Police, Police, mi hanno colpito come animali. La polizia ha minimizzato»

Che cosa è successo, signor Elie, all’autogrill a 20 chilometri da Milano?
«Stavo rientrando in città dopo una gita al lago Maggiore con il mio bimbo di 6 anni, ma anche mia figlia maggiore e suo marito italiano: stavo riaccompagnando loro a Milano dove vivono. In tarda serata sarei poi rientrato a Parigi dove abito e ho un negozio di abbigliamento. Dovevo fare una sosta perché in quel momento mio figlio aveva bisogno di andare in bagno».

E quindi si è diretto verso la toilette?
«No, stavo per farlo quando un ragazzo, credo italiano e che era alla cassa, mi ha visto e ha iniziato a urlare “Free Palestine, Palestina libera” rivolto a me: è lui che ha acceso la miccia. Gli ho risposto a gesti, dal momento che non parlo italiano, e gli ho fatto capire che doveva smetterla e nel frattempo ho cominciato a filmare un video con il mio telefonino».



















































Poi che cosa è accaduto?
«Altre persone si sono unite al giovane alla cassa e hanno cominciato a gridare “assassini” e “genocidio” mentre io cercavo di tenere mio figlio dietro di me per proteggerlo nel caso qualcuno si fosse fatto avanti verso di me, invece questo non è accaduto e sono sceso al piano interrato dove si trovano i bagni».

Quindi pensava che con l’aggressione verbale fosse finita?
«Tutto si è svolto in pochissimo tempo: con il bambino siamo andati in bagno e all’uscita la sorpresa: mi sono trovato davanti una decina di persone che hanno cominciato a chiedermi di cancellare il video. Io mi sono rifiutato e a quel punto tre di loro hanno cominciato a spintonarmi insistendo perché il video fosse cancellato. Alcuni di loro erano di sicuro arabi, perché ho sentito pronunciare parole arabe rivolte a me. A quel punto ho perso di vista mio figlio che pochi secondi prima avevo per mano. Ma in quel momento dovevo pensare solo a difendermi perché ero circondato da più persone: sono finito a terra e ne hanno approfittato come animali prendendomi a calci nella pancia. Poi uno mi ha tirato su e voleva colpirmi al volto ma sono riuscito a impedirglielo. Nella confusione della colluttazione ho intravisto a malapena mio figlio che fortunatamente una signora aveva tenuto in un angolo».

APPROFONDISCI CON IL PODCAST

Come è andata a finire?
«Ho cominciato a gridare “Police Police Police” e solo a quel punto si sono fermati e sono ritornati al piano superiore».

Poi che cosa è successo?
«Ho preso in braccio mio figlio che piangeva a dirotto per quello che aveva visto e sono tornato anch’io al piano superiore dove gli aggressori non c’erano più; dopo dieci minuti è arrivata la polizia in autogrill e sono stato interrogato per due ore per conoscere tutti i dettagli di quello che mi era successo. Ho avuto però l’impressione che gli agenti minimizzassero l’accaduto, considerando l’aggressione un fatto che capita loro di vedere di frequente».

E lei cosa ha detto?
«Che invece mi era successo un fatto molto grave per motivi politici e religiosi e che ero stato provocato dal grido “Free Palestine”».

Che cosa ha fatto dopo?
«Sono rientrato a Milano a casa di mia figlia dove sono arrivato a mezzanotte con il bambino che non smetteva di piangere. Eravamo entrambi sotto choc e non potevamo affrontare il viaggio in quelle condizioni».

Si aspettava una cosa del genere?
«Francamente sì, me l’aspettavo per il clima d’odio che in Europa si è creato contro la comunità ebraica ma non pensavo che accadesse a me e soprattutto in Italia che credevo un Paese tollerante, dove sentirsi al sicuro».

Come si sente adesso?
«Ancora sconvolto: la polizia ci ha trattenuti a lungo e so che ci sono delle indagini in corso, spero che venga fatta giustizia perché episodi del genere stanno diventando sempre più frequenti».


Vai a tutte le notizie di Milano

Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano

29 luglio 2025 ( modifica il 29 luglio 2025 | 08:30)